Ventisette oratori/circoli e due gruppi associativi. Per un totale di circa 7.300 soci, di cui ben 4186 sono minori di 18 anni. Questa è la fotografia degli oratori nella Diocesi di Rimini, oratori Anspi che si ritrovano per la Festa annuale a Bellaria dal 30 agosto.
“Tra questi oratori, ce ne sono diversi che rivolgono attenzione all’accoglienza e realizzano momenti ludico motori e educativi nei vari periodi dell’anno. – spiega Riccardo Magrini, riminese della parrocchia del Crocifisso, delegato regionale dell’Anspi – Con la collaborazione di alcuni oratori si sono organizzati negli ultimi anni corsi di formazione sui temi della gestione dei gruppi, sull’importanza dell’essere educatore, sull’organizzazione del lavoro nei gruppi dei ragazzi. Formazione che è in progettazione per il prossimo inverno ed è aperta a tutti coloro che sono attratti dalla vita in comunità”.
Pur non essendo una realtà così radicata e vivace come in Lombardia o in Piemonte, gli oratori a Rimini sono comunque una bella esperienza, ricca di contenuti e in grado di rispondere alle sfide attuali. È di questo avviso il vescovo Francesco Lambiasi, con il quale parliamo proprio della situazione attuale degli oratori, della loro missione e delle sfide alle quali sono attesi.
Paolo VI fu grande estimatore dell’oratorio. Il 14 ottobre sarà canonizzato: quale eredità ha lasciato ai giovani il futuro Papa santo?
“La memoria dell’oratorio è stata arricchita negli anni da tre grandi filoni: la tradizione filippina, sorta con San Filippo Neri; la tradizione ambrosiana e lombarda, con l’opera di grandi vescovi come San Carlo Borromeo fino a Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI; e la tradizione piemontese con San Giovanni Bosco.
Paolo VI ha dato grande respiro alla tradizione oratoriana con alcuni stimoli e preziosi orientamenti. Il primo è quello della centralità della formazione, per cui il «fare» e «l’organizzare» non possono mai surclassare l’impegno primario, qual è quello educativo. Altro fondamentale contributo offerto da Paolo VI è l’apertura alla mondialità. È stato infatti il primo grande papa dei viaggi a livello intercontinentale. Oggi l’oratorio viene sfidato a porsi nell’orizzonte dell’interculturalità, in quanto rappresenta uno dei luoghi più avanzati e maggiormente coinvolti nei processi di accoglienza e di integrazione dei figli degli immigrati. In un momento altamente drammatico come furono gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, Paolo VI ha ricordato che la Chiesa non può non rappresentare un grande giacimento di gioia, di fiducia e di speranza. In particolare per i giovani”.
Vescovo Francesco, l’oratorio ha ancora una sua valenza e utilità nel 2018? E nella diocesi di Rimini in particolare?
“L’oratorio è una preziosa risorsa. Due immagini aiutano a coglierne la ricchezza: il ponte tra la Chiesa e la strada, e l’immagine del laboratorio educativo. Un oratorio che risponde a questi profili riveste senz’altro una notevole valenza sociale perché fra i tratti fondamentali dell’azione educativa c’è la centralità della relazione interpersonale, la concezione dell’educazione come atto di amore, e una visione di fede che dà fondamento alla incessante ricerca di senso dei giovani.
L’oratorio, inoltre, ha anche la finalità di educare alla corresponsabilità per la costruzione del bene comune. Un oratorio vivo e vivace, assolve ad un triplice compito: educativo, socializzante, integrativo. Lo vediamo anche nella diocesi di Rimini, dove contiamo circa una trentina di oratori parrocchiali Anspi, che convogliano 7.266 soci”.
Un progetto educativo per essere tale deve partire dagli animatori. Quale formazione è richiesta e quanto è importante?
“La formazione integrale della persona è la meta e l’orizzonte dell’oratorio. È quindi indispensabile una formazione di alto profilo degli educatori. In un momento come l’attuale, in cui è praticamente impossibile in oratorio la presenza del sacerdote a tempo pieno, gli educatori rivestono un ruolo ancora più importante. È sempre più frequente, infatti, incontrare formatori laici che si pongono come mediatori di una formazione che aiuti a salvaguardare la relazione, la condivisione di progetti e programmi, la comunione di intenti, considerando i ragazzi mai come «utenti» ma sempre come figli di Dio, protagonisti della loro crescita.
Sono dunque fondamentali educatori che si pongano come testimoni credibili, guide autorevoli e compagni affidabili del cammino dei giovani”.
Si parla tanto di rete. Come e con quali agenzie educative l’oratorio può connettersi e integrarsi?
“L’oratorio deve necessariamente interagire con le altre agenzie educative, in specie con la famiglia, con la pastorale giovanile, con la scuola e con il mondo dello sport. Non può concepirsi come una ‘isola felice’.
L’interazione e la collaborazione primaria è quella con la famiglia, che resta la prima indispensabile comunità educante. Il compito primario dell’oratorio è valorizzare ruolo delle famiglie e sostenerlo, sviluppando un dialogo aperto e costruttivo. Altro fondamentale orizzonte di alleanza educativa è quello che fa riferimento al mondo della scuola, nell’interesse reciproco e prima ancora dei ragazzi stessi. Una peculiare attenzione verrà riservata alla figura del docente di religione cattolica. E sarà pure molto importante l’attività diffusa del doposcuola. Inoltre lo sport costituisce una importante risorsa educativa: nell’oratorio pertanto deve sempre sentirsi a casa propria”.
Paolo Guiducci