In sella, pedalando nella storia

    Il lattaio, il calzolaio, il falegname, l’arrotino… Quando per le stradine sterrate guidavano la loro bicicletta, unico mezzo per gli spostamenti di lavoro, mai avrebbero immaginato che tale semplice mezzo a due ruote sarebbe finito in mostre, mercatini o musei riscuotendo un così grande successo. La dimostrazione, invece, è arrivata durante l’ultima mostra storica della bicicletta ospitata a Palazzo del Podestà, a Rimini.
    “I visitatori sono sempre molto interessati alle storie legate alle bici dei vecchi mestieri”,a/i> racconta il collezionista Maurizio Urbinati. Cinquantadue anni, fornaio di professione, la prima bicicletta l’ha trovata in un mercatino: era quella dell’arrotino, che gli fece ricordare con nostalgia quando da bambino, negli anni ’60, sentiva da casa il tipico richiamo di questo artigiano. Ora che possiede più di trenta biciclette (alcune anche del primo decennio del Novecento) ama raccontare la ricerca appassionante tra mercatini e collezionisti, ma anche nei posti più impensabili. Quella dello spazzacamino, ad esempio, era finita quasi dimenticata e mezza sotterrata in un vecchio casolare. Oltre a portarle per mostre e musei, visto che gli vengono richieste anche da altri comuni italiani, Urbinati si è inventato la “Compagnia Amarcord” tramite la quale riporta nelle piazze gli antichi personaggi, fedelmente riprodotti con vestiti dell’epoca e naturalmente con le originali biciclette.
    Ma in che cosa sono davvero originali queste biciclette e perché attirano tanto l’attenzione?
    “Ogni bicicletta è unica. Ciascuna ha incorporati gli strumenti da lavoro tipici del mestiere di chi le ha possedute. Quella del sarto ha la macchina da cucire, quella del lattaio oltre ai contenitori ha i misurini che venivano usati per dosare il latte a seconda delle richieste del compratore. Il macellaio caricava sulla bicicletta la macchina per le salsicce, quella dello scrivano aveva uno scrittoio e il materiale per vergare le lettere e poi c’è la bici del cantastorie con il giradischi che diffondeva la musica”.
    Biciclette che un tempo valevano due soldi. Oggi, invece quanto possono valere?
    “Vent’anni fa quando iniziai ad appassionarmi, le trovavo ad un milione di lire. Oggi non si può dare una cifra standard, dipende dal tipo di bicicletta e da chi la vende. Comunque, per fare un esempio, una vecchia bici da pompiere può costare intorno ai 2.700 euro. Io comunque non le venderei mai”.
    C’è chi pensa che alcune siano riproduzioni non fedeli alla realtà..
    “Guardi, in alcune mostre ho notato alcuni ragazzi molto giovani che ridono pensando di guardare cose inventate. Ma stiamo parlando di mezzi a due ruote che erano molto importanti per i padri di famiglia di allora. Molti partivano con la loro bicicletta per andare a lavorare in altre famiglie, come ad esempio il sarto che doveva confezionare abiti per una particolare occasione. Lasciavano le loro case anche per settimane, percorrendo molti chilometri e una volta a destinazione lavoravano sodo, ricevendo in cambio spesso beni in natura (conigli, prodotti agricoli…) che al ritorno portavano con sè. Alcuni, come il barbiere che aveva anche la bottega usava la bicicletta solo a fine settimana, mentre altri erano davvero artigiani ambulanti, sempre in strada per procurarsi lavoro”.
    È evidente la sua passione nel riportare alla luce queste storie.
    “In ogni mercatino in cui ho mostrato queste biciclette oltre ad insegnare ho anche imparato molto. C’è sempre stato qualcuno che mi ha raccontato la sua storia o quella di un genitore che usava la bicicletta per il mestiere. Storie che mi piacerebbe un giorno raccogliere in un libro perché non vadano dimenticate. C’è molto da imparare da questi personaggi. Conoscendo le loro storie sono convinto che potremmo stare un po’ meglio anche noi oggi. Siamo infelici pur avendo tutto. Invece quell’arrotino che si sedeva lì, in strada, a lavorare, cantava tutto il giorno, viveva con poco ma aveva sempre un sorriso sul volto”.

    Silvia Ambrosini