Oltre che sul versante culturale Battaglini si impegnò nel sociale. Diede fiducia agli istituti femminili nati con vocazione educativa: accanto alle Maestre Pie dell’Addolorata e alle Figlie dell’Immacolata Concezione fondate a Santarcangelo da suor Angela Molari, promosse la fondazione (che sarà formalizzata nel 1885) della Famiglia delle Terziarie francescane di S.Onofrio ad opera di Faustina Zavagli. E sviluppò ulteriormente le attività caritative e assistenziali.
L’opera di don Maccolini
Tra i primi che si mossero secondo le indicazioni di mons. Battaglini fu mons. Ugo Maccolini, parroco di Santa Maria in Corte, che continuò a impegnare le sue straordinarie capacità organizzative a servizio dei poveri anche con l’appoggio dei successori di Battaglini, mons. Alessandro Chiaruzzi (1882-1891) e mons. Domenico Fegatelli (1891-1900). Il primo, ritenuto “<+cors>uomo di ingegno e di cultura”, dal fare umile e riservato, ebbe buoni rapporti coi fedeli e col clero delle parrocchie, ma non era uomo di governo; mons. Fegatelli, invece, intransigente nei confronti della modernità, era convinto della necessità di portare il popolo cristiano fuori dalle sacrestie, organizzandolo in modo che fosse autosufficiente, competitivo e compatto sotto la guida dei vescovi. A lui si deve anche, nel 1894, il primo intervento di rilevo nella organizzazione degli studi del seminario, per regolare sia i criteri di ammissione, che le materie di studio e la loro distribuzione nelle singole classi, ponendo così le basi per il futuro monopolio del seminario nella formazione del clero.
Per più di trent’anni mons. Maccolini, attento alle nuove generazioni di sacerdoti, che stimolava e proteggeva, promosse o sostenne finanziariamente le iniziative assistenziali e culturali dei cattolici, agevolato in questo dalle offerte raccolte attraverso la Pia opera del Rosario, da lui fondata nel 1883, che arrivò a contare più di seicentomila iscritti nel mondo.
Intervenne a favore dell’ Oratorio San Francesco, fondato nel 1883 dal canonico Francesco Venturini per raccogliere i figli delle famiglie povere nei giorni di vacanza dalla scuola, dotandolo di una biblioteca circolante; si adoprò perché accanto all’Oratorio sorgesse un Istituto per gli artigianelli, che accoglieva giovani da avviare ai lavori di tipografia, legatoria, falegnameria e calzoleria; favorì la nascita di un Gabinetto di lettura, garantendo la presenza di libri e riviste che aiutassero ad avviare contro movimenti culturali rispetto a quelli dominanti: intransigenti per quanto riguardava la politica, ma aperti all’impegno nei più diversi settori della vita sociale.
Il dinamismo sociale del mondo cattolico
Si deve sempre all’impegno di Maccolini la rinascita della Società di san Vincenzo de’ Paoli: fondata nel 1833 in Francia da Federico Ozanam, intorno alla metà del secolo si era diffusa anche a Rimini, ma aveva avuto una rapida decadenza perché considerata dai liberali “un covo di cospiratori retrogradi”.
Nel 1892, l’anno dopo la pubblicazione della Rerum novarum, viene fondata la Società operaia cattolica di mutuo soccorso, di cui Maccolini fu il primo cassiere. Era la “risposta” cattolica al proliferare di iniziative analoghe rivolte all’autotutela dei lavoratori, sorte a partire dal 1876. Diversamente da quelle, però, la nuova società vedeva la presenza di un assistente, che aveva il compito di conservare tra i soci “lo spirito religioso” ed era mista, composta cioè da lavoratori e datori di lavoro.
Maccolini appoggiò anche due importanti iniziative avviate in regione nel 1896, dal Comitato dell’Opera dei congressi, in particolare da Giovanni Acquaderni: il Piccolo credito romagnolo, la prima banca cattolica regionale, e «L’ Avvenire», il primo quotidiano cattolico su base regionale.
Della sezione riminese della banca Maccolini fu fondatore e primo presidente; ad essa si appoggiavano artigiani, contadini, piccoli operatori economici per finanziare a basso costo le proprie attività e ad essa fecero immediatamente riferimento le Casse rurali, aperte nelle parrocchie per iniziativa dei parroci attenti alla situazione della popolazione. La prima venne fondata nello stesso 1896 a Tavoleto e Saludecio.
Il 15 aprile dello stesso anno, dietro insistenza di mons. Fegatelli, l’instancabile Maccolini, grazie anche alla sua amicizia con Grosoli, riuscì a insediare il Comitato diocesano dell’ Opera dei congressi, del quale venne nominato assistente; mentre i comitati parrocchiali erano attivi già dall’anno precedente.
Nasce il settimanale cattolico Ausa
L’anno successivo (1897), in occasione della prima assemblea diocesana, nella relazione che aveva avuto l’incarico di predisporre, mons. Antonio Palotta elenca 53 comitati parrocchiali, 6 società di mutuo soccorso, 3 oratori festivi, 2 casse rurali, e un totale di 1477 iscritti. Sottolinea, inoltre, il fatto che i solidi rapporti tra cattolici e liberali moderati all’interno della Giunta comunale avevano portato ad abrogare le delibere anticlericali prese nel 1892 dalla Giunta guidata da Carlo Alberto Masi; e avevano consentito a mons. Fegatelli di essere accolto ufficialmente in Municipio dal Sindaco e dalla Giunta in occasione delle feste natalizie.
Organo della sezione riminese dell’Opera dei congressi è «L’Ausa». Il settimanale, fondato da don Girolamo Mauri, prende posizione a favore dell’educazione religiosa nelle scuole primarie, contro il divorzio, contro la barbarie del duello e interviene nel dibattito sul ruolo dei cattolici nella vita politica, attirandosi gli attacchi feroci dei fogli anticlericali.
Gli auspici di don Palotta, che al termine della sua relazione si augurava che nell’assemblea analoga prevista per l’anno seguente, si potesse contare un numero maggiore di opere e di attività, vennero contraddetti dalle drammatiche vicende del 1898.
1898: la protesta e la repressione
Facendo seguito a scioperi e tumulti del resto della Romagna, a Rimini i braccianti si presentano in Municipio per chiedere lavoro e una diminuzione del prezzo del grano e, poiché ritengono insufficiente la risposta delle autorità, assaltano i forni e i magazzini. Analoghe manifestazioni milanesi, peraltro stroncate nel sangue dall’intervento dell’esercito di Bava Beccaris, diventano pretesto per una reazione durissima contro gli oppositori del governo: a Rimini, come nel resto d’Italia, vengono sciolti i Comitati parrocchiali e diocesani dell’Opera dei congressi; viene impedita l’uscita de «L’Ausa» (riprenderà nel 1899); viene imposto a don Mauri di non scrivere su argomenti di carattere sociopolitico; il parroco di Coriano, don Guglielmo Mondaini è multato perché accusato di aver fatto manifestazioni contrarie al governo in carica.
Ultimo drammatico episodio di questi anni di crisi: l’assassinio del re Umberto I (1900) per mano di un anarchico.
(4 – continua)
Cinzia Montevecchi