“I cristiani dell’India vivono e muoiono per noi ed è per questo che sono interessato a loro”. Così padre Bernardo Cervellera ha introdotto la sua testimonianza all’incontro sul tema “Cina e India, un massacro nell’indifferenza”. Un’iniziativa organizzata dall’Associazione Valori e Libertà “Hannah Arendt”, che si è svolta lunedì 19 gennaio, presso il Teatro degli Atti a Rimini.
“Nessuna morte avviene per caso – continua padre Bernardo -. Questi cristiani in India e in Cina muoiono per la nostra vita e per il nostro risveglio. Sono un messaggio rivolto a noi. La mia vocazione di missionario è nata proprio attraverso l’ascolto di tante testimonianze di martiri dell’Est Europeo e della Russia.
Noi missionari informiamo su quanto avviene in Asia e nelle comunità cristiane asiatiche perché pensiamo che esse abbiano un messaggio di evangelizzazione per il mondo”.
Cosa sta succedendo in India?
“Nella Stato dell’Orissa, collocato nel nord-est dell’India, dall’agosto scorso c’è in atto un pogrom, cioè un tentativo di sradicare ed eliminare i cristiani. Questa nuova ondata di violenza contro i cristiani è nata dopo l’uccisione di un leader indù radicale del Vhp (organizzazione fondamentalista Vishwa Hindu Parishad) che aveva sempre fatto campagne contro i cristiani, accusandoli di manipolare le menti della gente e di comprare le conversioni.
La notte del 23 agosto il leader Laxmanananda Saraswati è stato ucciso da un gruppo che si è poi rivelato di maoisti; loro stessi nei giorni seguenti hanno rivendicato l’attentato. Nonostante questo, fin da quella sera, i leader del Vhp hanno accusato i cristiani e hanno coniato lo slogan ‘Uccidiamo i cristiani e distruggiamo le loro istituzioni’. Così da allora sono stati assaltati villaggi cristiani e le persone sono state costrette a convertirsi con la violenza all’induismo o ad essere uccise. I villaggi sono stati bruciati, sono state distrutte le chiese e sono stati presi di mira anche i sacerdoti e le suore. Tutto questo è avvenuto giorno dopo giorno ed è ancora in atto. Attualmente la Diocesi ha registrato ufficialmente 100 morti, 18.000 feriti, 50.000 persone senza tetto sparse nella foresta o raccolte in 12 campi profughi. Ma un governatore dell’Orissa, che aveva dato il permesso di cremare almeno 200 cadaveri, ha affermato che gli uccisi sono circa 500. Nel libretto intitolato Cristiani in India, perseguitati per la giustizia, edizione Pimedit, sono raccolte le testimonianze di quanto è avvenuto”.
Perché questi eccidi proprio contro i cristiani siano essi cattolici o protestanti?
“L’obiettivo è l’eliminazione delle nostre missioni, concretamente chiese, ospedali, scuole, centri sociali, perché i tribali, gli abitanti dei villaggi e appartenenti ad una casta bassa, spesso utilizzati come schiavi per i lavori agricoli, e i talit,gli emarginati dalle caste, vedono nel cristianesimo una strada per migliorare la loro situazione, trovare una dignità al loro essere uomini. Grazie all’annuncio cristiano, la società indiana sta cambiando e le persone che prima erano ai margini, divengono protagoniste di sviluppo. Per questo i fondamentalisti indù si oppongono all’impegno dei cristiani e vogliono bloccare ogni conversione.
I vescovi indiani continuano a chiedere protezione e giustizia per i cristiani, non per interessi di gruppo, ma perché l’India si salvi da un’involuzione antistorica e intollerante. L’India della non violenza e del dialogo oggi ha i suoi campioni proprio nei nuovi martiri dell’Orissa, uccisi a causa della fede e perché credono in un’India multireligiosa e libera. Nello stilare e raccogliere le loro testimonianze, ci spinge il desiderio che il loro sacrificio non sia dimenticato. Questi cristiani con la loro vita e morte affermano la vera potenza rivoluzionaria e sociale del cristianesimo. In Occidente ce ne siamo dimenticati, viviamo sugli allori, perché questa rivoluzione è già avvenuta: la dignità della persona, della donna e del lavoro hanno radici cristiane. Per questo essi muoiono per noi, per ricordarcelo”.
Si sono alzate altre “voci” contro questa inaudita violenza?
“Una vergogna per l’India, la nostra Patria: così il premier Mannohan Singh e il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai hanno definito il pogrom contro i cristiani. Però oltre alla ‘vergogna’ dell’India , vi è anche una ‘vergogna’ per l’Europa e il mondo. Al di là di qualche sparuta voce, infatti, si è registrata soprattutto indifferenza e nessun governo ha osato dire qualcosa sui massacri di Orissa, domandandone la fine. Vi è in Europa e nel mondo una specie di «cristianofobia» che cerca di scrollarsi di dosso, anche con la menzogna, l’eredità cristiana. Per questo, le notizie di persecuzione dei fedeli in Orissa, come in Cina o in Medio Oriente, non interessano”.
Francesco Perez