La fumata bianca si è alzata grazie ad un pieno di voti. Su diciassette consiglieri, sedici hanno votato per lui. E lui, Massimo Pasquinelli, avvocato, dal 19 aprile scorso è il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. Ricopriva la carica di vicepresidente, resterà in carica fino all’aprile 2011, scadenza in cui verrà rinnovato tutto il consiglio generale della Fondazione Carim. Per Pasquinelli, dipinto come il “nemico” del dimissionario Alfredo Aureli, si profila in realtà un mandato ben più lungo. Il suo obiettivo dichiarato è “ridare slancio all’attività della Fondazione sul territorio provinciale, a servizio dei bisogni e delle esigenze della comunità locale.” Fondazione, amministrazioni, enti e la città a 360 gradi: parla il presidente Pasquinelli.
Negli ultimi mesi, la Fondazione è stata sempre sotto ai riflettori, più per le sue grane interne che per la sua attività. Grandi opere e autonomia della Fondazione sono temi di vitale importanza: è un’impossibile alleanza?
Le Fondazioni bancarie intese come soggetto giuridico, hanno appena compiuto vent’anni ma è solo dal 1999 che hanno acquisito forza. In poco più di un decennio è impensabile poter modificare una realtà pietritificata, ingessata, e nello stesso tempo far scoprire al territorio il suo nuovo ruolo, tant’è vero che ancora non è stato del tutto compreso. A tal proposito Giuseppe De Rita ha parlato di rivoluzione silenziosa. Ad esempio se, in passato presidente e vice presidente venivano eletti dal Ministero del Tesoro, oggi è la stessa Fondazione ad eleggere queste cariche e può operare sul territorio attraverso una particolare voce in capitolo.
Una bella autonomia, che pur non essendo ancora metabolizzata non significa essere contro Comune, Provincia o altre istituzioni ma impegnarsi nel progettare iniziative e interventi per il bene comune.”
La rivoluzione non è solo culturale ma anche economica e politica, nell’accezione ampia del termine: significa aver decentrato potere creditizio ai territori?
“La Fondazione è un soggetto che dispone dei dividendi della Banca Cassa di Risparmio di Rimini da impiegare sul territorio. Ma credere – come qualcuno sembra ostinarsi a fare – che essa disponga di un portafoglio infinito, è assurdo. Ci è stata riconosciuta l’autonomia ma lo smarcamento è ancora in atto.”
Forse non è ancora chiaro il ruolo che gioca l’Ente. Vogliamo spiegarlo?
“In sintesi, tutela la società civile. Per farlo è necessario passare dall’interventismo erogativo al protagonismo sociale. Passata la prima stagione con i suoi indubitabili meriti ora bisogna puntare alla progettualità”.
Parliamo di grandi opere. Quelle che Rimini attende da tempo.
“Tra Comune, Provincia, Camera di Commercio, Fiera e Fondazione è stato stipulato un patto politico: il Comune si sarebbe speso per il recupero del Teatro Galli, alla Fondazione toccava l’onere della realizzazione dell’Auditorium.
La Fondazione non è rimasta a guardare. Ha accantonato, infatti, le risorse necessarie ad un’altra opera strategica per la città: il fossato di Castel Sismondo. È stato realizzato un progetto, approvato dalla Soprintendenza e si attende da mesi di sottoscrivere un accordo con il Comune di Rimini che dovrà risolvere la questione del mercato settimanale. Senza quello il progetto non potrà mai vedere la luce.”
Intende l’assistenza agli anziani?
“Il servizio di assistenza agli anziani, realizzato in accordo con l’Asl di Rimini, è tanto silenzioso quanto importante e da anni assorbe notevoli risorse. Ogni anno la Fondazione stanzia su questo fronte 600mila euro. Sempre sul versante sociale, non va dimenticato – anche se di altra entità – il sostegno offerto alla meritoria opera della Caritas diocesana, un argine alla povertà.
L’Università a Rimini, inoltre, è garantita dall’intervento della Fondazione: il finanziamento si è ridotto nelle ultime stagioni a causa della grave crisi in atto, ma si tratta pur sempre di 1 milione di euro erogati ogni anno, a cui vanno aggiunti servizi e locali messi a disposizione dell’Ateneo.”
Sono molte le anime presenti in Fondazione: liberali, cattolici, etc. Qual è il ruolo delle diverse identità rappresentate?
“I conflitti ci sono se uno li vuole e li cerca, ma non sono la condizione normale. L’Ente è abbeverato dalle differenze che lo animano. In questi giorni sto rileggendo con piacere gli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini e ritrovo con altrettanto piacere il suo «no all’omologazione». Le differenze devono diventare una ricchezza, non elementi di negatività.
In ogni caso, non tollero la divisione laici-cattolici. Ritengo questo criterio di lettura: ingiusto. Esistono certamente sensibilità più marcate, modi diversi di affrontare e interpretare la realtà ma la Fondazione non soggiace a un mandato elettorale, non è appesa al consenso delle urne, è piuttosto un luogo liberale in cui far scaturire idee. Poi vinceranno quelle più apprezzate e coinvolgenti.
Pensionati, ricercatori, medici, imprenditori, ex amministratori: il ventaglio di figure e professionalità presenti è davvero ampio e variegato. Alla presidenza spetta il compito della sintesi che non sempre sarà la soluzione migliore, in assoluto, ma la migliore e più rappresentativa in quel preciso momento.
La mia storia e la mia esperienza cattolica sono evidenti e non vi rinuncio, ma in Fondazione mi muovo con liberalità e razionalità.”
