Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes, il nuovo film del regista di Ritratto di famiglia con tempesta ruota attorno ad un nucleo familiare che si rivela non essere famiglia tradizionale come la si intende. Un nucleo composto da cinque persone alle quali si aggiunge una bimbetta di sei anni e con genitori assenti, raccolta dalla “famiglia” per cercare di offrirle una vita migliore.
Le sorprese non mancano man mano che si precede nella narrazione di questo film che svela carte sempre più sorprendenti, mettendo a nudo un sistema dove pare non esserci più posto per la famiglia consueta, ma per una rete di relazioni che permettono la condivisione e la convivenza, coinvolgendo anche persone esterne nel segno dell’accoglienza.
Per Kore-eda è dunque principalmente questione di affetti, il modello abituale per il regista non funziona e non è più convincente, nonostante la legge cerchi di far rientrare i tasselli nell’ordinario puzzle delle consuetudini.
Spesso giocato nell’interno della fatiscente baracca dove vivono i “cinque più uno”, Un affare di famiglia è il ritratto di una società giapponese che esula dai consueti sentimentalismi di certo cinema nipponico dove spesso è più la forma che la sostanza a decidere la sorte del film, alla ricerca di un’estetica che toglie alle opere quel forte senso critico verso la contemporaneità che Kore-eda applica invece in questo suo ultimo film. Partendo dall’intimità del vissuto dei personaggi, il regista affonda e colpisce con il suo sguardo rivelatore che svela le inquietudini di un mondo dove la complicità (anche fuori della legalità) tra esseri umani sembra essere una risposta alla vita, contro le regole definite. Un’opera che attira e conquista, con un intrigante percorso rivelatore.