La Zona pastorale di Coriano si è allargata: da Riccione a San Marino, dal Conca all’Ausa, da Coriano a Montescudo … nove parrocchie che iniziano un nuovo cammino di collaborazione, insieme ai loro parroci. Ma c’è di più: la nuova Zona pastorale è costituita da due nuclei ben definiti: due Unità pastorali, quasi due sorelle, che convergono nella stessa Zona.
“Forse è opportuno chiarire bene la differenza fra Zona e Unità pastorale. – spiega don Massimo Zonzini, moderatore della Unità pastorale di Monte Colombo-Montescudo – Per dirla con parole semplici, forse un po’ riduttive, per Zona pastorale intendiamo un insieme di parrocchie (e di preti) che collaborano fra loro in alcune attività e iniziative. Per Unità pastorale invece intendiamo quell’insieme di parrocchie e chiese che vivono una stessa esperienza pastorale, quasi fossero un’unica parrocchia. Nella Zona pastorale i preti sono, ognuno, responsabili della propria parrocchia; nell’Unità i sacerdoti condividono alla pari le responsabilità, come parroci in solido”.
Per entrare con discrezione nella complessità di questa realtà di Coriano, cominciamo a conoscere bene l’Unità dei due Monti: Montescudo e Monte Colombo.
La vostra Unità pastorale segue di poco l’unificazione dei Comuni. Avete già preso visione della nuova realtà?
“Abbiamo appena fatto l’ingresso ufficiale a Montescudo, quindi quella zona è ancora tutta da scoprire. A Monte Colombo invece ci siamo dal 2001, anche se don Massimo Sarti è arrivato un po’ più tardi, nel 2008”.
Incominciamo allora dal presentare quella parte che conoscete meglio.
“La parrocchia di Monte Colombo, con sede a Croce, è il risultato dell’unificazione di quattro parrocchie: S. Martino di Monte Colombo, S. Giovanni Battista di Croce, San Savino e i santi Carlo e Rocco di Taverna, unificazione avvenuta nel 1998. Con questa realtà l’unificazione è già un dato assodato, anche se dobbiamo essere attenti a rispettare alcune note caratteristiche di antica tradizione. Penso che per questa realtà non sia un trauma l’unificazione con Montescudo … Lo sarà. forse, un po’ più per noi preti, costretti a rivedere radicalmente i nostri orari e le nostre presenze”.
Anche se non conoscete ancora la realtà umana e cristiana di Montescudo, avrete almeno un’idea approssimativa del suo territorio.
“Il territorio di Montescudo comprende tre parrocchie ancora giuridicamente costituite: i santi Biagio e Simeone nel capoluogo, santi Pietro e Paolo a Trarivi e San’Apollinare a S. Maria del Piano. Anche queste comunità però avevano iniziato un cammino di unificazione, se non altro per la figura dell’unico parroco. Alle parrocchie del territorio ancora in essere si aggiungono altre chiese, una volta parrocchie autonome: Albereto, Valliano e Vallecchio”.
A questo punto, più che chiedervi come vi siete organizzati per vivere la nuova realtà, mi conviene chiedervi che ipotesi di lavoro avete?
“Per fortuna abbiamo davanti a noi tutta l’estate, un tempo abitualmente meno intenso come lavoro pastorale. Per noi sarà un tempo di riflessione, di conoscenza e di programmazione. L’unica cosa che abbiamo pensato è stata quella di indicare come referente di Monte Colombo don Massimo Sarti, mentre io farò da referente per quelli di Montescudo. Ben inteso che si tratta di una distinzione solo formale, perché, essendo parroci in solido, condividiamo comunque tutto l’onere pastorale”.
Il cambio è grande… per voi preti, ma anche per la gente.
“In effetti si tratta di cambiare molte cose: cambiare modello di parrocchia e di prete: non visto più solo all’ombra del proprio campanile. Si tratta di cambiare mentalità e anche consuetudini; di passare da un modello di comunità, per così dire, domenicale ad una comunità che partecipa e condivide responsabilmente la vita cristiana e umana di tutti. Si tratta di mettere a confronto dinamiche sociali e modelli di cristianesimo un po’ troppo dimenticati”.
Ma per cambiare in meglio bisogna avere di fronte modelli da seguire.
“E questo è il nostro grande problema attuale: non abbiamo modelli di comunità cristiane da imitare e da seguire. Il modello di parrocchia accentratrice di tutta la vita sociale della gente è definitivamente tramontato. E ora arranchiamo e barcolliamo nel buio alla ricerca di un nuovo modello. Certo, abbiamo sempre davanti a noi la vita e l’esempio delle prime comunità apostoliche, ma dobbiamo fare lo sforzo e la fatica di attuarli nel mondo di oggi per non rischiare di battere semplicemente l’aria. Potremmo (e dovremo) guardare al modello delle comunità missionarie, ma purtroppo anche quelle sono molto lontane da noi e sicuramente vivono contesti sociali assai differenti. Insomma, è proprio nostro compito spenderci per trovare la strada giusta per rinnovare le nostre comunità e la nostra vecchia Chiesa”.
Torniamo alla concretezza della nostra realtà: avete avuto modo di riscontrare il sentire e le reazioni della gente?
“La nostra gente è un po’ preoccupata: quelli di Monte Colombo perché temono di vedere diluita la presenza dei preti fra loro; e quelli di Montescudo e dintorno perché temono di perdere la loro identità”.
”Ma per il momento – interviene la signora Marisa, assidua e fedele collaboratrice della parrocchia di Croce – la preoccupazione più grossa è quella di perdere la messa della domenica, sopratutto nei centri più piccoli, come Albereto”.
”Questo è sicuramente un problema reale – riprende don Zonzini – ma, come dicevo prima, dovremo anche cambiare modello di comunità. Nei piccoli centri, dove non possiamo materialmente essere presenti la domenica, bisognerà imparare a sfruttare altri momenti nei giorni feriali e non centrare tutto e solo sulla messa domenicale, ma su tanti altri momenti che possono favorire la crescita e la vita spirituale della comunità. È per questo che anche i laici devono fare un grande passo nel cambiamento di mentalità: passare cioè dalla collaborazione (se c’è, bisogno io ci sono) alla responsabilità (questo lo posso fare io)”.
A proposito di responsabilità, ci sono preti e diaconi che vi aiutano?
“A S. Maria del Piano abbiamo la fortuna di avere don Claudio Parma che già dai tempi di don Giuseppe garantisce la messa domenicale e si presta per altri servizi, portando anche gruppi di ragazzi ad esperienze di convivenza in canonica. Poi ci sono due diaconi permanenti, Marcello Ugolini e Giorgio Pieri che danno una buona mano nella liturgia domenicale”.
Per concludere, parlaci un po’ di voi due preti.
“Dal 2008 viviamo insieme a Croce; nel limite di tempo che possiamo prenderci preghiamo insieme con Lodi e Vespri; abbiamo due orette al lunedì mattina per valutare le iniziative pastorali ed il calendario della settimana, e il mercoledì mattina ci incontriamo con i preti di Coriano per pregare, meditare le letture della domenica e pranzare insieme”. Ma il rapporto con Coriano è molto più intenso e ne parleremo incontrando quella fraternità sacerdotale.
Egidio Brigliadori