E va bene, dovevamo aspettarcelo. In fondo, stando alle spiegazioni ufficiali, erano già cinque anni che l’Europa ci aveva detto chiaramente che le borsine di plastica non si potevano più dare via a gratis (mamma mia quanta fretta: che dobbiamo metterci in regola con i regolamenti demaniali, per dire, sono vent’anni che dall’Europa ce lo dicono e ancora non ci siamo radanati). E va bene, due centesimi non sono niente. E poi sono ben altri gli aumenti passati sotto silenzio per i quali dovremmo fare le rivoluzioni (ma alla fine qual è il costo minimo per poter fare una rivolta?, giusto per sapere così la prossima volta ci regoliamo). E va bene, dobbiamo farlo per l’ambiente perché in giro finivano troppe borsine di plastica (che mondo meraviglioso quello dove per evitare che una cosa sia lasciata in giro a fare danni non si contrasta il lasciarla in giro ma si fanno leggi perché nessuno la usi, neanche il pirla che la smaltiva correttamente). Ma con tutta la buona volontà c’è una cosa che davvero non mi va giù e della quale già scrissi in passato: possibile che in un mondo dove si fanno occhi bionici, palazzi alti ottocento metri e case domotiche, non si sia ancora riusciti a trovare un modo per fare delle borsine di plastica che non si debba imprecare ogni volta cinque minuti per aprirle? Adesso che bisogna pure pagarle.
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarini