Dopo aver lanciato la proposta di riportare alla luce l’Anfiteatro. Dopo aver ascoltato la posizione del Direttore del Ceis che sorge proprio sui resti romani. Dopo aver chiesto ai riminesi cosa pensano di questo pezzo di storia cittadino, in questo numero facciamo luce sulle origini della grande arena. Da quello che sappiamo venne edificato nel II secolo d.C., come testimonia la moneta dell’imperatore Adriano ritrovata nella malta di una muratura. Aveva una struttura di forma ellittica e una capienza che poteva superare i 10mila spettatori. Presentava due ingressi principali in corrispondenza delle estremità dell’asse maggiore e numerose altre entrate che permettevano di raggiungere le ampie gradinate in pietra. Per saperne di più, però, ci siamo recate a far visita alla dottoressa Orietta Piolanti, dell’Ufficio didattica e pubbliche relazioni, e a Maurizio Biordi, Direttore del Museo della Città.
Partiamo da una descrizione fisica dell’Anfiteatro negli anni del suo massimo splendore.
“Intanto dobbiamo immaginarcelo vicinissimo al mare e di grande impatto, dato il suo rivestimento in laterizio e le sue imponenti dimensioni: una massa rossa stagliata sullo sfondo del mare azzurro. Doveva essere un monumento che connotava il profilo della città sia per le navi che entravano nel porto di Ariminum, sia per chi veniva dalla via Flaminia. Uno spettacolo unico dato che l’ampiezza della sua arena (73×44 metri) era praticamente identica a quella del Colosseo (86×54 metri). In quanto a struttura, la muratura si sviluppava su due ordini sovrapposti di arcate inquadrate da lesene, cioè da semipilastri accostati alla parete con capitelli disegnati. Varchi aperti si alternavano a varchi chiusi, presentando un contrasto tra vuoto e massa”.
L’edificazione della struttura, voluta dall’Imperatore Adriano, avvenne a seguito di un avvenimento particolare o magari in onore di qualche divinità romana?
“Non sappiamo se la costruzione dell’Anfiteatro venne promossa in un’occasione particolare o per consacrarlo a qualche divinità. Certamente, già prima del II secolo d.C., Ariminum aveva uno spazio in cui si tenevano dei giochi, probabilmente una struttura in materiali deperibili. Ma dato il forte legame della cultura romana a questo tipo di eventi, l’Anfiteatro fu un monumento indispensabile per l’ulteriore crescita della città, affinché la Rimini di allora raggiungesse l’importanza delle più grandi città dell’impero. Era quindi un monumento simbolo e allo stesso tempo contribuì all’opera di globalizzazione attuata dai romani”.
Guardiamoci attorno. L’area archeologica di via Roma oggi era la periferia di Ariminum in epoca romana. Perché venne scelta proprio questa come collocazione per l’Anfiteatro?
“Anche questa scelta corrisponde ai criteri urbanistici degli antichi romani che collocavano il teatro, luogo per eccellenza di una cultura raffinata, nel cuore della città e invece l’anfiteatro, luogo più popolare, in periferia. Il nostro Anfiteatro raccoglieva masse notevoli di almeno una decina di migliaia di spettatori che sostenevano chi l’uno chi l’altro gladiatore. La conseguenza delle rivalità tra la folla spesso creava problemi di ordine pubblico e un clima paragonabile a quello dei nostri stadi. Ovviamente, allontanandosi dal centro, era più facile far fronte al caos generale così come lo era risolvere i problemi di traffico dovuti all’afflusso e al deflusso di 10mila spettatori”.
Adesso, invece, andiamo all’interno dell’Anfiteatro e immaginiamoci come spettatori. Quali iniziative prendevano luogo in questo edificio e quanto successo riscontravano negli abitanti di Ariminum ed eventualmente in quelli delle città vicine?
“Il successo era enorme e la gente partecipava con grande entusiasmo agli spettacoli. Accorrevano uomini, donne e bambini e quindi anche interi nuclei familiari. Le rappresentazioni in genere, erano offerte dall’imperatore o da figure importanti della città soprattutto in vista delle elezioni per catturare il favore del popolo. Seduti sulle gradinate in pietra, gli spettatori potevano assistere a due tipi di spettacoli: i combattimenti e i supplizi. I primi potevano essere scontri tra gladiatori appartenenti a categorie differenti, tra gladiatori e animali, o ancora solo tra animali che spesso erano importati da luoghi lontani dell’impero, soprattutto dall’Africa. Tra l’altro i romani curavano anche la sceneggiatura ricreando l’ambientazione della caccia con piante e oggetti vari. I secondi, invece, nonché condanne a morte spattacolarizzate, consistevano in impiccagioni, torture e crocifissioni a conferma del gusto dell’orrido e della tortura tipico dei romani”.
Gli anfiteatri ebbero grande importanza in tutto l’Impero romano tra il I e il II secolo d.C. Come influiva la sua presenza sulla vita culturale ed economica di Ariminum?
<+testo_band>provocavano un indotto economico alla città. Inoltre non escludiamo la presenza di un biglietto d’entrata e che fuori dall’Anfiteatro ci fossero delle bancarelle dove poter acquistare cibo, bevande e ricordini”.
Per la sua posizione marginale, l’Anfiteatro, a due passi dall’Arco d’Augusto, dal Ponte di Tiberio e dalla Domus del Chirurgo, non ha certo vita facile quando si parla di visibilità.
“Indubbiamente è così. Non ha avuto la fortuna di diventare un monumento simbolo della nostra città sia per la sua posizione lontana dal centro, sia perché nel corso dei secoli fu abbandonato o adibito ad altri usi. Ad esempio lo spazio, alla fine della seconda guerra mondiale, venne utilizzato come discarica delle macerie dei fabbricati della città. Questo ci fa capire quale fosse nella cultura riminese la considerazione per questo monumento fino settant’anni fa”.
Di cosa avrebbe bisogno ancora l’Anfiteatro per tornare al suo antico splendore e magari ospitare più spesso eventi e spettacoli, o per lo meno per poter sostenere ad armi pari la rivalità con gli altri monumenti cittadini?
“Abbiamo cercato di allestirlo in occasione di vari eventi, come ad esempio il Festival del Mondo Antico per il quale sono stati organizzati alcuni spettacoli. Non è, però, uno spazio facile da riutilizzare in quanto non esiste una gradinata per far sedere le persone che, durante le rappresentazioni tenutesi durante questa stagione estiva, sedevano su delle panche. Se volessimo utilizzare a pieno l’Anfiteatro dovremmo progettare, in accordo con la Sovraintendenza Archeologica, delle gradinate posticce e dei servizi igienici che non invadano i resti archeologici. Ma date le spese non indifferenti per l’applicazione di progetti volti alla riqualificazione totale, lo spazio tuttora non è sfruttabile a pieno dal punto di vista dell’organizzazione di eventi. Ad ogni modo, il monumento è visitabile prendendo accordi col nostro ufficio di pubbliche relazioni e didattica o chiedendo di passare attraverso il Ceis”.
Elena Bologna
Nicole Ranaldi