Home Vita della chiesa Il professorino. Dossetti fra fascismo e democrazia

Il professorino. Dossetti fra fascismo e democrazia

Molteplici sono le ragioni del dover dar conto, in breve, di un’opera tanto robusta all’aspetto, le pagine sono 885, quanto suggestiva nel contenuto e nello stile della narrazione. Molto le giova infatti, senza nulla togliere al rigore scientifico (ogni pagina ha un apparato di note vastissimo da farne un racconto nel racconto), l’impianto narrativo, che poggia sull’architrave del trascorrere del tempo,1940 – 1948, e quale tempo!
Poiché lo studioso ha esposto in un’opera precedente, sempre per il Mulino, gli anni della formazione di Giuseppe Dossetti, nel presente lavoro affronta subito la svolta del 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia. Dossetti più tardi parlerà di rottura con la serenità precedente e dell’avvio graduale di una fase della vita marcata dall’impegno politico. Presa di coscienza della crisi dell’ Italia, morale e politica, e ricerca di una via d’uscita, nel clima ancora favorevole al Regime, a partire dal Rettore della Cattolica padre Agostino Gemelli. Significative per altro le pagine sul rapporto tra il grande francescano e il giovane professore di Diritto Canonico, dalle quali emerge l’intelligenza del primo nel capire lo spessore intellettuale di Dossetti, tale da non incrinare mai i loro rapporti, anzi stimolare lo stesso Gemelli a una revisione del proprio pensiero.
Dalla crisi del 1940 al passaggio alla Resistenza nella provincia di Reggio Emilia si delinea un percorso di intransigenza etica e di lucida analisi che faranno di Dossetti un protagonista nella terra d’Emilia prima e, a liberazione avvenuta, in Italia. Gli anni della lotta di Liberazione e poi dell’Assemblea Costituente hanno fuor di dubbio costruito il mito del professorino, ben a ragione; sia per il suo pensiero sulla democrazia da fondare ex-novo sulle rovine del Fascismo e anche dello Stato Liberale, sia per il rigore dell’azione verso il mondo cattolico e la DC, sia verso le sinistre in particolare il PCI. Dossetti approda alla D.C., pur convinto dell’errore di dar vita a un partito cattolico, prevedendone la futura inevitabile deriva conservatrice, ma nel contempo non indulge mai a rendere meramente tattico il suo rapporto con il P.C.I. Gli apprezzamenti nei riguardi di Togliatti in particolare a proposito della linea tenuta sul recepimento dei Patti Lateranensi non risparmiano critiche severe del suo tatticismo nel fare opposizione nel Parlamento e nel Paese (“opposizione preconcetta”); tanto meno verso l’ambiguità nella condanna delle violenze compiute da ex partigiani in Emilia. Egli arriverà a invitare pubblicamente nella piazza di Reggio Emilia coloro che agiscono nell’ombra per compiere delitti e violenze, a colpire direttamente la sua persona.
L’altro aspetto pur noto dell’esperienza dossettiana è la costituzione di quel gruppo di persone, per lo più docenti universitari, che diedero vita alla comunità del Porcellino, dal nome della via dove sta il vecchio palazzo che li ospitava nei soggiorni romani. Parliamo soprattutto di Giorgio La Pira e Giuseppe Lazzati con i quali, insieme ad Amintore Fanfani, fu molto forte la collaborazione all’Assemblea Costituente, tale da imprimere ad essa il carattere programmatico di democrazia del lavoro e dell’eguaglianza dei diritti della persona e delle comunità intermedie, che ne faranno un modello tuttora attuale e un punto di non ritorno rispetto ai tentativi di smantellarla da parte delle destre populiste. L’operato del professorino durante e dopo l’Assemblea Costituente, si svolse nel più grande rispetto sia di Alcide De Gasperi, sia di Pio XII, anzi nei riguardi del Papa si può parlare di un’obbedienza attiva attraverso il dialogo sia con monsignor G.B. Montini sia con monsignor A. Dell’Acqua. Ma tale rispetto, che giunse fino alla dedizione, non lo esonerò mai dal proporre un proprio autonomo pensiero, non sempre adeguatamente compreso dagli interlocutori. Rispetto a De Gasperi la posizione di Dossetti vuole sviluppare i contenuti sociali della Democrazia Cristiana evitando compromessi al ribasso con i partiti laici di centro; di pari rilevanza la sua valutazione del quadro internazionale dopo il trattato di pace di Parigi, mirante a non chiudere frettolosamente il dialogo con l’Unione Sovietica e avendo di mira un’ Europa non ridotta agli Stati dell’ Occidente. Rispetto alla Santa Sede, una volta portato a termine il disegno di una pace religiosa grazie all’art.7 della Costituzione, si poneva il tema del ruolo del Cattolicesimo nella crisi epocale del secondo dopoguerra. Perciò Dossetti e gli altri professorini lavoreranno per un rinnovamento teologico e spirituale capace di guardare oltre i confini ormai messi in crisi della tradizionale cristianità. “Tutto il problema dei tempi di crisi, come il presente – che sono insieme tempi di agonia e di generazione – sta appunto in questo: nel discernere l’essenza immutabile e trascendente del cristianesimo dalla contingenza e relatività delle strutture temporali della cristianità, discernere il Corpo dal Vestito”: dalla relazione tenuta alla Settimana sarda del febbraio 1948. Per la comunità del Porcellino, ma soprattutto per Dosseti e Lazzati, la stessa azione politica dei cattolici non avrebbe avuto grande respiro senza il rinnovamento della Chiesa. È l’ultimo capitolo del libro di Galavotti che si intitola “Ricominciare” a dirci come Dossetti tre anni prima dell’uscita dalla politica come membro attivo della DC e del Parlamento, approfondendo la sua riflessione teologica, pensi in termini nuovi a una struttura della Chiesa, una premonizione del Concilio senza pensare che ci potesse essere un Concilio.

Massimiliano Filippini

Enrico Galavotti, Il professorino – Giuseppe Dossetti tra crisi del Fascismo e costruzione della democrazia, il Mulino, 2013