La malattia della lettura ha aspetti molto positivi. Tra cui quello di divertirci con gli incontri casuali che si fanno nelle pagine dei libri. Ne racconto uno soltanto per introdurre il nostro tema. Nel febbraio 2010 è uscito un volume intitolato Prima lezione di metodo storico, a cura di Sergio Luzzatto che insegna Storia moderna all’Università di Torino. La sua premessa termina dichiarando lo scopo dell’opera: “fare una visita guidata all’officina della buona storiografia per combattere l’inquinamento ambientale, prodotto dagli storici finti, dagli storici servili, dagli storici irresponsabili”. Le tre categorie potrebbero servire per schedare molti degli autori che hanno parlato del nostro argomento, l’origine di casa Malatesti.
L’origine di casa Malatesti
Lasciamo fuori da ogni classificazione uno studioso inglese, John Larner (1930-2008), autore di una storia delle Signorie di Romagna (1965) riproposta due anni fa da un editore cesenate. Egli scrive che “ogni tentativo di tracciare la discendenza delle famiglie signorili dai periodi precedenti l’undicesimo secolo, o dalle località fuor di Romagna, è costretto a perdersi in una ricerca senza frutto”. Accanto a lui va posto un altro autore, Leardo Mascanzoni (associato di Storia medievale a Bologna), che mostra il pollice verso nei confronti di tali tentativi, definendo “falso” il problema delle origini dei Malatesti (2003).
Tanto di cappello ai pareri illustri di Lor Signori. Girando tra le pagine di qualche volume antico o moderno, ci permettiamo di proseguire, incuranti del fatto di poter essere multati dalle severe guardie dei sentieri storici. Partiamo da un libro un po’ vecchiotto per ricordare che in passato la ricerca delle origini malatestiane, tanto deprecata oggi, ha avuto i suoi sostenitori appassionati senza alcuno scopo di vantaggio personale.
Spunta “il Tedesco”
Di cui potrebbero essere accusati invece gli antichi intellettuali di corte. Dunque, nel 1574 appare a Venezia la prima parte (quindici libri) della storia del Regno d’Italia composta dal modenese Carlo Sigonio, vissuto fra il 1520 circa ed il 1584. La seconda parte con i restanti cinque libri esce a Francoforte nel 1591. Nel 1613 l’opera completa è pubblicata ad Hanovia oggi Hanau, nel land dell’Assia.
Nel libro VII leggiamo che nell’aprile 997 a Ravenna l’imperatore Ottone III (980-1002) nomina dei marchesi, ed onora con la concessione di alcuni feudi in Romagna, un tal Malatesta che taluni definiscono “il Tedesco” (“Germanum nonnulli fuisse perhibent”). Da costui “nobilis Malatestarum familia in hunc usque diem est in ea provincia propagata”. La raffinatezza linguistica di Sigonio ci obbliga a segnalare che egli scrive: “Malamtestam quendam […] feudis aliquot in Romaniola honestavit”. Nell’accusativo doppio di quel nome (“Malamtestam” e non semplicemente “Malatestam”), c’è traccia di un aspetto fondamentale: si tratta di un vocabolo composto. Aggiungiamo che la frase “nobilis Malatestarum familia” va tradotta: la nobile famiglia dei Malatesti (e non dei Malatesta), come già si sapeva una volta sin dalla scuola media.
Per restare nei tempi passati, ricordiamoci del settecentesco concittadino Francesco Gaetano Battaglini, uno studioso dal palato fino, che nelle sue Memorie istoriche di Rimino (Bologna 1789, p. 164, ed. an. Rimini 1976) cita Sigonio senza alcuna contestazione. Ma non tralasciamo fonti nostre contemporanee. Francesco Vitali, uno specialista in Storia europea, osserva sul web che “l’agire politico di Ottone III istituisce una chiara dipendenza della penisola dalle risoluzioni imperiali”. John Larner cita come origine dei Malatesti un fratello dell’imperatore Enrico III (1017-1056), dopo aver sostenuto che il feudalesimo in Romagna nasce al tempo degli Ottoni nel decimo secolo. Con Ottone III siamo proprio tra la fine del decimo e l’inizio dell’undicesimo.
Da Ottone III al Tedesco
Dunque, per tornare a Sigonio, chi può essere mai il Malatesta Tedesco? Ricominciamo da capo. L’arrivo dei Malatesti in Romagna è collocato al 1002, quando Ottone III nomina un suo vicario per Rimini, identificato in un figlio della di lui sorella Matilde di Sassonia, moglie di Ezzo conte palatino di Lorena. Matilde, essendo nata attorno al 980 (da Ottone II e Anna Theophania di Bisanzio), però non poteva aver generato un erede che nel 1002 fosse già in età da ricevere quella carica. Ezzo di Lorena (detto anche Erenfrido) ha un fratello, Ezzelino (+1033), che è padre di Enrico I (+1060) detto “der unsinnige”, ovvero “senza testa”.
