La Tabula Peutingeriana è una cartografia figurata creata allo scopo di segnalare la traccia delle vie militari dell’Impero romano. Non cercate in essa una rappresentazione realistica dei paesaggi o dei percorsi: è il tentativo (una copia anastatica è da ammirare al Museo del Compito a San Giovanni in Compito) di tenere insieme e osservare punti diversi e lontani nello spazio immenso di un impero.
Questo tipo di sguardo è lo stesso che “inforca” SIFEST26: a una lettura monolitica si è preferita la scoperta di riflessioni inattese e diversificate, sempre a partire dalle possibilità del mezzo fotografico. E la Tabula Peutingeriana (nella foto) è all’origine del toponimo Ad Confluentes, letteralmente dal latino “alla confluenza” e toponimo del primo insediamento di Savignano sul Rubicone in epoca romana, ovvero il titolo della manifestazione.
Primo Festival della Fotografia in Italia per nascita (1992), uno degli appuntamenti più accreditati tra i cultori della fotografia, SIFEST tradizionalmente raccoglie autori, editori, photoeditor, giornalisti, giovani reporter e aspiranti fotografi. Quest’anno allunga le traiettorie: dall’8 al 24 settembre, di cui tre giornate intere dedicate al festival (da venerdì 8 a domenica 10 settembre) e il restante periodo espositivo.
Promosso dall’Associazione Savignano Immagini, presieduta da Isa Perazzini, con il sostegno del Comune di Savignano, il festival ha nominato un comitato artistico: Silvia Camporesi; Alessandra Capodacqua; Danilo Montanari; Fabio Galassi; e le new entry Giulia Marchi, originaria di Pietracuta, artista e curatrice; Francesca Parenti, esperta di fotografia contemporanea in forza all’Archivio-Museo CSAC di Parma.
“Un panorama di narrazioni possibili, che si incontrano alla confluenza di un unico luogo e si incrociano in un festival” spiega Giulia Marchi. Questo è Ad Confluentes: quattordici mostre, una sezione indipendente del festival (SI fest OFF), una campagna fotografica (Etnografia delle società complesse. Il caso Rubicone Mare), le letture Portfolio raddoppiate e il Premio Marco Pesaresi, giunto alla XVI edizione. La manifestazione costa 130.000 euro, di cui 49.500 finanziati dal Comune e ben 40.000 in arrivo dalla Regione (contributo raddoppiato rispetto al 2016).
Tra le mostre, va citata quella sulle origini della fotografia documentaria attraverso le fotografie di Farm Security Administration: le stampe che documentano la società americana sulla soglia della Grande depressione degli anni Trenta. La mostra inedita di Mario Cresci In viaggio con Lauro Messori, e quella di Nico Mingozzi, artista visivo di Borghi, e l’omaggio a Pier Paolo Zani, fotografo e grande maestro del bianco e nero romagnolo.
Una storia di frammenti e rimozione è quella narrata da Spasibo di Davide Monteleone, progetto vincitore del Carmignac Gestion Photojournalism Award. Un’esplorazione dell’identità della popolazione cecena, messa in crisi da anni di conflitto, di cui Monteleone restituisce un ritratto sfaccettato di oppressione e rassegnazione. Durante il periodo trascorso presso l’agenzia Contrasto, Monteleone ha conosciuto per un breve periodo Marco Pesaresi; per SIFEST26 cura una selezione di fotografie inedite provenienti dal lungo “pellegrinaggio” del 2000 del celebrato fotografo riminese lungo il percorso della Transiberiana. “Marco teneva tanto a questo progetto. – assicura la madre, Isa Perazzini – Specie ora che la linea è stata smobilitata, assume un valore ancora maggiore”. L’esposizione è frutto di una ricerca tra i 1.800 scatti realizzati da Pesaresi lungo la tratta Mosca-Vladivostok, percorso nel quale ha incontrato tante persone, tanti volti, tante storie che ha cercato di raffigurare nelle sue fotografie. “Speriamo di poter allestire la mostra anche a Mosca” si augura la Perazzini, in attesa che possa uscire il fatidico libro sui testi e appunti di viaggio del fotografo lungo la Transiberiana.
Paolo Guiducci