C’è ancora spazio in Italia per il cinema di impegno civile, per i film politici, per la riflessioni sulla storia del nostro Paese, alla luce degli eventi che hanno insanguinato la penisola dalla fine degli anni ’60? Diciamo di sì, davanti ad un film come Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, altrimenti si rischia di seppellire nella memoria un evento tragico e purtroppo ancora oggi senza colpevoli. Parliamo della bomba nella Banca in piazza Fontana, 12 dicembre 1969, l’evento che aprì una stagione eversiva e violenta. Alle vittime innocenti della strage è dedicato il film che presenta, nella documentata ricostruzione da parte del regista de La meglio gioventù affiancato dagli sceneggiatori Sandro Petraglia e Stefano Rulli (tutto liberamente tratto dal libro inchiesta di Paolo Cucchiarelli), i nebulosi e contorti retroscena dell’attentato. Con le due figure chiave dell’anarchico Pinelli (Pierfrancesco Favino) e del commissario Calabresi (Valerio Mastandrea) e il robusto contorno di anarchici, politici, servizi segreti, polizia, magistratura, si raccontano i fatti dal 1969 al 1972, fino alla morte di Calabresi. Un cast ricco e variegato (Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio, Michela Cescon, Laura Chiatti, Giorgio Colangeli, Omero Antonutti) al servizio di una rievocazione che non riesce ovviamente a far luce sulla verità sulla strage, ma cerca di ricostruire gli eventi con passione e lucidità, ponendo allo spettatore i necessari interrogativi.
Cinema dunque “urgente”, considerato che in Italia non ci si è tuffati sull’ampio materiale che ha composto pagine dolorose e spesso non chiarite. Per fortuna che Giordana, attivo da anni sul versante cinema “civile”, si è adoperato perché la storia di piazza Fontana non sia oggetto solo di veloci rievocazioni ma riporti a riflessioni più ampie.
Cinecittà di Paolo Pagliarano