Il vicario nominato da Ottone III potrebbe quindi essere Ezzelino, e la dinastia dei Malatesti essere così chiamata dal soprannome affibbiato ad Enrico I. Muratori osserva che spesso i soprannomi “tuttoché fossero imposti più per vituperio che per onore, tuttavia passarono di poi in cognomi di famiglia” (cfr. Annali, III, Milano 1838, p. 21). Come scrive Gaetano Moroni nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (LVII, Venezia 1852, voce “Rimini”, pp. 264-265), nella storia di Fano composta da Pier Maria Amiani (1751) “si dice che nel 969 i Malatesti possedettero alcune terre in Fano […]. Il Sigonio narra, che Ottone III dopo il 983 o più tardi, venuto in Italia e fermatosi in Ravenna, concedé in feudo alcune terre di Romagna a Malatesta suo gentiluomo che aveva condotto di Germania, e dal quale uscirono i Malatesti di Rimini, di Fano e di altre città”.
Le fonti di Amiani sono Raffaele Maffei detto il Volterrano (1451-1522) e Marcantonio Coccio detto Sabellico (1436-1506) che fu allievo di Giovanni Antonio Pandoni detto Porcelio o Porcellio (ca. 1405-1485). Pandoni visse presso la corte riminese dei Malatesti, componendo i ben noti versi elegiaci in onore di Isotta (“De amore Jovis in Isottam”). Ma, come osserva in una lettera indirizzata da Roma il 20 novembre 1801 ad Alessandro Da Morrona (1741-1821) che la pubblica nella sua Pisa illustrata nelle arti del disegno, II (Pisa 1812), il riminese Angelo Battaglini (fratello di Francesco Gaetano ed autore della Corte Letteraria di Sigismondo Pandolfo Malatesta Signor di Rimino), Pandoni fu “più storico che vate pregiato” (dal web).
“Della origine e de’ fatti…
Il giudizio di Angelo Battaglini può suggerire di ritenere valido quanto sostenuto da Sabellico, il quale fu autore di 63 volumi di storia universale. A Sabellico e Maffei non credette invece Francesco Sansovino (1521-1586) che nel libro Della origine e de’ fatti delle famiglie illustri d’Italia (1582), fa nascere la dinastia dei Malatesti “in Roma” (cc. 221-222). La pista lasciataci da Sansovino, pur partendo da Roma, rimanda però alla Germania: “… si può credere […] che ne tempi di Othone Terzo” nascesse la famiglia dei Malatesti, “e che poi sopita dall’anno 900 fino al 1248, risorgesse di nuovo nel predetto millesimo”. La notizia della famiglia “sopita” è smentita da documenti prodotti da altri autori.
Della stranezza di questo lungo silenzio è consapevole lo stesso Sansovino: “Tuttavia parrebbe gran cosa che dal 900 fino al 1248 essendo stato Malatesta arricchito da Othone di Castella, di giurisditioni, e di altri titoli di grandezza, si fosse per lo spatio di 348 anni del tutto estinta ogni memoria fino all’anno 1248 e tanto più che Arimino era camera di Imperio, e fu posseduta da gli Imperatori”. (“Camera di Imperio” significa città fedele all’impero.) Giuseppe Betussi (1515-1575) scrive nel 1547 dei Malatesti, chiamandoli “antichissimi signori di Arimino, il cui principio e la cui grandezza incomincia ai tempi di Ottone III”. Il testo è nella Addizione al libro delle donne illustri di Boccaccio (Venezia 1545-1547), al cap. 46 dedicato a Ginevra Malatesta. Questa può essere la fonte di Sigonio.
Ai nostri giorni si continua a definire frutto di “semplici fantasie” la questione delle origini germaniche dei Malatesti, ma poi si sostiene che ciò non compromette l’attendibilità di un documento del 1186 che riguarda appunto un Malatesta Tedesco. Quest’ultimo personaggio rimanda proprio all’omonimo Germanus che due secoli avanti (997) da Ottone III ricevette un’investitura, come abbiamo letto in Sigonio. L’aspetto più interessante di tutto questo discorso, è che alla sua base stanno due secoli di differenza, contratti in una breve parentesi come se fossero soltanto due decenni.
La stessa cosa succede al ricordato Betussi che identifica il Malatesta amico di Ottone III nel Malatesta che fu padre del Mastino e visse però due secoli dopo Ottone III. Betussi aggiunge che Malatesta “con l’amicizia, e autorità” di Ottone III, “dal quale ottenne più luoghi, diventò gran Signore”. Consola il fatto che, se tutto cambia nel mondo, certi abbagli sopravvivono a garantire la continuità nelle storie umane, anche in quelle scritte, sempre miste di certezze e bugie.
Scusate la brutale sincerità da lettore che non ha colpa delle cose che trova nei libri. A chi sostiene che non esistono notizie sulle origini della famiglia Malatesti, si possono contrapporre ventitrè documenti di cui diciotto inediti che saranno resi noti prossimamente. Essi raccontano un preciso itinerario tra Romagna, Marche e Toscana.
Antonio Montanari