Come un tuffo nel passato. Le memorie si fanno vive. Davvero a volte la storia, specie quella vissuta, torna a parlarti e aiuta a vedere ciò che con gli occhi non vedi più.
La prima occasione arriva dal teatro popolare di San Miniato. Viene rappresentata “Anima errante”, una storia di sofferenza ambientata nella Seveso sconvolta dalla nube tossica seguita all’incidente all’Icmesa. Una donna aspetta un figlio e lo vuole, anche se tutto e tutti l’invitano all’aborto. Ma chiede, disperata, un miracolo per il suo bambino che nasce. È la storia di un rapporto, prima improntato alla fede tradizionale, poi conflittuale con Dio fino a che, vestiti i panni della madre di Gesù, comprenderà che il più grande miracolo, quello che lei a lungo ha invocato, è proprio quell’abbraccio d’amore che viene dalla croce. Anche Dio piange con lei la cattiveria dell’uomo. Ma quell’abbraccio la rigenera e ritrova la forza e la gioia di donna, di madre, nel farsi carico del suo impegno di vita e amore.
Nel ritorno verso Rimini faccio tappa nel Mugello. Per la prima volta salgo a Barbiana, per una preghiera sulla tomba di don Lorenzo Milani. È come fare un salto indietro di 50 anni. La chiesa, la casa sono lì, uguali a come le abbiamo viste in cento fotografie e filmati. In quel silenzio, mi sembra quasi di sentire la voce del Priore che discute con i suoi ragazzi la Lettera ad una professoressa o che legge L’obbedienza non è più una virtù, rivolta ai cappellani militari, in difesa degli obiettori di coscienza. Sul fondo la scritta “I care”, lo stesso slogan che 30 anni fa diede inizio, in un quartiere riccionese carico di droga, all’esperienza di radio Icaro. Nel nome era contenuta proprio la personalizzazione di quel messaggio. Quel “mi importa, me ne faccio carico” continua a risuonare, attualissimo, nella mia testa fra le querce e i castagni di quel luogo sperduto che lo Spirito aveva scelto per un suo profeta. E mi accompagna fino a Rimini.