La Fondazione detiene il 71% delle azione di Banca Carim. Il pressing dei grandi gruppi bancari per un’eventuale acquisizione dell’istituto di credito vi è indifferente?
“Salvaguardare la Cassa di Risparmio di Rimini da ogni acquisizione da parte di grandi gruppi è stato un sacrificio, ha significato in questi anni godere di minori dividendi. Ma si tratta di un sacrificio necessario per mantenere l’istituto e il valore civile della banca. Il mondo profit e quello no profit hanno entrambi bisogno di denaro: una banca vicina al territorio è da considerrsi una grande opera.
La situazione economica in cui ci troviamo è preoccupante, ma riconfermiamo la volontà di non cedere la banca.”
Oggi c’è un’altra importante istituzione nella bufera, per via del Palacongressi e dei suoi infortuni.
“La Fiera è un’infrastruttura strategica e vanta meriti storici per città e Provincia. È un bene primario, come lo è il Palas, fermato solo da una serie di accidenti.”
Fiere, congressi e grandi mostre sono una risposta alla destagionalizzazione del turismo.
“Per raggiungere questo risultato è necessario un trasporto rapido: Rimini deve essere raggiungibile. Servono strade e l’aeroporto. Rimini o Forlì, una scelta sullo scalo va fatta. E noi puntiamo decisamente su Rimini”.
Con le esposizioni di Goldin, Castel Sismondo diventa contenitore di grandi mostre. Però sono sparite quelle del Meeting e quest’anno è saltata la rassegna Estate al castello.
“La manifestazione, seppur meritoria, è saltata per due motivi: taglio dei costi e, l’ineludibile, aggiornamento degli impianti tecnologici (sicurezza, video, aria condizionata, deumidificazione) richiesti dai Musei prestatori di opere. Le grandi mostre assicurano un notevole riverbero sul territorio. E quest’anno, dopo una prima stagione di indifferenza, anche la città sta partecipando attivamente alla costruzione dell’evento”.
Forse i riminesi temono la colonizzazione di Goldin. Anche il numero telefonico per le prenotazioni è forestiero…
“La partnership definita con Linea d’Ombra è chiara: loro svolgono un evento culturale per nostro conto, la Fondazione concorre alla sua realizzazione. Attività e rischio d’impresa, però, sono tutti a carico della società di Goldin. La Fondazione interviene sulla qualità delle proposte culturali avanzate, sui pezzi che arrivano in mostra, etc. Ma oneri e introiti sono di Linea d’Ombra. La società di Goldin non può allestire alcun intervento parallelo né concorrenziale al territorio e non si può verificare alcuna sovrapposizione di servizi: le grandi mostre vivono e devono far vivere Rimini.”
La città di Fellini.
“Tantissimi turisti sbarcano in città con l’intenzione di visitare la casa natale del regista, il museo e alla ricerca di libri e materiali. Fellini è uno straordinario ambasciatore di Rimini (e dell’Italia) nel mondo.
Il ruolo della Fondazione a lui intitolata non può essere secondario: noi abbiamo guardato i conti, Sergio Zavoli e Paolo Fabbri sono i benvenuti, ora attendiamo una proposta culturale.
Non si tratta solo di tagli di fondi ma di come utilizzare le minori risorse disponibili, per fare di Rimini l’ombelico del mondo felliniano.
Puntare sulla rete, sul web e su un archivio-biblioteca felliniana, mi paiono due passi imprescindibili”.
Si ritorna alle grandi opere. E al fossato di Castel Sismondo. Perché è così importante?
“Aggiungerebbe un tassello fondamentale alla città storica, e farebbe da straordinario volano per l’offerta culturale riminese. Il centro storico ne ricaverebbe un’ulteriore spinta propulsiva. La Fondazione ha già accantonato i denari necessari: 1,5 milioni per la prima parte dell’opera, oltre 3 milioni per la seconda tranche. Il fossato franato dal mercato ambulante? Non credo che la questione possa risolversi in questi mesi di campagna elettorale, ma una piccola verifica sulla reale volontà dell’amministrazione in questo senso è possibile. Se partono i lavori al foyer del Teatro Galli, sarà necessario attrezzare un piccolo cantiere quindi bisognerà spostare alcuni ambulanti. Se il Comune trova una soluzione per piazza Cavour, perché non può fare altrettanto per piazza Malatesta? In realtà, distribuire il mercato è possibile.”
Sparirebbe il parcheggio.
“Così finalmente verrà attrezzato quello previsto all’Italo Flori. È già accaduto con la Domus, dal punto di vista culturale: la casa del chirurgo (sulla quale la Fondazione ha investito 1,5 milioni, ndr) ha scatenato un effetto domino, ridando vigore al Museo della Città, trascinando con sé nel circolo virtuoso anche il Tempio Malatestiano.
La sistemazione di piazza Malatesta potrebbe accelerare la risoluzione di altre questioni rimaste aperte.”
Sia sincero, presidente: la stagione dei lunghi coltelli in Fondazione è davvero terminata con la sua elezione?
“Non possiamo invocare criteri di positività in città se prima non li viviamo al nostro interno.
L’Ente risente di un passato vivace, ci sono ferite ancora da rimarginare, ma l’attuale è un periodo sereno, una fase positiva in cui si lavora bene: il presidente con il vice, con i consiglieri, e il consiglio generale. Tra breve dovremo confrontarci sul bilancio annuale della Carim e sull’elezione di nuovi soci: due passaggi delicati sui quali misureremo la tenuta della Fondazione.”
Paolo Guiducci