Carissimo Papa Francesco,
La Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, ha avuto l’onore e la gioia di incontrarLa il 20 dicembre del 2014 presentandoLe la propria condivisione di vita con gli ultimi di questa terra, sia in Italia sia in varie parti del mondo.
La vocazione della Comunità Papa Giovanni XXIII consiste nel conformare la propria vita a Gesù (Rm 8,29) povero, servo (Fil 2,6-11), sofferente, che espia il peccato del mondo, (specifico interiore della vocazione) e nel condividere direttamente (per Gesù con Gesù in Gesù) la vita degli ultimi (specifico visibile). I membri della Comunità, pur avendo tanti limiti e fragilità hanno il privilegio di condividere direttamente la vita con gli scartati del pianeta, mettendo la propria vita con la loro, facendosi carico della loro situazione, mettendo la propria spalla sotto la loro croce, accettando di farsi liberare dal Signore attraverso loro.
Questa vita di condivisione diretta con i poveri ha dato origine a mondi vitali nuovi ove regna la giustizia e la misericordia di Dio. Sono le tante opere in cui vivono e lavorano persone altrimenti rifiutate.
Tra queste vorremmo portare alla Sua attenzione alcune realtà di condivisione che fanno parte del progetto CEC (Comunità Educante con i Carcerati). Questo progetto è rivolto a persone detenute di qualsiasi nazionalità, religione e cultura, che possono espiare la pena fuori dal carcere, seguendo un preciso percorso educativo. In dedicate case d’accoglienza si propongono loro un percorso educativo che si fonda su una formazione umana e religiosa. La formazione umana è basata sul dialogo e sul confronto tramite incontri personali e di gruppo, insieme a ergoterapia. La formazione religiosa invece si sviluppa specificatamente attraverso la conoscenza e la lettura quotidiana della parola di Dio. Che bello scoprire che la Parola di Dio è una Parola di Misericordia; leggerla e meditarla insieme ai carcerati ci fa sperimentare la grandezza di un Dio che si è incarnato fra noi.
“L’uomo non è il suo errore”, diceva don Oreste Benzi, fondatore della nostra comunità.
Mettendosi a fianco di queste persone, ascoltandole, curando le loro ferite, si scopre che la loro dignità non è scalfita dal male che hanno commesso. Il germe del male spesso si annida nelle ferite profonde, fatte di violenza, abbandoni, soprusi. Molti di loro soffrono della mancanza di riferimenti famigliari stabili. Nonostante ciò tanti riscoprono il proprio valore, mentre in alcuni tra loro, “delinquenti e criminali”, emergono perle di santità che si traducono anche in un generoso impegno a favore di quella società che prima avevano ferito.
Siamo soliti ripetere che “nello sbaglio di uno c’è lo sbaglio di tutti e per recuperare uno è necessario il coinvolgimento di tutti”. Presso le nostre realtà d’accoglienza s’impegnano uomini e donne di buona volontà, persone della parrocchia, del vicinato che si mettono al fianco del detenuto con amore gratuito, in un rapporto personale e continuato. Questi volontari sono veri apostoli di carità. La società civile che si mette in dialogo con i detenuti attraverso loro, è messa in discussione e richiamata a un’autentica conversione nella consapevolezza che il “male si combatte con il bene”.
Presso una di queste realtà, la “Casa Madre del Perdono” dal 2008 ha preso vita, per volere del nostro carissimo Vescovo, Mons. Francesco Lambiasi, “L’Università del Perdono”, iniziativa formativa e culturale rivolta a tutti, non solo ai carcerati, in cui si scopre tutto il potenziale curativo e pacificante del perdono. Perdono: questa parola del vangelo è la porta attraverso la quale tanti sono evangelizzati e sanati. “Che differenza c’è tra dire ti sono perdonati i tuoi peccati o dire alzati e cammina?” (Cfr. Mt 9, 5). È urgente un approfondimento dal punto di vista sociologico, psicologico ed economico, affinché la realtà del perdono diventi cultura e non si rinchiuda in una sterile e intimistica devozione.
Il metodo educativo che la Comunità Papa Giovanni XXIII sta sperimentando da oltre dieci anni, ha visto un abbassamento della recidiva dal 75% al 10%, convincendoci sempre più che “dobbiamo passare dalla certezza della pena alla certezza del recupero, perché solo un uomo recuperato non è più pericoloso” come diceva il nostro carissimo don Oreste. Nelle varie realtà di accoglienza della “Comunità” sono oltre 250 i detenuti ed ex detenuti che attualmente svolgono un percorso educativo specifico.
In questi anni di condivisione con i carcerati ci siamo resi conto che è il tempo di rendere inutile il carcere attraverso modelli alternativi, carceri alternativi, percorsi educativi e non solo punitivi, dove al centro viene posto l’uomo. Le opere che stiamo portando avanti, pur nella precarietà, ci permettono di sognare realtà nuove, strutture nuove, strutture di perdono e misericordia e pur mantenendo le esigenze di sicurezza, sognare appunto nuove realtà di giustizia.
Infatti, parafrasando l’affermazione in occasione della Giornata mondiale della Pace del 1° gennaio 2002 del suo amato predecessore San Giovanni Paolo II , anche noi ci permettiamo di dire che “non c’è sicurezza senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono”.
Per esaltare la “Bontà del perdono”, dal 2010 alcuni detenuti presso la nostra cooperativa “Cieli e Terra Nuova” stanno producendo il “Formaggio del Perdono”. Vorremmo che arrivasse anche a lei la Caciotta del Perdono affinché possa dire insieme con noi che “Questi, che erano delinquenti e facevano del male ora fanno cose buone”!
Carissimo Papa Francesco, in quest’anno giubilare sarebbe bello poter passare da una giustizia vendicativa a una giustizia educativa, e poter vedere il popolo cristiano sempre più unito per elaborare risposte vere ai veri problemi dell’uomo in modo da essere lievito per un nuovo umanesimo. Santo Padre, i Suoi interventi e il Suo agire ci fanno capire di essere uniti nell’unico Spirito che fa nuove tutte le cose.
La ringraziamo di vero cuore per la gioia evangelizzante del suo pontificato e mentre noi preghiamo per Lei, Le chiediamo di pregare per noi affinché l’opera del CEC (Comunità Educante con i Carcerati) diventi sempre più speranza per i nostri fratelli detenuti.
Con affetto nel Signore.
Giovanni Paolo Ramonda
Presidente Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Giorgio Pieri
Responsabile Generale animazione servizio carcere