Mercoledì 17 febbraio i professori Andrea Aguti, Luigi Alfieri, Marco Cangiotti, Ilvo Diamanti, Piergiorgio Grassi terranno un seminario aperto al pubblico (Aula Magna della Facoltà di Magistero,Via Saffi 15 a Urbino) dedicato a Il ritorno delle religioni nella sfera pubblica. Occasione del dibattito è la pubblicazione di un volume, Religione, secolarizzazione, politica, edito da Morcelliana di Brescia, che contiene scritti in onore di Piergiorgio Grassi. Grassi è uscito quest’anno dai ruoli dell’Università di Urbino per raggiunti limiti d’età. Ha insegnato per quarant’anni Filosofia delle religioni e Sociologia delle religioni ed ha diretto e continua a dirigere (dopo la morte di Italo Mancini), l’Istituto superiore di scienze religiose.
Piergiorgio, quarant’anni di insegnamento nell’Università di Urbino… Tu hai condiviso con don Italo Mancini l’esperienza dell’Istituto superiore di scienze religiose, succedendogli poi nell’incarico di direttore del medesimo…
“L’incontro con Mancini è stato per me determinante per molti aspetti. Dai lunghi colloqui che per più di 23 anni si sono sviluppati passeggiando, dall’ascolto delle sue lezioni, dalle indicazioni e dai giudizi che esprimeva, sempre molto acuti, su autori e opere, ho imparato, credo, il mestiere di docente che richiede- diceva Mancini- non solo la capacità di ricerca, ma anche la capacità di rapportarsi positivamente con gli studenti, ai quali dedicare una cura particolare. Indubbiamente, e con il passare del tempo il riconoscimento è unanime, Mancini è stato un grande creatore di mondi logici, ma anche un pensatore attento alla realtà storica, capace di prevedere sviluppi culturali che oggi sono dominanti. È stato anche un grande amico e un maestro”.
Alla fine degli anni Settanta è nato l’Istituto superiore di scienze religiose…
“Sì . Con don Italo, con altri amici urbinati, con docenti chiamati ad insegnarvi da altri atenei (Luigi Sartori, Settimio Cipriani, Paolo de Benedetti, Giannino Piana, Aldo Natale Terrin) si è cercato di creare un ambiente il più possibile adatto a insegnare e a studiare le scienze religiose in una università pubblica. Carlo Bo e Mancini compresero, in tempi ormai lontani, che le religioni, anche nella sofisticata e tecnologica società postindustriale, sono una realtà culturale di importanza decisiva, dalla cui comprensione dipende una maggiore intelligenza del mondo in cui viviamo. Un mondo nel quale le religioni manifestano una vitalità che si impone agli occhi di tutti. Ma non la pensavano tutti così quando fu fondato l’Istituto ed era dominante la convinzione che la secolarizzazione fosse inarginabile, che le religioni fossero destinate al tramonto definitivo o che sarebbero finite ghettizzate nella sfera del privato. Mancini era invece persuaso che lo studio delle religioni potesse contribuire a rafforzare la tensione comune verso un’epoca nuova, che muove la storia”.
Hai retto questo Istituto per più di 17 anni e continui a farlo, dopo che il nuovo rettore, Stefano Pivato, ti ha confermata nell’incarico…
“Ho cercato di muovermi nel solco tracciato da Bo e da Mancini, in stretto rapporto con la Chiesa urbinate. L’Istituto, con la collaborazione di tanti, è cresciuto, è divenuto un punto di riferimento per molti studiosi di filosofia, teologia, delle scienze religiose”.