Centoventi referenti delle Caritas parrocchiali si sono incontrati domenica 24 gennaio per il consueto appuntamento diocesano in preparazione alla Quaresima.
Il vescovo Francesco ha guidato i presenti nella riflessione “Come vivere la Quaresima e la Pasqua”.
All’inizio dell’assemblea il direttore della Caritas don Renzo Gradara ha presentato i sussidi e le microrealizzazioni della Caritas, strumenti utili per la Quaresima. L’incontro è stato l’occasione anche per presentare l’iniziativa europea per l’anno 2010, per volontà dell’Unione Europea anno dedicato alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale. La Caritas diocesana di Rimini prenderà attivamente parte alla campagna di sensibilizzazione promossa da Caritas Europa denominata “Zero poverty”. L’anno europeo sarà il filo conduttore del lavoro con le scuole condotto dalla Caritas diocesana nel corso del prossimo anno scolastico e del lavoro operativo e formativo che si svolgerà con le Caritas parrocchiali. È stato poi presentato anche il tema del Rapporto sulle povertà 2010 che avrà come tema centrale “La povertà nella nostra parrocchia”.
La riflessione del Vescovo è iniziata con l’indicazione di una missione per le Caritas: aiutare le comunità a celebrare nella carità e nell’amore la Pasqua del Signore.
Il vescovo ha citato Jean Paul Sartre, profeta del ’68 francese: “Bisogna aver conosciuto l’amore prima della morale, altrimenti è lo strazio”.
Papa Benedetto – ha continuato mons. Lambiasi – ci ricorda continuamente che il Vangelo non è una lista di precetti, ma innanzitutto un evento. Dio ci ha creato per conoscerlo, per amarlo, servirlo. Ma prima di questo c’è un fatto: “Dio ci ha amato”. “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo figlio unigenito”, cioè prima della nostra parte, c’è la parte di Dio.
Qualcuno potrebbe dire: allora i dieci comandamenti? Bene, ci abbiamo mai fatto caso che i dieci comandamenti non cominciano con un comandamento?
Prima si dice: “Io sono il Signore Dio tuo”. Questo è l’evento, è l’avvenimento, è quello che fa Dio. Dire “io sono il Signore Dio tuo” significa dire “io sono tuo, di conseguenza tu devi essere mio, ma la prima cosa riguarda Dio, Dio ci ha amati per primi, io ti ho amato per primo. Ecco bisogna aver conosciuto l’amore prima della morale, altrimenti è lo strazio. Altrimenti l’elemosina si riduce a un suonare la tromba, lo faccio per farmi vedere, e quindi si snatura tutto, la morale diventa immorale, perché non è più l’amore.
Se tu ami davvero l’altro tu non lo uccidi, non lo odi, non lo invidi, tu non gli fai del male. Tutti i comandamenti, dice Paolo, si riassumono nella legge dell’amore. Dunque se io credo che Dio mi ama allora faccio la sua volontà.
Poi il Vescovo ha riportato un esempio: “Immaginiamo una sposa, mamma che però ancora non è mamma, nel senso che da anni lei aspetta un bambino, desidera avere un bambino ma nonostante le cure non riesce ancora a rimanere incinta. Finalmente un giorno nel test di gravidanza risulta positiva allora lei va dal ginecologo, il quale dice “o finalmente però mi raccomando signora, lei fino adesso ha fumato come una disperata adesso mi raccomando non deve più fumare”, e lei risponde: ma certo dottore perché me lo dice?”. È una conseguenza spontanea, non è un imperativo, un ordine dall’esterno per cui lei è costretta, ma è l’esplicitazione di un atteggiamento profondo, quello dell’amore, per cui lei si sente spinta a non fumare più”.
La religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere le vedove e gli orfani e le loro afflizioni e conservarsi puri a questo mondo.
Dunque potremmo dire che il primo passo del credente è credere. Ma se tu credi che Dio ti ama, non puoi, a tua volta, non amare i fratelli. Ecco allora che l’amore nasce dalla fede. L’opera madre di tutte le opere è la fede.
Se tu credi che Dio ti ama non puoi non pregare, non puoi non digiunare, non puoi non vivere la carità verso il prossimo.
Allora possiamo dire che lo slogan di questo anno “mille voci un solo coro” e “di me sarete testimoni”, ci orienta “di me sarete testimoni” cioè noi siamo i testimoni della fede in lui, del suo amore per noi, del suo amore per il mondo, per i perduti, per gli ultimi. Essere testimoni della fede, significa essere testimoni del suo amore.
Quello che ha spinto Madre Teresa di Calcutta a fare la sua scelta dei poveri è stato l’amore per il Signore che lei ha visto in croce. Quando lei riassumeva la sua regola, diceva la regola della cinque dita. “Quando avete dato da mangiare a chi ha fame, da bere a chi ha sete, avete fatto scuola ai bambini, ai poveri, quando avete fatto tutte queste cose voi -lo -avete -fatto- a -me”.
La fede è la sorgente del fiume della carità e l’amore è il corso e la foce. La morale cristiana non è comandata dall’attesa di un premio futuro, ma da un riconoscimento di un amore già ricevuto.
Bisogna aver conosciuto l’amore prima della morale altrimenti è lo strazio. E io sono sicuro che la Caritas non è lo strazio, ma è l’amore. E allora fate in modo che davvero la carità animi la Caritas. Una Caritas senza carità cristiana è un’organizzazione umanitaria, ma non sarebbe più la Caritas. Ecco allora che noi per primi, noi, a cominciare da me, viviamo una Quaresima all’insegna di questa carità”.