Se fossimo Mosè, o il profeta Isaia, oppure Simon Pietro, appena annunciata la presenza del Signore in mezzo all’assemblea, all’inizio della Messa (vedi Catechesi: Saluto al popolo), avvertiremmo così forte la sproporzione tra la Santità di Dio – somma Bellezza e Potenza – e la nostra miseria, bruttezza e fragilità, che ci tremerebbero la voce e le ginocchia. Mosè, infatti, alla presenza di Dio nel roveto ardente, si velò il viso e si tolse i sandali (Es 3); Isaia, alla visione della gloria di Dio, i cui «lembi del manto riempivano il tempio», esclamò: «Ohimè! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure!» (Is 6); Pietro, vista la sua barca che rischiava di affondare per la gran quantità di pesci, dopo una notte in cui non aveva pescato nulla, «si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore!”» (Lc 5). E perché a noi non ci accade come a loro?
Ognuno cerchi la propria risposta; intanto, gustiamo la sapienza della Liturgia Eucaristica, che ci aiuta a sviluppare la consapevolezza del nostro peccato, offrendoci, tra i Riti iniziali della Messa, un gesto penitenziale. Un gesto antichissimo, come ci attesta uno scritto del I sec., che ci fa intuire che nessun cristiano si è mai accostato all’Eucaristia senza prima aver riconosciuto il proprio peccato e aver chiesto perdono a Dio e ai fratelli: «Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro» (Didaché). L’atto penitenziale ha infatti lo scopo, come ogni Rito iniziale, di prepararci ad ascoltare con frutto la parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucaristia (OGMR, 46).
L’atto penitenziale è una vera e propria Liturgia del perdono, poiché prevede una confessione generale e una assoluzione. È anche una sapiente pedagogia del perdono, in quanto si compie gradatamente, in ben quattro momenti (come le liturgie penitenziali bibliche di Esd 9 o di Ne 9):
* prima di tutto il celebrante fa una monizione, cioè esorta e invita al pentimento di quegli atti che sono frutto di un attaccamento malsano alle creature (persone, cose, fatti), dovuti alla debolezza umana (i cosiddetti peccati veniali, perché «l’Eucaristia – ribadisce il Catechismo della Chiesa Cattolica – non è ordinata al perdono dei peccati mortali», n. 1395): «Fratelli, per celebrare degnamente i santi misteri riconosciamo in nostri peccati»; oppure facendo memoria del pubblicano: «Umili e pentiti come il pubblicano al tempio… » o dell’adultera: «Il Signore ha detto: chi di voi è senza peccato, scagli al prima pietra. Riconosciamoci tutti peccatori… ».
* Segue una pausa di silenzio, preziosissimo, per risalire nei meandri del cuore e della settimana trascorsa, piena di volti, di scelte e d’impegni; è il momento in cui «ogni carne deve fare silenzio alla presenza del Signore» (Zc 2,17). A questo punto si rivela preziosa e “propedeutica” anche la breve sosta nell’atrio della chiesa, dove facciamo il “salto” dal mondo alla presenza di Dio; nonché il sacramentale dell’acqua benedetta presso l’acquasantiera (v. Catechesi nn. 2 e 6).
* Il silenzio prorompe in una confessione generale, di tutta l’assemblea (celebrante compreso), che prende i moduli del Confiteor (Confesso a Dio onnipontente…), o del dialogo tra presidente e assemblea (Pietà di noi, Signore – Contro di te…) o del Kyrie eleison.
* Culmine dell’atto penitenziale è l’assoluzione da parte del sacerdote, la quale non ha però la stessa efficacia del sacramento della Penitenza («quae tamen efficacia sacramenti paenitentiae caret», OGMR, 51); vale a dire, è limitata ai peccati veniali. La formula assolutoria è invariata e, come ogni assoluzione, richiede il pentimento per essere efficace: «Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna».
Alla preghiera del sacerdote segue il Kyrie (a meno che non sia già stato detto alla confessione generale), un canto con cui tutto il popolo (assemblea e celebrante) «acclamano il Signore e implorano la sua misericordia» (OGMR, 52).
Un’ultima annotazione: l’atto penitenziale può essere sostituito dal Rito dell’Asperges (di cui diremo nelle prossime Catechesi) e, il mercoledì santo, dall’imposizione delle ceneri.
Veniamo ora alla consueta esortazione, che oggi veste i panni di una “pro-vocazione”: nell’atto penitenziale della Messa è certamente difficile per tutti riconoscere il proprio peccato; tuttavia, il problema vero è un altro, e può essere così brevemente formulato: “Mi lascio giudicare da Dio o mi giudico (assolvo) da solo?” Nell’Anno della Fede non sarà quindi forse il caso di dare una rispolverata al Catechismo della Chiesa Cattolica, alla voce «peccato»? 1846ss, 385ss., 976ss, 1420ss, 2083ss: non sono numeri da giocare, ma su cui giocarci la vita… quella eterna!
Elisabetta Casadei
* Le catechesi liturgiche si tengono ogni domenica in Cattedrale alle 10.50 (prima della Messa).