Mo l’è vera?!?! Già, si fa un gran parlare del dialetto, la nostra lingua antica… ne abbiamo sempre parlato, ma oggi?!?! Da una parte c’è chi vorrebbe recuperarla, dall’altra c’è chi guarda al futuro, ma il dialetto è sempre stato e sarà protagonista indiscusso di questa nostra cultura.
L’onorevole Stefano Servadei (appassionato di tradizioni locali), nel suo “dire” sulla Romagna, sostiene che i sette comuni dell’alta Valmarecchia parlano ancora romagnolo… e questa è anche la volontà che li spingerebbe a tornare a Rimini, in Romagna… Già, la nostra lingua antica!
La cultura del dialetto
E perché non ricordare che esistono riviste che si interessano di dialetto? La Piè ad esempio, antica rivista che difende e illustra gli antichi valori di questa fetta di terra. E ancora La Ludla, periodico dell’Associazione “Istituto Friedrich Scurr” per la valorizzazione del patrimonio dialettale romagnolo. E la colta Il parlar franco, edita da Pazzini di Verucchio con la collaborazione del Comune di Sogliano, e anche altre riviste che parlano di dialetti con contributi importanti, di matrice romagnola.
Il dialetto resiste anche in televisione, basta ricordare In zir per la Rumagna con tutte le antiche cantate e tanto dialetto! E in teatro quante commedie romagnole! Quanti teatri parrocchiali e comunali. Passione profusa per il dialetto, che non ci permette di non citare il lavoro della “Compagnia della speranza” di Savignano (nata per la precisione a Castelvecchio) che elargisce premi alle migliori rappresentazioni teatrali in romagnolo. E intanto, in mezzo ai commediografi sta crescendo anche una generazione di scrittori che tenta di utilizzare, nell’arte della scrittura, il nostro dialetto.
Certo, bisogna anche sottolineare che la modernità ci affligge con la sua voglia esasperata di infilare parole inglesi ad ogni piè sospinto! E quelli che sostenevano il latino come lingua universale, che fine hanno fatto?
Si dice che…
Bè! Però bisogna anche ricordare certe battute che davano fastidio, come: “L’era la lengua di purett!”, “Nu perla in dialett ch’un sta bein…!”.
Un discorso, questo sul dialetto, nel quale non è possibile non citare il Ventennio e l’esaltazione della lingua italiana in quanto “lingua inperiale” a discapito di tutte le declinazioni di “italiano” dislocate nello stivale.
Materia di studio?
C’è anche chi pensa di salvare il dialetto facendolo diventare materia di studio nelle scuole. Immaginate il disastro: voti, temi complicati e una certa ritrosia! Per fortuna anche tra le “sette sorelle romagnole” c’è qualche segno di vita al capezzale di un malato non facile! Ho partecipato a una riunione della Provincia sulla necessità di informare sul dialetto i ragazzi delle scuole, ma non per farne materia di studio, ma per mettere nel posto giusto, negli istituti di formazione, persone giuste, in grado di curare giochi e colloqui dialettali, magari anche fuori dalle classi, in modo da non far perdere del tutto questa lingua “della tradizione”.
Sembra che in regione, a Ravenna in particolare, qualcosa in questa direzione si sia già fatta o comunque è in corso di realizzazione, con buona pace di tutti coloro che avrebbero voluto il dialetto, come materia di studio, nelle scuole primarie e secondarie.
… Se arrivasse la fortuna?
Anche Rimini ha, a lungo, sbandierato questa stessa intenzione, ma a conti fatti, questa possibilità è rimasta al palo. Non arrabbiamoci! Speriamo che capiti come a quel tizio che sentendo bussare alla porta ebbe una paura terribile… Aprì: era la fortuna!
Già, capita anche la fortuna… Così qualcuno vorrà sapere quali sono le famose “sette sorelle romagnole?”. “Remin per navighé, Ciseina per cantè, Faenza per lavurè, Ravena per magnè, Furlè per balè, Lug per imbrujè, Jemla per…”.
E bisogna pur dire che Alfredo Panzini (lo scrittore che ama mettere vicino il dialetto romagnolo all’italiano colto), quando ha raccolto questa vecchia filastrocca, anche se da galantuomo, ha evitato di riprodurre in modo crudo il verbo utilizzato per Imola, dialetto… o non dialetto!
Enzo Fiorentini