A distanza di 67 anni, Fragheto potrebbe conoscere i nomi dei responsabili dell’eccidio. La strage in cui persero la vita 15 donne, 7 bambini tra i due e i quattro anni, 6 anziani, 2 giovani e un partigiano ferito (Remigio Sariotti). La famiglia Gabrielli, composta di nove membri, fu interamente sterminata. Nomi e cognomi, dei volti e una residenza. Alla sbarra, la Procura militare di Verona il prossimo 20 gennaio chiamerà a rispondere di strage un comandante centenario e due novantenni. Bisognerà appurare in che veste, se carnefici o semplici spettatori. Si tratta di Karl Schèfer, nato l’11 maggio 1911, residente a 50 km da Francoforte; Karl Weis, 91 anni e Ernst Plege, 89. Secondo la Procura veronese, Schèfer in quelle operazioni di guerra della primavera 1944, era il comandante della IV compagnia d’armi d’accompagnamento della Wehrmacht.
Devono rispondere di plurimo omicidio aggravato dai futili motivi e dall’aver agito con crudeltà oltre che di un reato del codice penale di militare di guerra, la violenza contro i privati.
“Si tratta di ex militari anzianissimi, – commenta il sindaco di Casteldelci Mario Fortini, il comune di cui fa parte Fragheto – ma il rinvio a giudizio riveste comunque una valenza storico-giuridica, è un segnale preciso, nonostante la Germania abbia chiuso gli atti di guerra e abbia sempre respinto eventuali risarcimenti”.
L’inaudita violenza ebbe luogo nella frazione di Casteldelci il 7 aprile 1944 e costò la vita a 31 civili nella frazione di Casteldelci, tra cui donne e bambini come Maria Gabrielli (alla quale è intestata la scuola elementare), uccisi dal reparto “Battaglione d’assalto”. Secondo le ricerche condotte dallo storico Andrea Bianchini, “questa unità si era scontrata con un gruppo di partigiani nella zona di Calanco, subendo perdite”. La pattuglia per rappresaglia massacrò 31 persone. “In guerra purtroppo esistono anche le rappresaglie – fa notare lo storico Antonio Gentili – ma qui non c’era alcun combattente, solo civili inermi”.
Per l’eccidio, il borgo è stato insignito della medaglia al valore civile e nel suo seno ha accolto da anni i lavori dell’associazione Il Borgo della Pace. I superstiti sono tutti defunti (tranne la signora Maria Magni, che non ha mai voluto commentare la vicenda). Restava però aperto il capitolo su chi avesse compiuto la strage. Saltato fuori dall’“armadio della vergogna” come altre delle 360 stragi impunite d’Italia, l’eccidio di Fragheto nel 2006 ha ottenuto l’istanza di riapertura del processo. Nuove prove (il ruolino di marcia e la composizione del battaglione, l’invio di 14 nazisti a Fragheto) hanno convinto i pm militari Alberto Bruni ed Enrico Peluso a chiedere il rinvio a giudizio. Provincia di Rimini, Comune e Anpi di Rimini si costituiranno parte civile. “Invitiamo i parenti a mettersi in contatto con noi e a costituirsi a loro volta parte civile” avverte l’avvocato Lorenzo Valenti. Oltre che dell’eccidio di Fragheto, i tre militari della Wehrmacht sono chiamati a rispondere anche dell’eccidio di Calanco di Sotto (7 partigiani della brigata Romagnola uccisi), della fucilazione di altri 8 partigiani feriti al Ponte Carattoni (in seguito chiamato 8 Martiri).
“Il prossimo 7 aprile forse non potremo celebrare la ricorrenza dell’eccidio. – avverte Fortini – La strada che collega Fragheto è franata e nessuno la sistema”. In quella occasione sarà proiettato un documentario di un noto regista sull’eccidio e Fragheto. Per non dimenticare, in attesa del processo.
Paolo Guiducci