Home Cultura L’arte che rinasce davanti all’altare

L’arte che rinasce davanti all’altare

Non un quadro, un affresco o un antico mobile. Questa volta i ferri del restauratore hanno portato a nuova vita i paliotti dell’altare maggiore della chiesa di San Agostino a Rimini. Si tratta del pannello decorativo usato come rivestimento della parte anteriore dell’ altare.
Un restauro insolito, “quanto raro visto che si tratta di opere che alla vista di molti sembrano di valore minore rispetto a un quadro”, spiega Piergiorgio Pasini, professore d’arte che, assieme alle due restauratrici Manuela Farinelli e Rossana Allegri, ha diretto e portato a termine il complesso lavoro durato circa un anno. A finanziare il progetto, la Fondazione dei Dottori Commercialisti e l’Ordine dei commercialisti ed esperti contabili della provincia di Rimini: “Questo restauro è solo un momento conclusivo di un lungo percorso culturale partito dall’inizio dell’anno con il ciclo di conferenze «Rimini e…» dedicate all’identità riminese”, commenta Giuseppe Savioli presidente della Fondazione. E ammette: “Questa è la prima volta che ci cimentiamo in un’impresa del genere, ma siamo sicuri di continuare su questa strada e magari di proseguire il prossimo anno con altri restauri”.
L’idea d’investire proprio in una testimonianza del passato così particolare è arrivata grazie al restauro di un paliotto più piccolo da parte di una signora riminese. “La restauratrice si accorse subito che anche gli altri paliotti erano messi piuttosto male e così, quasi subito, mi misi in allerta. C’era l’esigenza di restaurare il prima possibile”, racconta il parroco Dino Paesani.
Il drappo in seta gialla con fili d’argento che copriva l’altare maggiore non poteva rimanere così. Di quello splendido tessuto, composto da una parte centrale e due laterali, forse di fattura veneta e risalenti al Settecento, rimaneva solo il ricordo. Seppur forti le tracce del suo valore: infatti, i motivi decorativi si raccordano tra di loro. Il motivo centrale è incorniciato da tre lati da una bordura ricca di elementi decorativi e finiture. Il ricamo, poi, produce effetti tridimensionali per via di una combinazione che abbina fili d’argento in vari spessori e filature, creando così superfici riflettenti la luce. Di questo mirabile lavoro non restava che un tessuto usurato, i fili in argento spezzati, il ricamo perso in piccole parti e il solfuro d’argento che con il tempo aveva creato una patina nera. Non rimaneva che mettersi al lavoro, quindi. Asportato il paliotto in seta, ne è emerso un altro stabile in scagliola (una sorta di gesso) colorata, sempre del Settecento: girali di foglie d’acanto, fiori su sfondo nero incorniciati in tre tondi che ospitano San Agostino, Santa Monica e San Giovanni Evangelista, con l’intera decorazione che si accorda con tutti gli altri paliotti dell’altare realizzati con la stessa tecnica. Anche la scagliola, però, versava in cattivo stato di conservazione e così si è pensato di mettere mano anche lì. Si crede che il paliotto in gesso sia stato nascosto dopo il terremoto dal 1916 perché l’umidità ne aveva deteriorato la parte inferiore. A distanza di un anno, dopo una restaurazione meticolosa questi manufatti tornano a splendere. Il drappo in seta, ora viene, conservato in una teca di plexiglass nella sacrestia della chiesa, mentre è al suo posto, visibile a tutti, il paliotto in scagliola colorata e brillante.

Marzia Caserio