Il gomito alzato, poi le mani sono finite incosciamente sul volante. Sono le 2 di notte. L’incidente. Nell’abitacolo altre due amiche. Interviene la Polizia. Lampeggiante, sirena e prova etilometro: Eleonora si beve tutto d’un fiato. Il tasso alcolico nel sangue non lascia scampo: 1,93. La Fiat 500 bianca finisce sotto sequestro, la patente s’invola. “Per fortuna ce la siamo cavata con una contusione ad una gamba”.
Ubriaca al volante, Eleonora s’è ritrovata a lavare piatti, stoviglie e verdure alla Caritas diocesana, a Rimini. Una punizione inflittale dal Tribunale di Rimini così da tramutare la pena. “Chi l’avrebbe detto che sarebbe diventata una scuola di vita, per me?”. Non s’illumina nessuna aureola sulla testa di Eleonora, ma la consapevolezza che la vita non è solo bollicine, e si può crescere anche a contatto con una realtà più dura. “Oggi termino il mio percorso di recupero. Ma non mollo il mio posto in Caritas: martedì e giovedì mi troverete in cucina o in mensa”.
Quale sbandata per la “bionda”, come la chiamano gli amici in via Madonna della Scala? Riccionese, figlia unica, gli amici, uscire alla sera, una ragazza come tante. Incertezza sul futuro: “ho intrapreso Economia e Commercio, ma non era la mia strada. Dopo un mini diploma di arredamento ero pronta ad iscrivermi a Design Industriale a San Marino quando ho «sbattuto» sul palloncino…”.
Non nasconde nulla, Eleonora. Viso aperto, occhi vispi e un sorriso che ti mette subito a tuo agio, la 22enne riccionese non fa retorica. “In tante altre occasioni mi era andata bene. Mi piace uscire, anche tirare tardi, alla sera, ma il mio atteggiamento ora è ben diverso. Mi metto alla guida? Non tocco alcol”.
Macchina confiscata, patente ritirata, per un anno intero Eleonora è scarrozzata da amici e genitori. Alla scadenza dei 365 giorni, con la Fiat 500 in garage (ancora incidentata e sotto sequestro), mamma e papà le regalano una Smart usata. A bordo della city car arriva all’udienza in Tribunale. Tramuta la “pena” in lavori socialmente utili. Destinazione: Caritas diocesana, Rimini.
“La prima volta che ho varcato l’ingresso di via Madonna della Scala mi sarei messa a piangere. Detesto essere obbligata, e poi ero preoccupata di beccarmi qualche malattia. Ora mi vergogno anche solo di averlo pensato”. Il suo turno attacca alle 12, ma alle 11.50 Eleonora è in Caritas, cappellino per alimenti rigorosamente in testa. Condivide la cucina spesso con un ragazzo nigeriano, “Grande Cuoco”, ma lei non si spinge più in là di frittate con cipolle al forno. Pulisce piatti sfrega stoviglie, prepara verdure. “All’inizio è solo una punizione. Oggi i gesti sono sempre gli stessi, ma è mutato il loro valore e lo spirito con cui li eseguo. È il mio piccolo contributo per gli altri”. Una volta a settimana è in sala, piatti fumanti da offrire agli ospiti della mensa. I genitori l’attendono con ansia fuori dai cancelli: “com’è andata?”. La stessa domanda se la sente ripetere come un refrain dal ragazzo. La risposta è la stessa, per tutti: “bene, mi trovo bene”.
106 ore da scontare, in totale 53 giorni di pena, si legge nell’ordinanza del Tribunale. Un giorno dopo l’altro stringe amicizia con altri volontari. Rosaria, boss della cucina, l’abbraccia: “non andartene, ho imparato a conoscerti, di te mi fido”. Eppoi Sara di Operazione Cuore (“realtà straordinaria”) e Giorgianna, responsabile ospiti. C’è complicità. Eleonora ammette: “mi sento valorizzata come persona, senza bisogno di alzare il tasso alcolico”.
Paolo Guiducci