BUCHI NERI Rimini ha bisogno di un secondo teatro, complementare al Galli, per perfomance contemporanee, danza e musica
Almeno a parole, sembra si sia tutti d’accordo. Il teatro Novelli può avere ancora lunga vita e anzi Rimini ne ha proprio bisogno. Il tema è emerso chiaramente la scorsa settimana in occasione della discussione in Consiglio comunale dell’ordine del giorno firmato dalla consigliera di minoranza Gloria Lisi. Si chiedeva il recupero, a fini squisitamente culturali e in tempi relativamente brevi, dell’immobile in stato di abbandono e degrado dal momento della chiusura, nel 2020. Da allora, chi abita lì intorno vive quotidianamente scene di accattonaggio. Altri tempi quelli in cui in occasione delle Giornate internazionali Pio Manzu si vedevano arrivare principesse come Lady Diana e Rania di Giordania.
A Rimini “fame di cultura”
“ L’arrivo del Galli ha amplificato la “fame di cultura” riminese, facendo emergere la necessità di ulteriori spazi che possano ospitare le numerose iniziative artistiche. Un secondo teatro non è dunque un desiderio facoltativo, ma una necessità per sostenere la crescita culturale della città”, ha sottolineato l’assessore alla cultura Michele Lari. L’idea, per ora c’è solo l’idea, è che il secondo teatro risponda a esigenze diverse, con caratteristiche tecniche specifiche per accogliere una varietà di eventi, dalla danza alla musica, dal teatro alla performance contemporanea. “ Non può essere un teatro ‘clone’ del Galli, deve avere una sua identità e funzionalità”, ha ribadito Lari.
Teatro Novelli: il candidato ideale
Il teatro che potrebbe soddisfare questa esigenza è il Novelli, che per decenni ha rappresentato il cuore pulsante della cultura riminese.
Costruito nel 1925 nel cuore di Marina Centro, sulle fondamenta di un’arena per spettacoli all’aperto, ha resistito ai bombardamenti della seconda guerramondiale e ha vissuto numerose trasformazioni, tra cui un restauro risalente agli anni Sessanta che lo ha ingabbiato nella struttura di cemento armato attualmente visibile. Oggi il teatro soffre di gravi problemi strutturali e ad essi è dovuta la chiusura nel 2020.
I problemi strutturali sono rilevanti
L’assessore ai lavori pubblici, Mattia Morolli, ha sottolineato che il Novelli, dopo oltre un secolo di storia, “ necessita di un intervento strutturale di grande portata. Una relazione tecnica stilata qualche mese fa ha stimato in oltre 10 milioni di euro il costo dei lavori per mettere in sicurezza la struttura e per adattarla alle necessità moderne. La relazione ha evidenziato problemi statici, di impiantistica, di sicurezza e la necessità di migliorare la collocazione del teatro all’interno del contesto urbano, in un’area che sta vivendo un forte processo di riqualificazione, con il Parco del Mare e il progetto del Triangolone che promettono di trasformare la zona in un centro vitale per la città”.
Una buona notizia: non ci sono vincoli architettonici
Sul teatro Novelli non esistono vincoli architettonici. Nel 2010, l’amministrazione Ravaioli aveva deciso di monetizzare valorizzando l’area dal punto di vista immobiliare. L’incasso sarebbe dovuto servire per finanziare il restauro del teatro Galli. Per questo, il Comune si mosse con la Soprintendenza per togliere il vincolo architettonico. L’idea era di vendere a un privato con la prospettiva di abbatterlo e costruirci case. Un’idea che non piacque all’opinione pubblica riminese tanto da scatenare una raccolta firme bipartisan per fermare l’operazione. E così fu: la proposta venne annullata. Nel frattempo però il vincolo della Soprintendenza era stato tolto ed è così che potenzialmente oggi ci si trova davvero davanti alla possibilità di abbattere per ricostruire.
Si recupererà l’estetica originale degli anni Trenta
Tuttavia, assicura l’attuale amministrazione, così non sarà. La prospettiva che al momento sembra più accreditata guarda più all’eventualità di recuperare “la forma architettonica originaria, quella degli anni Trenta, uno dei primi esempi di sala concerto sul modello di quella tedesca, ispirata alla classica Kunsthalle”, spiegano dal comune. Si tratta di un unicum, non c’è di simile a Rimini e sono rari gli esempi in tutta l’Italia centrale.
Recuperare la forma degli anni Trenta, in soldoni, vuol dire anche liberare il teatro dal brutto incapsulamento in cemento armato realizzato negli anni Sessanta. I tempi, però, sembra non potranno essere brevi. “ Non sarà in questo mandato amministrativo”, ha ribadito il sindaco Jamil Sadegolvaad ai consiglieri comunali. Il primo passo sarà dotarsi di “ un progetto di recupero che permetta di muoversi per intercettare fondi esterni”, ha spiegato il Sindaco ribadendo che le scelte devono essere guidate da un’unica esigenza: “Quello che serve allo sviluppo culturale e artistico di Rimini”.