Da San Giovanni Battista riprende la Visita Pastorale del Vescovo, dopo l’interruzione per gli impegni “romani”. Una Visita che si protrarrà per quattro settimane, abbracciando tutta la Zona Pastorale “Flaminia”, con le parrocchie della Colonnella, di Regina Pacis e di Cristo Re.
A San Giovanni è parroco, dal 1990, don Salvatore Pratelli. In realtà don Salvatore ha praticamente svolto tutto il suo ministero a San Giovanni, già molto tempo prima di diventarne parroco, come cappellano e collaboratore di don Peppino.
“Era l’anno 1998 – racconta don Salvatore – quando per iniziativa di un gruppetto di persone della nostra comunità nacque l’idea di abbinare alla celebrazione religiosa della solennità della Beata Vergine del Carmine, che cade il 16 luglio, una festa popolare al sabato e domenica precedenti. Una festa che potesse esprimere meglio la gioia e fungesse anche da traino per coloro che non sono immediatamente sensibili al richiamo spirituale delle celebrazioni.
È un evento che richiama decine di migliaia di riminesi e turisti che hanno voglia di stare insieme, divertirsi assistendo ai vari spettacoli, visitando mostre, assistendo alle esibizioni degli artigiani che eseguono i loro lavori in diretta, facendo rivivere la magia dei vecchi mestieri, fare acquisti nei negozi del Borgo, divertirsi trascinati dai complessi musicali sparsi per le vie e gustare infine le prelibatezze della cucina romagnola nei vari stand e ristoranti del Borgo”.
Antico e moderno si mescolano nel solco di una trazione religiosa che il tempo non ha cancellato.
“I Carmelitani hanno tenuto la parrocchia fino al luglio del 1797 quando furono cacciati da Napoleone. Presero il loro posto i Cappuccini, arrivati qui nell’Agosto 1797 dal convento che avevano in città sulle rovine dell’Anfiteatro. Poi, cacciati anch’essi nel Novembre del 1805, la Chiesa diventò semplice Parrocchia com’è oggi. Posso aggiungere che la sede parrocchiale, prima di trovarsi a S. Giovanni, era presso la Chiesa-Convento di S. Gregorio, appena dietro le case del Borgo lato mare, distrutta nel 1800. Ancora oggi è rimasta a testimonianza la Via S. Gregorio”.
Un po’ di storia del passato aiuta sempre a entrare con più consapevolezza nella storia presente. E il presente ci racconta una parrocchia molto più complessa di un tempo, a partire dalla sua popolazione.
“La Parrocchia è composta da circa 7.000 abitanti e 2.500 famiglie. La maggior parte sono operai o pensionati, poi ci sono impiegati e professionisti, insegnanti, medici, ecc. In Parrocchia c’è anche un migliaio di stranieri: Albanesi, Cinesi, dai Paesi dell’Est, dall’America latina, ecc. Nel Borgo ci sono molte case vecchie abitate da anziani. I lotti da costruire sono pochissimi ma dove il Piano Regolatore lo permette distruggono casette da un piano o due e costruiscono palazzi di quattro o cinque piani moltiplicando gli appartamenti o gli uffici.
La Chiesa risulta oggi completamente decentrata rispetto al territorio della Parrocchia che si spinge per Via Flaminia Conca fino all’incrocio con la Circonvallazione ed è circondata da vie molto trafficate: Via Flaminia, Via Circonvallazione Meridionale, Via Tripoli e Gueritti… Anche per questo molti, soprattutto anziani, preferiscono fermarsi nella Chiesetta di Santo Spirito tenuta dai Cappuccini in Via della Fiera. Altri invece di Via Roma, Milazzo, Goito frequentano Santa Rita perché più vicina”.
Questa è la descrizione più esteriore, sociologica. E la parrocchia come Comunità di fede?
“Per far crescere la vita comunitaria, cosa un po’ difficile anche per il riferimento ad altre chiese – S. Spirito, S. Rita, S. Chiara – abbiamo puntato molto su quattro elementi: la Domenica come giorno del Signore, con molta attenzione dedicata alla Liturgia e alla sua celebrazione partecipata; la Domenica della Comunità e le Feste; la cura degli ammalati: in particolare il primo venerdì del mese completamente dedicato a loro; la visita annuale a tutte le famiglie fatta personalmente dal Parroco.
