Sino a qualche settimana fa, i commenti politici avevano calcolato la terza Repubblica. Era uno dei tanti fantasmi che affollano le redazioni dei giornali e le stanze di pregiati intellettuali che emettono sentenze ad un tanto al chilo. Non so, ovviamente soltanto per colpa mia, se nel frattempo la numerazione sia cambiata e se, tra progetti, proposte, profferte e promesse, siamo già arrivati alla sesta od alla settima Repubblica. Mi scuso per la mia incapacità di tenere i conti matematici, ma i discorsi politici sono qualcosa di più di un numero da attaccare alle notizie fresche di giornata.
Per tanto tempo abbiamo ascoltato pareri di ogni tipo contro il sistema elettorale in vigore, definito Porcellum (ovvero porcata) dal suo stesso ideatore, che non consente la governabilità del Paese. Uno studio di A. Agosta e N. D’Amelio dimostra che pure il vecchio “Mattarellum” non avrebbe garantito una governabilità del Paese, pur rovesciando l’esito elettorale: alla coalizione di Berlusconi sarebbero andati 259 deputati contro i 125 attuali; ed a quella di Bersani 235 anziché gli odierni 345. Forse la forbice tra le cifre uscite dalle urne e quelle che si immaginano per un cambiamento del sistema (non sapendo prevedere quanti pesci potrebbero finire in padella), frena il dibattito sull’argomento.
Gli unici dati di fatto che non ammettono discussione, sono quelli emersi nel giro di un anno e mezzo, tra la nascita del governo Monti (16 novembre 2011), le votazioni politiche dello scorso febbraio e la prossima elezione del nuovo Capo dello Stato. Ovvero le hanno provate di tutti i colori per rimettere in piedi un Paese colpito dalla crisi economica. Hanno inventato i tecnici che dovevano rimanere fuori dalla Politica. Poi essi sono saliti in Politica, usando il verbo opposto a quello del capo del governo che avevano sostituito, e che si era sempre etichettato come uno disceso in campo.
Poi sono stati inventati i dieci Saggi divisi in due gruppi che hanno prodotto il loro ricco bagaglio di proposte da offrire al prossimo governo che sarà nominato dal futuro presidente della Repubblica. In tutto sono 83 pagine sull’economia e 29 sulle riforme istituzionali. I principali commentatori politici cosiddetti indipendenti non hanno dimostrato grande entusiasmo per quei testi. L’ingorgo costituzionale attuale, tra crisi politica e semestre bianco della presidenza Napolitano, poteva essere evitato da sue dimissioni anticipate.
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Antonio Montanari