Il grande scultore solo una volta ha riprodotto l’immagine ‘isolata’ di Gesù risorto
La mattina del 19 luglio 1943 lo scultore e medaglista riminese Elio Morri, con l’aiuto di un bravo muratore e di due manovali, stava per concludere il fissaggio di un suo bassorilievo con la Resurrezione all’interno della cappella Contin, nel cimitero di San Lorenzo al Verano a Roma.
Non era una faccenda da poco perché l’opera era molto pesante: si trattava infatti di un’unica lastra di marmo che misurava quattro metri e mezzo per due. Ma alle 11 di quella mattina nel quartiere del Verano scoppiò l’inferno; si trattava del primo bombardamento aereo degli alleati su Roma: un migliaio di bombe, teoricamente indirizzate sul vicino scalo ferroviario, colpirono il popoloso quartiere, l’antica basilica di San Lorenzo e il cimitero, provocando più di settecento vittime.
La cappella Contin non fu colpita, ma per lo scuotimento dei muri dovuto allo scoppio delle bombe molte lastre di marmo che ne rivestivano le pareti si distaccarono e caddero improvvisamente. Solo per miracolo non schiacciarono chi vi stava lavorando.
Elio Morri ne ebbe un violento shock e scappò. Quasi cinquant’anni dopo ancora raccontava di aver avuto una paura folle, e di aver raccolto in fretta solo “ pochi stracci e poche carte” dall’appartamento in cui risiedeva per ritornare immediatamente a Rimini “ lontana dai bombardamenti”. Effettivamente Rimini nel luglio del 1943 era ancora abbastanza tranquilla. Ma rimase tale per poco tempo: il primo bombardamento che coinvolse gravemente la città e la spopolò è di tre mesi dopo, del primo di novembre dello stesso anno, come ben sappiamo.
Credo che lo scultore non sia più ritornato a San Lorenzo al Verano nemmeno per rivedere la sua opera, che gli era costata due anni di lavoro e che è un vero capolavoro.
Ma lo shock non gli ha impedito di trattare in seguito più volte il tema della Resurrezione, spesso insieme ad altri episodi della vita di Gesù.
L’opera imponente in bronzo di 2,5 metri si trova al Cimitero di Rimini
Una volta sola, però, ha modellato in grande l’immagine isolata di Gesù Risorto. Si tratta di una figura in bronzo alta ben due metri e mezzo che si trova all’esterno della cappella funeraria Costantini-Zannini nel cimitero di Rimini.
A chi percorre il sentiero principale appunto del nostro cimitero è ben visibile sulla destra, nella seconda fila di cappelle.
Si tratta di un’opera del 1972, l’anno in cui l’artista era molto preso dal Monumento alla Resistenza, che è stato inaugurato l’anno dopo. In quel periodo studiava forme di carattere simbolico e di gusto astratto, ma ciò non gli impedì di creare per questo suo Risorto una figura fedele all’iconografia tradizionale, vigorosa e imponente. Si eleva da un sarcofago candido tenendo con la sinistra il labaro crociato, mentre con l’altra accenna ad una benedizione, ed è ben comprensibile nonostante le stilizzazioni. Le fa da sfondo la vetrata laterale della cappella, che d’estate riflette l’azzurro del cielo e il verde degli alberi circostanti.
In questo periodo dell’anno il sole illumina solo di sbieco e per poco tempo il fianco della cappella a cui è appoggiata la figura; questa è appena toccata dalla luce diretta del sole e sembra emergere dal buio della morte alla luce della vita, come illustrano bene le fotografie qui riprodotte, fatte apposta per noi in questi giorni dall’amico (e fotografo di lungo corso) Luciano Liuzzi, certamente degne di presentare questo capolavoro del nostro bravo scultore e di figurare in questo numero pasquale de ilPonte: con l’augurio che la luce della Risurrezione tocchi il cuore di tutti gli uomini.
Pier Giorgio Pasini