Mi incuriosisce questa “Domenica della Comunità”. In che cosa si differenzia dalla domenica, Giorno del Signore?
“La Domenica della Comunità è una domenica speciale che ci vede coinvolti in svariate attività: dopo la Messa qualche volta ci fermiamo anche a pranzo. Abbiamo raggiunto anche 300 persone a tavola. Poi dopo pranzo vengono proposte diverse attività: incontro con i genitori per l’inizio del catechismo, tavola rotonda per la giornata della vita, ecc. Intanto i ragazzi giocano nel cortile. Insomma, si tratta di una domenica vissuta insieme, a partire dalla messa e con un pomeriggio costellato di iniziative ricreative e formative”.
C’è una preoccupazione e un impegno costanti in ogni parrocchia: il bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede. Quasi schematicamente, quali sono gli ingredienti che usate per questo annuncio della fede?
“All’interno della nostra parrocchia l’evangelizzazione avviene in modo tradizionale e strutturale, a partire dalla catechesi di Iniziazione Cristiana dei ragazzi e, di riflesso, delle loro famiglie.
Altri momenti di primo annuncio sono sicuramente la preparazione delle famiglie per i battesimi e gli itinerari di preparazione al matrimonio.
Possiamo dire però che ogni forma caritativa presente all’interno della parrocchia svolge un’azione di primo annuncio, e non solo per chi la riceve, ma anche per coloro che ne sono promotori.
Ad oggi possiamo affermare che l’evangelizzazione avviene più per iniziative e testimonianze personali o circoscritte a piccole realtà come i Centri di Ascolto del Vangelo, la comunità delle famiglie, i gruppi giovanili ecc.”.
Una sorprendente e grande realtà, che mi pare possa essere premessa al discorso dell’evangelizzazione, è la vostra scuola materna.
“Davvero è diventata una grande realtà educativa. Nel corso di questi anni le richieste delle famiglie sono andate via via aumentando, per questo motivo nell’anno 2002 abbiamo chiesto l’autorizzazione per l’ampliamento delle sezioni, passando da tre a cinque. Attualmente nella scuola dell’infanzia accogliamo circa 160 bambini e nel nido una ventina di bimbi”.
Forse una realtà così grande merita anche qualche accenno della sua storia.
“La scuola è nata nei primi anni del Novecento in seno alla Parrocchia di San Giovanni Battista, come aiuto e sostegno ai bisogni educativi delle famiglie, del tessuto urbano in rapida evoluzione e di sensibilità pastorale rispetto alle esigenze e ai diritti dei bambini. Fu un’opera educativa svolta in collaborazione fra le varie componenti: la comunità ecclesiale locale, il parroco, le suore e la direttrice laica. Dal dicembre 1984, venendo a mancare l’apporto delle educatrici religiose, si è costituita una associazione di laici volontari, associazione senza fini di lucro, denominata «Associazione San Giovanni Battista» che da allora gestisce la scuola.
Oggi il Polo per l’infanzia mira a promuovere, a tutti i livelli, l’esplicazione e la maturazione delle risorse e delle potenzialità di ciascuna persona coinvolta, con particolare attenzione ai bambini in quanto persone in formazione.
Parallelamente alla Scuola dell’infanzia, concordemente con le finalità-statutarie, è attivata la Sezione Primavera, sezione riguardante i bambini di età compresa fra i ventuno e i trentasei mesi.
Essa dispone di proprio personale qualificato nonché di spazi e tempi organizzati autonomamente dalla Scuola dell’infanzia; inoltre predispone una specifica programmazione didattico-educativa annuale”.
Avviandoci verso l’esaurimento del nostro spazio mi sembra doveroso tornare al discorso iniziale sulla Zona Pastorale Flaminia. Qual è il ruolo di San Giovanni nell’economia comunitaria?
“A San Giovanni i preti si ritrovano tutti i giorni per il pranzo in comune. E il pranzare insieme non è solo occasione di convivialità fraterna, ma anche di confronto e riflessione pastorale, di messa a punto delle iniziative comuni e di preghiera insieme”.
E sarà visitando anche le altre Comunità che avremo modo di focalizzare meglio il lavoro comune.
Egidio Brigliadori