La critica alla civiltà dell’Occidente che alla fine degli anni Sessanta alimenta il Movimento studentesco dei paesi più industrializzati provoca una nuova attenzione verso i poveri e gli sfruttati di quello che comincia ad essere chiamato Terzo mondo. Questo, unitamente all’esperienza dei preti che – rispondendo all’enciclica Fidei donum di Pio XII (1957) – si erano messi a disposizione degli ordinari dell’Africa, e alla nuova immagine di Chiesa locale, intesa non come porzione della Chiesa universale, ma come Chiesa di Dio che si fa presente in un determinato territorio, ha una forte incidenza anche su un rinnovato senso della responsabilità missionaria delle chiese locali.
La Missione di La Guaira
Ancora una volta il vescovo Biancheri si mostra attento a cogliere i “segni dei tempi” e nella lettera pastorale del 1971, che porta il titolo di Chiesa in missione, non solo impegna i credenti ad essere missionari nei loro ambienti di vita, ma chiede a tutta la diocesi un’apertura missionaria, convinto che possa esserle di arricchimento: “la missione in paesi lontani non è solo un’attività: è soprattutto grazia del Signore e segno della maturità di fede di una comunità”.
La scelta è quella di cooperare con le Chiese locali già presenti in determinati territori. Sceglierne una in particolare vuole significare l’assunzione di una responsabilità precisa e diretta, costringendo, nello stesso tempo, ad aprire gli occhi anche sui problemi delle altre Chiese. Don Aldo Fonti, che il vescovo Biancheri manda a studiare teologia presso il Seminario dell’America latina di Verona, nel 1977 aprirà la missione diocesana a La Guaira in Venezuela, iniziando con la Conferenza episcopale di quel paese un’intensa e apprezzata collaborazione, che durerà fino al 2007.
L’impegno di dare testimonianza, dunque, diventa non più solo prerogativa degli ordini religiosi, ma anche dei preti diocesani e dei laici, a cominciare dalla dottoressa Marilena Pesaresi partita per lo Zimbawe fin dal 1963. Tutti accompagnati dalla amicizia e aiutati anche materialmente dalle varie comunità della diocesi, raccordate e animate dal Centro missionario diocesano diretto, in questi anni, da don Sisto Casadei.
Il convegno “La Chiesa e i problemi dell’uomo”
Questa pluralità di iniziative ci parla di una diocesi particolarmente vivace, ma nella componente giovanile, piuttosto inquieta. I risultati di una indagine svolta in preparazione al Convegno di Miramare, organizzato nel 1975 fanno emergere, infatti, da un lato le difficoltà ad accettare il modello ufficiale di religiosità istituzionalizzata, dall’altro l’affermarsi di una religione “secolare civile”, incapace di integrare l’esperienza totale della persona.
Al convegno, che intende confrontarsi su La Chiesa e i problemi dell’uomo, partecipano tutti i gruppi nei quali si è frammentato il mondo cattolico: Cl, Gioc, Ac, Cristiani per il socialismo…
Lo scontro è acceso, ma emerge chiara la volontà di non interrompere il dialogo anche con quella parte di società che non si riconosce più all’interno della Chiesa e nasce la proposta di un nuovo settimanale diocesano, che serva da “ponte” tra la Chiesa e il mondo. Nasce così il Ponte. La nuova testata nei suoi quarant’anni di vita, sotto la direzione di Piergiorgio Terenzi prima, di Giovanni Tonelli poi, non solo si è impegnata a riportare le notizie ecclesiali, ma si è sempre mostrata attenta a ciò che accade nel territorio, nell’ambito della politica, del sociale e della cultura.
Il primo numero, uscito a Natale del 1976, riporta la notizia che mons. Biancheri ha presentato direttamente nelle mani del Papa la rinuncia all’incarico pastorale.
Nel saluto alla Diocesi il vescovo scrive: “Dagli inizi alla conclusione della responsabilità pastorale, mi hanno sempre illuminato e sostenuto le parole del Salmo 32: Di generazione in generazione durano i pensieri del suo Cuore, per salvare dalla morte i suoi figli e nutrirli in tempo di fame…Ho cercato di scandagliare le profondità abissali di un progetto di comunione e di amore in cui sono coinvolti tutti i redenti…per tutto quello che si è potuto attuare in ogni settore della Chiesa riminese, con la collaborazione del clero e del laicato, voglio dire anch’io, come san Paolo, non io, ma la grazia di Dio che è in me”.
Al termine del ministero episcopale mons. Biancheri decide di restare in diocesi e si ritira a Viserba presso le suore di S. Onofrio.
La cittadinanza onoraria
Il sindaco Zeno Zaffagnini, quando nel giugno del 1978, a nome dell’amministrazione comunale, gli conferirà la cittadinanza onoraria, ne sottolineerà “la disponibilità a farsi riminese coi riminesi”; la “premurosa attenzione verso il mondo operaio e l’insonne preoccupazione verso tutte le forme di emarginazione e sofferenza”, “l’atteggiamento rispettoso nei confronti delle componenti culturali e politiche della città, con il riconoscimento della legittima autonomia delle istituzioni civili” e il “costante impegno verso una convivenza sempre più ricca di valori morali”.
(19 – continua)
Cinzia Montevecchi