La “nuova casa” per l’umanità è oltre i confini dello spazio sconosciuto? Il tempo stringe, la Terra sta morendo, l’unica coltivazione possibile è il mais ma anche le pannocchie rischiano l’estinzione per via delle tempeste di sabbia che affliggono il pianeta. Occorre trovare subito un nuovo luogo dove trasferirsi e il “pioniere” Matthew McCounaghey con una squadra penetra in un buco nero per rintracciare luoghi abitabili che consentano la sopravvivenza del genere umano.
Christopher Nolan, archiviata la trilogia di Batman, si dedica alla fantascienza con Interstellar, scritto assieme al fidato sceneggiatore, il fratello Jonathan: temi del domani ed effetti speciali moderni, ma effetto vintage per il supporto, visto che Nolan sostiene il “vecchio” 35 mm al quale affianca il formato 65 mm IMAX per un’immagine ancora più “spaziale” (ma dalle nostre parti l’apposita sala è chiusa da tempo, peccato). Il film è visivamente di grande impatto ma la lezione di Stanley Kubrick e del suo epocale 2001. Odissea nello spazio resta insuperabile e così a tratti emerge la routine di lusso, pur riconoscendo al regista di Inception (dal fascino visivo e narrativo più intrigante) la capacità di inserire elementi narrativi che, oltre ai paradossi del tempo e le vastità infinite del cielo, accoglie riflessioni sulla volontà dell’uomo di mantenere in vita il proprio “sistema”, ricostruendo i necessari legami affettivi con la famiglia al centro dell’universo. La figlia del “cavaliere dello spazio” (Jessica Chastain) è afflitta per la partenza, ma nel cuore sa che rivedrà papà, per via di una promessa. L’universo è vasto, ma la vera forza è nel cuore e nei sentimenti e non ci sono stelle che tengano. Spettacolone un po’ ridondante di 169 minuti con musiche piuttosto invasive di Hans Zimmer.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani