Nelle elezioni Europee di giugno la provincia di Rimini ha avuto un’affluenza del 52,97%, la peggiore in Emilia-Romagna, con un calo di quasi nove punti rispetto al 2019. A livello nazionale, per la prima volta l’affluenza è scesa sotto il 50%.
Perché citare questi dati noti oggi, così in mezzo al niente? La disaffezione alla politica è un argomento che di solito a ogni tornata elettorale dura 20-25 minuti dopo la chiusura dei seggi. I rappresentanti si cospargono il capo di cenere ricordando la necessità di tornare a rivolgersi alla gente e riavvicinarla alla politica
etc etc, poi arrivano i primi dati ufficiali e delle affluenze al ribasso non si parla più, tutti impegnati a cercare nei numeri il proprio indiscutibile successo.
Ma intanto resta il dubbio su cosa dovrebbe riavvicinarci alla politica. Le tragicomiche disavventure dell’ex ministro?
Rimini non sarà la capitale della cultura, peccato, ma almeno non dobbiamo tenerci nell’album dei ricordi a citare il nostro nome nella pubblica annunciazione una figura che rimarrà negli annali non proprio per le sue intuizioni politiche. La gara reciproca a stabilire chi è meno titolato a rappresentarci in Europa tra Vannacci e la Salis?
(Per quel vizietto di noi italiani a mandare
a rappresentarci i casi mediatici dell’ultima ora piuttosto che badare alle competenze). Oppure le appassionanti valutazioni nell’alternativa al governo se portarsi dentro anche quei 3% circa che pare siano l’ago della bilancia?
Magari alle prossime elezioni ci sarà un segno contrario con un ritorno alla partecipazione e non ci sarà bisogno dell’ennesima contrizione e autoflagellazione per la disaffezione alla politica. Ma anche se fosse, in 20-25 minuti ce la si cava.