Immersa nella campagna riminese, due chilometri a sinistra della superstrada di San Marino, la chiesa di Santa Maria in Cerreto vanta una storia quasi millenaria; una storia tranquilla, come ispira la sua campagna e come sono i suoi parrocchiani, ma che negli ultimi anni ha assunto un ritmo più incalzante, raddoppiando il numero dei parrocchiani e spostando un terzo della popolazione alla Gaiofana, con la nuova urbanizzazione.
Da 25 anni è parroco qui don Piermarino Paesani.
“La chiesa è quasi al centro geografico del territorio parrocchiale, ma la popolazione è distribuita lontano da essa; non esiste un paese e neppure un centro aggregativo popolare. I parrocchiani sono circa 1800. Negli anni sessanta/settanta c’è stata una forte emigrazione e i contadini romagnoli sono stati sostituiti dai marchigiani e da gente del sud. A metà degli anni ottanta, quando sono arrivato io – dice il parroco – è stato ultimato il Peep della Gaiofana e quasi 600 persone nuove sono venute ad abitarvi, soprattutto famiglie di militari in servizio all’aeroporto e alla caserma di Rimini. E non è finita: ora arriveranno più di 400 famiglie che occuperanno i nuovi appartamenti costruiti sempre nella zona della Gaiofana. Per esperienza posso già dire – continua – che ci vorrà del tempo perché si sentano un tutt’uno con gli attuali parrocchiani”.
Parrocchia di campagna dove tutti si conoscono, ma forse ora, con questo rinnovo di popolazione, anche con qualche difficoltà di relazioni e partecipazione.
“Devo dire che in questi 25 anni sono cresciuti sensibilmente i legami tra le persone ed è diminuita la tensione ideologica che caratterizzava la zona già dagli anni ’50.
I parrocchiani nuovi per molto tempo sono stati affettivamente legati alle parrocchie d’origine e spesso nel loro giudizio, nei riguardi della nostra parrocchia, emergeva quanto in essa mancasse, sia come iniziative che come strutture. Poi nel tempo alcuni di loro si sono coinvolti nella catechesi, nelle opere caritative e nelle feste patronali. Quest’anno, poi, venendo a mancare Berto Giovannini, pilastro portante in tutte le iniziative ricreative ed economiche della comunità, grazie a Dio, molti hanno capito che era richiesta a tutti un po’ più di responsabilità”.
Nel piccolo della tua comunità c’è una presenza preziosa: le suore.
“Anche se hanno il convento al di là della via Montescudo, che segna il confine della parrocchia con San Lorenzo, ma che per storia sono legate a Santa Maria in Cerreto, la comunità delle suore Francescane Missionarie è stata per tanto tempo un sostegno attivo alla pastorale (soprattutto nella catechesi dei ragazzi). Ora però la maggior parte delle suore è anziana e le poche giovani sono per lo più impegnate ad accudire le più attempate. Tutti i giorni celebro la Messa nella loro chiesa e, oltre alle suore, vi partecipa con fedeltà una decina di parrocchiani. Alla domenica invece celebro alle 9,30 con una cinquantina di parrocchiani presenti. Una delle suore da poco arrivata ha proposto la creazione di un “centro di ascolto del Vangelo” e questo è sentito come una grazia”.
A fronte del dono che sono le suore, incontri difficoltà in altri settori?
“Un punto problematico è costituito certamente dai giovani. In anni passati c’era un gruppo di giovani che s’incontrava settimanalmente col parroco, facendo un buon cammino di fede con le varie attività, vacanze comprese. Da alcuni anni è sempre più difficile continuare tale cammino dopo il sacramento della Confermazione; è difficile coltivare un’amicizia educativa. Ci è certamente richiesto un cambiamento ed una conversione, e stiamo tentando con varie iniziative di aiutare i nostri ragazzi, alcuni coinvolgendoli in una corresponsabilità educativa nella catechesi, e altri con vari momenti ricreativi e di svago”.
Torniamo indietro con la memoria a 25 anni fa quando sei arrivato qui come parroco.
“Mi ha mandato qui monsignor Locatelli; venivo da San Mauro Pascoli. Il rapporto pastorale è iniziato con i più piccoli e, attraverso loro, successivamente, con le loro famiglie. Esisteva un piccolo gruppo di persone devote con le quali mi sono coinvolto: alcune di loro seguono, ora, settimanalmente, una catechesi per adulti guidata da me. Altri adulti (una decina circa) si sono coinvolti nella catechesi dei ragazzi. Esisteva un gruppo di persone tradizionalmente impegnate nell’annuale festa parrocchiale ed in questi anni queste persone si sono riavvicinate alla frequenza ai sacramenti ed ora tutti cooperano assieme alla buona riuscita della festa ed alle varie iniziative parrocchiali”.
Sappiamo tutti per esperienza che nei nuovi insediamenti si fa fatica a fare amicizia e a coinvolgere la gente nella vita della parrocchia. Riesci a incontrare questa gente?
“Poco a poco, soprattutto con due momenti ancora sentiti e desiderati dalla gente: le benedizioni pasquali e il Mese di Maggio. Tutti gli anni faccio la benedizione delle famiglie, dalla fine di gennaio a Pasqua, e questa è l’occasione per conoscere più approfonditamente tutti. In certi casi vengono coinvolti anche alcuni operatori pastorali per continuare un rapporto di aiuto e di amicizia.
Il Mese di maggio invece si vive più comunitariamente, nelle varie zone della parrocchia, si recita il Rosario e il parroco va a celebrare la Messa. Questi momenti sono gestiti ed organizzati da vari operatori pastorali e sono veramente un’occasione di amicizia e di progressivo avvicinamento o inserimento nella parrocchia”.
