“Mi sento metà marocchino e metà italiano”. Hamza (nella foto) ha 22 anni e lavora nella macelleria islamica di suo padre, in pieno centro storico, a Rimini. Si è trasferito dal Marocco in Italia insieme alla famiglia quando era ancora in fasce.
“Non è che soffrivamo la fame – precisa – però, sa com’è? L’uomo è spinto a cercare l’ambiente ideale in cui far vivere i propri cari”.
Il lavoro lo impegna dalla mattina alle 8.30 alla sera alle 20.30. Il tempo per occuparsi di altro? Poco. Il pensiero di mettere su famiglia? Ancora lontano. Tra poche settimane festeggerà l’ottenimento della cittadinanza italiana, con tutti i relativi diritti e doveri. La pratica è stata avviata un paio d’anni fa. I documenti sono quasi pronti. Sarà italiano anche sulla carta seppure culturalmente lo sia oramai da diverso tempo grazie alla scuola: quel laboratorio sociale in cui si impara a conoscere il diverso.
Eppure i casi di discriminazione non sono mancati.
“Alle superiori c’era un insegnante particolarmente severo con me. Mi ha fatto penare. Da bambino non capisci certe cose, poi crescendo sì. Però è acqua passata”.
In casa si parla arabo, i suoi sono molto legati alle tradizioni della terra natia.
“Ma a me ‘tzcor anche’ dialet” ride Hamza. La cultura romagnola non ha segreti per lui. Tra i suoi amici annovera persone di tutte le nazionalità. “Non guardo alla provenienza, ma alla persona”.
Gli chiediamo che effetto gli fa la cronaca degli ultimi tempi dominata da slogan come «emergenza immigrazione», «difficoltà di integrazione», persino «scontro di civiltà» secondo i più estremisti. Hamza è un ragazzo temprato e determinato.
“Non è la religione a fare i terroristi. Se uno si professa musulmano e compie atti violenti non significa che tutti i musulmani siano violenti”.
Una logica che ci ripetiamo da tempo, eppure la diffidenza è ancora palpabile, come mai? “La gente, da entrambe le parti, dovrebbe avere maggiore apertura mentale. La nostra religione non incita mai alla violenza. L’educazione che ho ricevuto dai miei genitori è basata sull’onestà e sull’aiutare il prossimo”. E insiste: “A Parigi sono morti anche dei musulmani, ma a questo non è stato dato molto peso. Bisogna sapersi informare e pensare con la propria testa senza lasciarsi condizionare dal dire comune. Una buona informazione aiuterebbe. Così come un maggior dialogo”.
Mirco Paganelli