“Per tutto c’è il suo tempo”. In questa società dell’immediato, del tutto e subito, esiste ancora il concetto di attesa? Com’è poi possibile rappresentare tale concetto?
Per tentare di rispondere a queste domande, presso lo showroom Filipucci Arredamenti, a Rimini (via Brighenti 15) sarà esposta fino alla fine di maggio la nuova mostra dell’artista riminese Paola Filipucci, dal titolo biblico: “Per tutto c’è il suo tempo”.
In questa esposizione (che, dopo la tappa riminese, è pronta a volare nella Repubblica Ceca, a Praga per la precisione, dove la Filipucci è già stata invitata), l’artista ha deciso di andare nettamente contro corrente, di rinnegare la moderna concezione di tempo, quella di una linea retta che si protende in direzione del progresso, riproponendone invece una visione più classica, per molti versi arcaica; quella cioè di una proiezione circolare, dove al centro trova posto la vita umana, mentre tutto intorno si articolano le diverse fasi del suo divenire, della sua storia: la nascita, la crescita e la morte. Il messaggio è poi suggellato e amplificato attraverso il mezzo espressivo preferito (riproposto anche in questa occasione) dall’artista: il mosaico. Come lei stessa afferma:“è il sinonimo più alto dell’attesa, la sua rappresentazione massima. È l’arte riflessiva per eccellenza, la somma di molte arti. Perché per realizzare un dipinto o una poesia, un artista può impiegare anche pochi giorni, mentre per me questi mosaici sono il frutto dell’ultimo mio anno di lavoro. Creare un mosaico richiede molta pazienza, bisogna come prima cosa concepirlo, poi disegnarlo, in seguito mettersi sulle tracce dei vari tasselli e dei loro colori, tagliarli nella giusta dimensione e sistemarli infine correttamente al loro posto”. Nei mosaici esposti compaiono tessere in ori zecchini policromi – esplosioni e detriti del big bang primordiale – “collocati su supporti grezzi – spiega Cinzia Tedeschi – e inframmezzati da piccoli orologi – la circolarità delle ore – esposti al contrario, con l’intento di mostrarne gli ingranaggi che sovrintendono il loro funzionamento. Il contrasto fra materiali preziosi e poveri vuole mostrare il duplice aspetto, positivo e negativo, dell’esistenza umana. Secondo Filipucci, infatti, arrivati ad un certo momento della vita, quando ogni cosa ha preso ormai forma e significato e si percepisce nella propria anima un senso di eternità, il cerchio si chiude”.
Si potrebbe parlare di come la Filipucci interpreti l’esistenza umana, di come provi a risolvere la sua rappresentazione, della sua mercificazione o della “sporcizia” che appesantisce la persona e la obblighi a vivere su “miseri fondali di rovina”. Si potrebbe parlare, oppure trovare la voglia di andare e vedere. C’è tutto il tempo per farlo. (gi.vo.)