Madre Elisabetta è stata antesignana cioè maestra e anticipatrice profetica della lettera del pontefice Giovanni Paolo II alla donna. Infatti, come persona ricca di carismi e di intuizioni, intraprende la missione dell’educazione e formazione della donna la quale, soprattutto nei paesi rurali, era in condizioni di sottomissione e di sottosviluppo, relegata al ruolo di serva. Elisabetta intuisce chiaramente che era necessario, urgente direi, valorizzare, “scoprire” il ruolo della donna come educatrice in senso lato, profondamente consapevole della sua dignità e della sua missione di sposa e di madre ed inizia l’opera che il Signore le ha affidato partendo proprio da questa consapevolezza. Nello snodarsi del tempo, man mano che l’Istituto delle Maestre Pie si consolida e si forma, sarà una caratteristica costante questo “suo” rivolgersi alla formazione della donna prima come fanciulla e poi come giovane attraverso il catechismo e la cultura, tenendo presente la realtà inscindibile della persona.
A questo riguardo ricordiamo che a Sogliano, primo luogo di espansione dopo Coriano, iniziano le allieve interne che, nell’arco degli anni, nei vari luoghi “educativi”, saranno il perno su cui graviterà l’opera pedagogica fino ai nostri giorni, verso gli anni ’60, cioè fin quando la realtà sociale si trasforma e l’educandato, il collegio rimarranno “fatti” storici di rilevante impegno ed anche di aiuto notevole alle famiglie, ma non più attuabili. L’aver messo la donna al centro della propria missione è per la Renzi lo scopo di tutta la sua esistenza: è stata «una donna che ha aiutato la donna…» come viene riportato in modo imperativo nel paragrafo 5 della lettera di Giovanni Paolo II. E, leggendo attentamente ciò che è contenuto nel documento, si potrebbe o si può affermare che veramente lo Spirito del Signore ha fatto precorrere i tempi alla nostra Beata: infatti il Pontefice Giovanni Paolo II, che ha esaltato i vari momenti ed in tanti modi la figura della donna parlando anche del “genio femminile”, indubbiamente è in sintonia con quanto già pensava Madre Elisabetta nel secolo scorso.
Elisabetta era a conoscenza di quanto la donna poteva fare per migliorare se stessa e gli altri. Infatti, a prescindere dalla maternità che non è la sola realtà che valorizza la donna, la Beata aveva la certezza che nella famiglia e nella società, la donna dovesse essere apportatrice di valori, di ruoli, di capacità potenziali e concrete per il raggiungimento di quell’equilibrio, di quella formazione. Di quella pace auspicata tante volte anche dal Papa. Infatti se la donna, sviluppa in complementarietà con l’uomo, le sue doti intellettive e di cuore, si può davvero realizzare la pace che, non solo tutti ci auguriamo, ma che tutti dobbiamo cercare di perseguire, di promuovere, di realizzare. Il Papa auspicava che sia così ed al paragrafo 4 dice: «La costruzione della pace non può prescindere, in effetti, dal riconoscimento e dalla promozione della dignità personale delle donne, chiamate a svolgere un compito insostituibile proprio nell’educazione alla pace …». Ed al numero 5 prosegue: «Per educare alla pace, la donna deve innanzitutto coltivarla in se stessa; la pace interiore viene dal sapersi amati da Dio e dalla volontà di corrispondere al suo amore…». E la lettera continua mettendo in risalto esempi mirabili di donne che nella storia hanno lasciato traccia di sé, mentre rivolge un invito perché le donne più dotate di educazione e di sensibilità si rendano disponibili ad aiutare le altre in difficoltà a causa anche dei condizionamenti sociali e culturali. Chi, fra noi, non fa riferimento alla Beata Elisabetta? Infatti, appare sempre più evidente che il carisma della Renzi è ancora estremamente attuale perché ha guardato all’educazione delle donne aiutandole ad esprimere la loro femminilità e la loro dignità di persone.
E noi, come vediamo attuata questa finalità oggi? Come abbiamo vissuto e viviamo il nostro compito di educatrici della pace? Come pensiamo di svolgerlo in futuro? Come l’uomo collabora? Come ci affianca?
Papa Giovanni Paolo II, ci indicava sistematicamente Maria, modello di ogni donna, di ogni madre, venerata anche col titolo di Regina della Pace. Ma quale posto occupa Maria nella nostra vita? Come viviamo in famiglia? Come ne provochiamo la crescita, dando la nostra particolare collaborazione di donne chiamate a vivere la maternità che è soprattutto gratuità ed accoglienza avendo cura di educare, formare, crescere ogni creatura che ci vive accanto? Il dono d’amore genera vita per sempre!
Come ci dilatiamo alla maternità spirituale generatrice anch’essa di grande forza d’Amore? La donna è madre nell’Io più vero, nella profondità del suo cuore, anche se non genera, anche se non è fisicamente mamma ed a lei, appunto, la Chiesa affida il ruolo di educatrice alla pace ed alla pace sociale, quindi deve far germogliare semi di pace anche oltre il cerchio della famiglia; andare verso un ruolo pubblico nel mondo del lavoro, dei rapporti interpersonali.
Marisa Ferri
Ex-alunna delle Maestre Pie dell’Addolorata