Apriamo il ”difficile” capitolo della catechesi: difficile per i tempi che corrono, per gli impegni dei ragazzi, per il coinvolgimento dei genitori…
“Nella nostra parrocchia abbiamo 5 classi di catechismo e per ogni classe sono presenti due o tre catechisti adulti e qualche giovane. Ogni sabato dalle 15.30 alle 16.30 si svolge l’incontro di catechismo. La domenica alcuni giovani di Comunione e Liberazione radunano i ragazzi, che lo desiderano, per un gioco ed un momento di convivenza; durante l’estate viene proposta una vacanza coi ragazzi delle medie che si è rivelata un’ottima occasione di educazione alla fede.
I catechisti, dal canto loro, partecipano mensilmente ad incontri tenuti dal parroco, a momenti di preghiera e sono tutti coinvolti in associazioni, catechesi per adulti o gruppi di preghiera.
I genitori, cerchiamo di coinvolgerli in un cammino di fede con incontri, gite o gesti a cui partecipano anche i ragazzi. In questi anni il ritiro finale della cresima ha coinciso con pellegrinaggi a Roma, Assisi ed altri luoghi significativi e a questi hanno partecipato anche non pochi genitori. Per le feste di Natale si svolge sempre una sacra rappresentazione e a questa partecipano attivamente molti genitori.
Uno dei problemi che ci troviamo ad affrontare è far sì che non si identifichi la catechesi con una materia scolastica in più da caricare sulle spalle dei giovani. Negli anni passati alcuni giovani si coinvolgevano in una amicizia che continuava anche dopo aver ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana. In questi ultimi anni questo è stato molto più difficile, anche per i vari impegni sportivi e scolastici che sempre più riempiono le giornate dei ragazzi.
Altro ostacolo che ci troviamo ad affrontare è che fino ad ora la nostra parrocchia di campagna-periferia è stata piccola e i ragazzi sono pochi e divisi per classi: è difficile una continuità con uno o due ragazzi per anno, ma là dove i catechisti prendono coscienza di questo non mancano iniziative”.
Mi è capitato, in autunno, di passare da queste parti una domenica e trovare un traffico enorme e tanta gente attorno alla chiesa…
“Si trattava sicuramente della prima domenica di ottobre, per la festa della Madonna del Rosario. Questa festa vede coinvolti nella preparazione più di 90 persone adulte e vi partecipano più di 1800 persone. Tornano anche i vecchi parrocchiani e si può ben dire con orgoglio che è la festa più grande della zona.
La festa è occasione di catechesi, di convivenza ed avvicinamento anche di persone “lontane” dalla vita parrocchiale. Adesso poi c’è in tutti anche l’orgoglio per la chiesa restaurata e questo è sentito come devozione alla Madonna. La festa è di fatto l’inizio dell’anno pastorale ed è anche un’occasione di sostegno economico alla parrocchia. Si è tentato di allargare questo momento (non sempre con numerosa partecipazione) anche con gesti culturali e testimonianze che si aggiungevano al tradizionale triduo che precede la festa vera e propria. Altre feste più ridotte ma non meno sentite sono quella di Sant’Antonio e di fine Mese di Maggio”.
Avviandoci alla conclusione parlaci a ruota libera della famiglia, della tua pastorale familiare.
“Partiamo dai giovani, dalle giovani coppie e ancora prima dai fidanzati. Tutti gli anni, tra la fine di novembre e l’inizio della quaresima, tengo in parrocchia un corso di preparazione al matrimonio, con l’aiuto di Vittoria Sanese; il numero totale degli incontri è di 7/8 e poi il parroco continua con la preparazione dei documenti.
Oltre a preparare il rito col parroco le famiglie sono invitate ad un rapporto di amicizia con le altre famiglie coinvolte nella vita parrocchiale e a volte questo accade e così nel tempo alcune di loro diventano assidue alla S. Messa ed alle varie iniziative della vita parrocchiale.
Il parroco a volte ha ospitato nella canonica mariti in difficoltà (5/6 casi) con le loro mogli e questo ha dato il più delle volte buoni risultati. Sempre più in parrocchia si presenta il caso di famiglie irregolari e se da una parte si fa presente questo (non sempre esiste la coscienza della parzialità di una simile scelta) dall’altra si coltivano i rapporti con queste persone e a volte nasce la richiesta del sacramento”.
L’ultima parola la lasciamo alla carità, ai temi sociali.
“In parrocchia esiste un’attività caritativa e si aiutano le famiglie in difficoltà. Da tenere in conto però che la nostra è una piccola comunità e a volte conviene tenere riservato l’aiuto che viene portato, per evitare di trasformare la carità in giudizio. Comunque il nostro è un territorio di periferia-campagna e solo ultimamente alcuni parrocchiani hanno sentito il bisogno di interessarsi ai vari bisogni sociali del territorio. Nel territorio della parrocchia sono presenti anche esponenti della politica provinciale coi quali il parroco ha buoni rapporti.
Per concludere però voglio ricordare che la nostra è una piccola comunità e a volte le persone che s’impegnano attivamente dicono di se stesse: “siamo come gli aerei di Mussolini!”, cioè sempre gli stessi: nel coro, nella festa, nella catechesi, nei gruppi di preghiera, ecc.. L’ho detto perché non si pensi che siamo in tanti”.
Pochi, ma buoni, si potrebbe concludere noi. E in più con la speranza di crescere sempre… in qualità e quantità.
Egidio Brigliadori
Nella foto, La chiesa di Santa Maria in Cerreto recentemente restaurata