Invidio quei professori che per spiegare una sola idea, ci mettono più di un’ora (ma non i loro studenti…): senza mai ripetere la stessa frase, riescono a dire sempre la stessa cosa (e così preparano la lezione in 5 minuti…!).
La liturgia romana fa esattamente il contrario: riesce a “zippare” un intero trattato di teologia in 3 frasi; e con la stessa frase non riesce mai a dire la stessa cosa!
Proprio come si può osservare nella grande Dossologia che chiude la Preghiera Eucaristica, di cui è parte integrante: «Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a Te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli» (OGMR 79h).
Erede delle preghiere ebraiche, che terminano benedicendo e lodando Dio, essa è un “discorso” che esprime lode e gloria (dal greco doxa = gloria e loghia = parole, discorso), rivolto alle tre Persone divine e che contiene tutto il loro agire. Sì, esprime tutto l’agire di Dio in sole tre frasi!
Un agire dispiegato nella cosiddetta Economia salvifica, ossia il piano secondo cui Dio ha salvato, e tutt’ora salva, il mondo dal male e dalla morte. Un piano che può essere visto come un gesto d’amore che procede dal cuore misericordioso del Padre e che termina ancora in quel Cuore, a cui i figli sono attirati con vincoli d’amore: la croce e la risurrezione di Cristo che riconcilia al Padre; e lo Spirito Santo che “cristifica”, ossia trasforma i figli perduti in figli-nel-Figlio, familiari di Dio. «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo […] Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,4-5.19).
Un piano, quindi, che procede dal Padre, prendendo forma, “carne”, nella storia del popolo d’Israele; si realizza nella vita, passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo; si attua in ogni Eucaristia per la potenza dello Spirito Santo.
Con la grande Dossologia il popolo radunato onora e dà gloria alle Persone divine, perché in quel Corpo e in quel Sangue di Cristo posti sull’altare riconosce che l’Economia salvifica si è realizzata! Qui e adesso; per i presenti e gli assenti; per i vivi e i defunti.
Essa è rivolta al Padre (come la Preghiera eucaristica) origine dell’amore misericordioso (A Te, Dio Padre onnipotente… ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli). È innalzata per Cristo, perché siamo salvati solo grazie al Figlio e a ciò che ha fatto per noi; ma anche con Cristo, perché siamo suo Corpo, uniti a Lui; e in Cristo, perché possiamo lodare il Padre solo innestati in Lui, la Via, l’unico mediatore tra Dio e gli uomini. Questa grande glorificazione, però, non si alzerebbe di un centimetro da terra se non fosse “spirata” dallo Spirito Santo, primo dono ai credenti, e nessuna salvezza si sarebbe realizzata senza di Lui; per questo, la Chiesa glorifica il Padre nello Spirito Santo e nell’unità che Egli realizza in essa e con il Padre.
Un’acclamazione di gloria che sa anche di vittoria e che costituisce non solo il termine, ma anche l’apice della Preghiera eucaristica. Per questo solo il sacerdote la pronuncia (OGMR 151.236; Principi e Norme Messale Romano, Precisazioni Cei, 5), come solo lui pronuncia la Preghiera eucaristica (vedi Catechesi, nn. 61-62.65), e l’accompagna con un gesto che la esprime pienamente: elevando, portando in alto il Corpo e il Sangue di Cristo, posti sulla patena e nel calice, presenta al Padre la vittima che ci ha redenti, la vittoria dell’amore sulla morte! Li presenta al Padre e non più all’assemblea come aveva fatto invece alla consacrazione (v. Catechesi n. 67).
L’assemblea però non assiste come muta spettatrice, ma con rispetto e silenzio si associa alla preghiera del sacerdote (OGMR 147; PNMR, 55h), per poi prorompere nel cosiddetto “grande Amen”, il più importante della Messa, tanto che può essere cantato e ripetuto per ben tre volte in modo solenne. Con esso ratifica (cioè conferma, facendo proprio, quanto detto dal sacerdote) e chiude la grande Dossologia, sigillando nel contempo anche la Preghiera Eucaristica (OGMR 79h.147). Infatti, il sacerdote e il diacono che innalzano il Corpo e il Sangue di Cristo non possono riporli sull’altare fino a quando non è terminato l’Amen dell’assemblea (PRMR, Precisazioni Cei, 5; OGMR 180).
Concludo. «Nella nostra parrocchia – scrive una lettrice – il sacerdote ha invitato i fedeli a recitare insieme a lui la dossologia. Pensavo fosse riservata al sacerdote. Mi sbaglio?». Il desiderio di renderli partecipi non è solo condivisibile, ma un dovere che il Concilio impone sia al sacerdote, sia ai fedeli (SC 48); tuttavia, la liturgia insegna che i fedeli sono già partecipi alla Preghiera eucaristica – come abbiamo già avuto modo di spiegare – e che il grande Amen non è la coda o la risposta alla Dossologia, ma la sua ratifica. In altre parole, il suo concentrato… il concentrato del concentrato! Se è troppo corto – suggeriscono i liturgisti – lo cantino 3 volte! Il colmo, però, lo racconto io, udito con le mie orecchie: i fedeli cantavano la Dossologia e il sacerdote rispondeva “Amen!”.
Elisabetta Casadei
* Le catechesi sono raccolte nel volume
E. Casadei, Tutto (o quasi) sulla Messa,Effatà 2014