Italia, anni ’70: non bastavano le Brigate Rosse e la crisi petrolifera che portò all’austerity. Le cronache dello Stivale sono scosse dal rapimento di Paul Getty, nipote dell’uomo più ricco del mondo (o, come suggerito nel film, all’epoca l’uomo più ricco della storia del mondo). I soldi del magnate fanno gola a molti, ma le tasche di Getty senior sono rigorosamente cucite, in un attaccamento al denaro che non ascolta ragioni, nemmeno quelle dell’angosciata madre di Paul. Tutti i soldi del mondo rievoca quel celebre sequestro, prende come riferimento il libro di John Pearson adattato dallo sceneggiatore David Scarpa, ed esce in sala dopo le note vicende dello “scandalo Spacey” con la valanga mediatica che ha travolto l’attore costringendo l’ottantenne regista inglese a rigirare il film, sostituendo Kevin Spacey con Christopher Plummer (visto il trailer con Spacey fin troppo “ritoccato” dal trucco, meglio la nuova soluzione con Plummer “anziano naturale”). Lodando la velocità di esecuzione del regista nel “ricostruire” il film, c’è una ricostruzione d’epoca accurata, con abbondanza di location italiane (Scott è molto legato al nostro paese, consorte Giannina compresa), presenze nazionali (Nicholas Vaporidis), qualche scelta di cast bizzarra (il francese Romain Duris nei panni del sequestratore Cinquanta) e il ruolo principale affidato a Michelle Williams, brava nei panni materni della donna costretta a battersi con il cinico “imperatore dei soldi”. Tra pregi e difetti Scott imbastisce la lotta di un David in gonnella contro un Golia avvizzito dalla ricchezza che, al contrario dello Scrooge dickensiano, non incontra fantasmi salvifici e non salva l’anima avvolta dai nastri del telex che scandivano ogni giorno l’andamento del mercato finanziario.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani