“Comunico l’indizione di una missione straordinaria per il biennio 2014-2016: il prossimo anno pastorale sarà dedicato alla preghiera, alla formazione e alla preparazione della missione; il secondo anno alla sua concreta attuazione”. Il cielo è stellato, la temperatura gradevole, e l’orologio segna dieci minuti alle 23 quando l’annuncio del Vescovo di Rimini risuona dall’Arco d’Augusto. L’applauso della folla radunata è la migliore risposta alla proposta di mons. Francesco Lambiasi. Neppure novanta minuti trascorsi in piedi fiaccano il popolo riminese radunato attorno al suo Pastore per rivivere il miracolo del cenacolo.
“Lo Spirito della Pentecoste è il grande vento, noi non ne siamo i padroni, ma possiamo orientare le vele della barca della nostra Chiesa” assicura il Vescovo, che cita Papa Francesco: “Non c’è maggiore libertà che quella di lasciarci portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e a controllare tutto, e permettere che Egli ci illumini, ci orienti, ci spinga dove lui desidera”.
Genitori con figli piccoli al seguito, anziani, religiosi e religiose, giovani, uomini e donne. È una folla quella che gremisce la Basilica Cattedrale, tanto che il popolo convenuto da ogni parte della Diocesi è costretto ad accomodarsi sul sagrato. Il canto del coro segna l’inizio della Veglia di Pentecoste. È il momento in cui tutta la comunità cristiana si riunisce per vivere il compimento del mistero pasquale.
«Usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Risorto», il titolo della Veglia, si confronta con la Parola di Dio proclamata. Le ossa inaridite dell’Antico Testamento che attendono non solo il momento di saldarsi insieme ma di riprendere vita. Anche il segno della luce rischiara il Tempio Malatestiano. Dal braciere posto ai piedi dell’altare, ad uno ad uno si accendono tutte le candele, fino a formare un suggestivo tappeto di luce. Così attraente che alcune ragazze non resistono alla tentazione di scattare un selfie con le luci accese in mano.
La Croce dei giovani guida la processione. Come un sol popolo, la folla esce dalla Cattedrale in corteo verso l’Arco di Augusto. Ad accompagnarla, ci sono le clarisse di San Bernardino: cantano, leggono e pregano, e senza mettere un piede fuori dalla clausura, sono davvero accanto ad ogni pellegrino in piazza Tre Martiri, lungo corso d’Augusto. All’Arco lo scenario è notevole. Non c’è nessun imperatore romano da acclamare, ma il fuoco della Pentecoste da riaccendere. “Quel fuoco, acceso per la prima volta nel nostro battesimo – scandisce il Vescovo – deve riaccendersi nella vita di ogni cristiano”. Un fuoco può arrivare anche a spegnersi o a rimanere coperto dalla cenere, fino a baluginare. “Ma ci sono epoche nella storia della Chiesa – incalza mons. Lambiasi – in cui il Signore pare non contentarsi più di piccoli falò o di focherelli di carta che si accendono qua e là nel popolo di Dio, ma vuole che tutta la Chiesa si riaccenda e si rinnovi”. Vale anche per la Chiesa riminese, quella radunata all’Arco d’Augusto in un afoso sabato sera di giugno.
I segnali che la nostra sia una di quelle epoche di riaccensione, sono evidenti. “Lo scontento e la delusione che si fa sempre più strada, specie tra i giovani. – prosegue il pastore – Inoltre, a fronte di tanti battezzati che abbandono la Chiesa, stanchi di una religione sdolcinata e stucchevole, altri invece avvertono un’ardente sete di vita nuova”. C’è il desiderio di riscoprire “la gioia dell’incontro con un Dio vivo, con un Gesù persona concreta, non personaggio da museo. È quella nuova Pentecoste, sognata da Giovanni XXIII e dai padri del Concilio”.
È l’ora dunque della Pentecoste, non di sciogliere l’assemblea. L’attenzione è palpabile. “Lo Spirito Santo ci ha mandato un uomo, chiamato Francesco, che non si stanca di gridare: «Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo». Usciamo dal cenacolo, altrimenti diventa un carcere in cui ci intrappoliamo con le nostre mani”. È l’ora dunque della missione. Di conoscere quelle pecore smarrite di cui parla il vangelo. “La domanda vera oggi non è: quanti cristiani siamo? ma: quanto siamo cristiani? la missione non è un lusso, ma un bisogno, non è un optional ma un mandato; non è un peso, ma un dono: gratuitamente affidato alla nostra generosità”.
Da una pastorale di conservazione, magari stanca e ripetitiva, c’è da passare ad una prospettiva missionaria, ad una pastorale di primo annuncio. Con una certezza: la missione poggi sull’essenziale. “Il cuore della fede cristiana non è una grande idea o un nobile valore; è un avvenimento, anzi una Persona: prova ad incontrarla, e poi mi dirai se non ti cambia la vita”. L’Arco d’Augusto è contagiato dall’entusiasmo del Cristo risorto. E l’assemblea si scioglie con una certezza che arde nel cuore di tutti e di ciascuno: il vangelo della gioia può essere annunciato solo con la gioia del vangelo.
Paolo Guiducci