Poche decine di euro, un’attrezzatura semplice e quindici minuti di “intervento”. Tanto bastano per ottenere, comodamente in casa, un quantitativo pari ad una canna, con appena 20/30 grammi di prodotto grezzo acquistato negli shop appositi. Un estrattore (acquistabile in Rete a pochi euro) a gas butano (quello utilizzato per gli accendini e i fornelletti da campo) e le istruzioni rintracciabili su internet sono la pista da seguire. Altro che cannabis light: estrarre e concentrare il Thc (ovvero il più importante principio attivo contenuto nella canapa) è davvero semplice e si ottiene una sostanza alterante dannosa per la salute. Un quantitativo pari a quello di una canna, ma acquistando prodotti in vendita in maniera legale.
A dimostrare che la cannabis light così leggera non è, ci ha pensato uno studio condotto da Giovanni Serpelloni, già capo Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, attualmente direttore dell’UOC Dipendenze di Verona e collaboratore del DP Institute dell’Università della Florida, che ha coordinato la sperimentazione effettuata negli istituti di Medicina Legale delle Università di Ferrara, Parma e Verona.
Già nell’aprile scorso, il Consiglio Superiore della Sanità si era espresso in merito alla pericolosità di queste sostanze, un “avvertimento” rimasto inascoltato. In Italia si calcola siano già circa 800 i negozi che legalmente vendono cannabis light. La ricerca “Cannabis light extraction”, presentata a San Patrignano in occasione dei WeFree days, la due-giorni dedicata alla prevenzione, cercava di capire se anche utilizzando la cannabis light fosse possibile estrarre e concentrare il principio attivo in dosi sufficienti per ottenere l’effetto stupefacente. I ricercatori hanno acquistato i prodotti negli store, e con l’ausilio di un estrattore domestico con gas butano sono passati alla sperimentazione.
Risultato: “Partendo da dosi di materiale grezzo che oscillavano dagli 8 ai 15 grammi, siamo giunti ad estrarre un prodotto con concentrazioni superiori allo 0,6%, limite delle legalità. – spiega il dott. Serpelloni – Da calcoli successivi siamo arrivati alla conclusione che con 20-30 grammi di prodotto grezzo si può arrivare ad estrarre un concentrato resinoso di circa 25 milligrammi di principio attivo”. Ma quali chili e camionate di cannabis light – come asseriscono i legalizzatori – necessari per ottenere un effetto psicoattivo: bastano pochi grammi e il “gioco” è fatto. E il prodotto ottenuto può essere fumato con tabacco, ingerito o diluito in glicole e quindi fumato con le sigarette elettroniche, come avviene da anni negli Stati Uniti e più di recente in Italia.
“Chi semina cannabis raccoglie eroina” è la sintesi al vetriolo di Antonio Tinelli, responsabile della prevenzione di San Patrignano, che attualmente accoglie 1.300 persone.
“Se è vero che non tutti coloro che usano cannabis arrivano all’eroina, è altrettanto vero il contrario, – prosegue l’ex presidente di SanPa – e noi dobbiamo stare dalla parte di tutti i ragazzi a rischio”. I dati della comunità (il 98% dei ragazzi entrati a San Patrignano ha fatto uso di cannabis) dicono che i ragazzi in cerca di aiuto per uscire dalla dipendenza sono sempre più giovani, “con un aumento del 70% dei minori negli ultimi cinque anni”.
C’è un altro aspetto che Tinelli intende evidenziare. “Questi negozi di cannabis light stanno abbassando la percezione del rischio”. Secondo studi effettuati in Colorado e in California, la cannabis legalizzata è strettamente correlata all’aumento del suo uso e al drastico abbassamento della percezione del rischio, in un mercato, quello a stelle e strisce, dove il fatturato garantito dalla marjuana nel 2017 è quattro volte quello di McDonald.
Per Paolo Ippoliti, professore di Gubbio: “La cannabis light è il perfetto cavallo di Troia per diminuire ancor più nei giovani (e nei genitori) la percezione del rischio di un problema. Ai ragazzi interessa poco il contenuto di Thc: vogliono lo sballo e sono sempre più convinti che la cannabis non faccia male”.
La ricerca dimostra che bastano pochi grammi di prodotto attualmente legale per “creare una sostanza farmacologicamente attiva che provoca alterazioni neuropsichiche”.