Si sta concludendo a Roma il Sinodo dei vescovi sul tema della parola di Dio. Alcuni docenti dell’Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna propongono alcune riflessioni a partire dalla lettura dell’Instrumentum laboris che è stato alla base del confronto in atto.
Il Mistero di Dio ci parla
Che cos’è la Bibbia? Come s’interpreta la Bibbia? La risposta a queste domande fondamentali se, da un lato, non rappresenta direttamente l’impegno dei padri sinodali, dall’altro, non può non essere alla base delle indicazioni pastorali che ci attendiamo dal Sinodo.
Ecco alcune sottolineature, necessariamente parziali, in merito a ciò che l’Instrumentum Laboris ricorda ai padri sinodali come risposta alle due domande. (1) Va innanzitutto considerata l’ampiezza di significato che – nella rivelazione divina – assume il termine “parola di Dio”. La “parola di Dio” è, in effetti, un canto a più voci: il Verbo eterno di Dio in seno alla Trinità; il mondo creato / la persona umana (le tradizioni religiose dell’umanità); Gesù Cristo; l’annuncio dei profeti e degli apostoli; i libri della sacra Scrittura; la predicazione viva che abbraccia le diverse forme di evangelizzazione; le verità di fede della Chiesa. La Bibbia è una voce di questo canto polifonico in cui il Dio che parla si fa udire dall’uomo, un canto che si estende dal grembo della Trinità alle definizioni dogmatiche della tradizione ecclesiale. In questa modalità amplissima di intendere il parlare di Dio cogliamo tra l’altro l’esigenza di tenere esplicitamente conto delle istanze sollevate dalle bio-scienze, dall’ecologia e dal dialogo interreligioso: va in questo senso la sottolineatura che il mondo creato e la persona umana fanno parte di quel che Dio dice e che anche le tradizioni religiose dell’umanità contengono un’eco di questo parlare di Dio.
(2) “Si può leggere la Bibbia senza la fede, ma senza la fede non si può ascoltare la parola di Dio” (n. 26). Se innegabilmente la Bibbia costituisce un dato culturale e letterario che ammette una pluralità di letture non necessariamente credenti, quello che interessa i padri sinodali è a quali condizioni nella Bibbia si possa ascoltare Dio che parla. Citando Benedetto XVI,
l’Instrumentum parla di lettura canonica, ricordandone però il carattere ancora poco definito; di lettura spirituale, con qualche oscillazione rispetto al documento del 1993 che viene pur tuttavia citato; di lettura teologica ricordando Dei Verbum 12. Soprattutto esso ricorda con forza che un’interpretazione cattolica delle Scritture non può che integrare scientificità e fede dell’interprete.
(3) Un punto ricorrente (delicato e proprio per questo estremamente interessante) è quello della lettura cristiana della Bibbia di Israele (l’Antico Testamento), fatta in modo tale da non delegittimare la lettura che l’Israele di oggi continua a fare (come auspicato da J. Ratzinger nel 2001); il rapporto con il mondo ebraico dovrebbe portare i cristiani a chiarire a se stessi i criteri per una lettura cristologica della Bibbia di Israele.
È auspicabile che già soltanto a partire dalla celebrazione di questo evento ecclesiale si prenda sul serio nelle nostre Chiese la necessità di una diffusione capillare dei criteri ermeneutici per un’interpretazione credente (cristiana e cattolica) delle Scritture. Le Scuole di Formazione Teologica, in una forma più popolare, e, in forma accademica e alta, gli Istituti Superiori di Scienze Religiose (soprattutto a livello dei bienni specialistici) e la Facoltà Teologica regionale potrebbero e dovrebbero assolvere alla funzione di formare persone che sappiano coniugare competenze e senso di Chiesa.
Maurizio Marcheselli
Docente di Nuovo Testamento
La parola di Dio nella vita della Chiesa
La riflessione condotta dal Sinodo dei Vescovi esorta a riconoscere l’efficacia della grazia mediata dalle Sacre Scritture. La parte II dell’Instrumentum laboris così esordisce: “Quando lo Spirito Santo inizia a muovere la vita del popolo, uno dei primi e più forti segni è l’amore per la Parola di Dio nella Scrittura e il desiderio di conoscerla di più”. La Chiesa nasce e vive della Parola, la quale, celebrata, pregata, approfondita nello studio e annunciata, tende a tradursi in esistenze capaci di scelte “nuove”, forgiando “personalità contemplative, attente, critiche, coraggiose” (n. 38).
Di quanto contenuto nel documento, si desidera qui sottolineare il ruolo della lectio divina, a più riprese rilanciato dal Santo Padre nei discorsi del suo magistero ordinario, e dell’esegesi.
Alla pratica della lectio divina si lega l’avvento di una “nuova primavera spirituale” (n. 38). La sua coltivazione, in una lettura assidua della Scrittura, immette in un colloquio personale con Dio che interpella, orienta e plasma. Essa alimenta un atteggiamento di apertura e di ascolto quale può essere vissuto solo da chi quotidianamente invoca dallo Spirito la purificazione degli affetti, dei pensieri, assieme alla luce per vedere i passi da compiere, la strada da imboccare (“lampada per i miei passi…”, Sal 119,105). Percorrendo le mille pagine della Bibbia, il fedele soppesa le parole del Maestro, ne apprende con gli apostoli i sentimenti e, raccogliendo docilmente gli insegnamenti dei patriarchi, dei saggi, dei profeti, imparando con i Salmi a lodare e implorare la grazia divina, così si inoltra nelle profondità del mistero del Verbo. Offre, ogni giorno, del tempo – sacrificio sempre “impossibile” – per ascoltare. Invito alla sosta, dunque, per conoscersi, con Dio, e compiere le opere della fede.
Quanto allo studio della Bibbia, è di speciale interesse osservare che l’esegesi è considerata uno strumento con cui la Chiesa confida di nutrire i suoi figli (n. 30). Le sue asperità sono note, le lingue antiche e la cultura di cui esse sono espressione non possono essere ingenuamente rimosse, ma l’esperto sa che il testo vuole essenzialmente parlare di Dio e per questo non ritiene di avere assolto al suo compito di “interprete” fino a che non giunge a porne in luce il valore teologico. Senza alcuna pretesa di costringere la secolare esperienza di fede della Chiesa in qualche pagina o di vincolare la vita a modelli tipici di epoche precise. Cosciente, però, che la Parola mette in discussione, dà nuovo respiro, fa crescere per una piena maturità in Cristo (cf. Ef 4,13).
Marco Settembrini
Docente di Sacra Scrittura