Anche per lui sono arrivate le vacanze, questa volta davvero lunghe. In pensione dal primo settembre 2008 dopo quarant’anni di carriera, Bruno Bartoletti dice arrivederci attraverso un’intensa lettera scritta: la sintesi di una vita vissuta sia da insegnante che da preside.
Originario di Sogliano al Rubicone, lo scrittore e poeta Bruno Bartoletti ha dedicato la sua vita alla scuola e al più bel mestiere che consente di far viaggiare la conoscenza. Terminati nel ’67 gli studi di letteratura all’Università di Torino, rinuncerà alla nomina di assistente ordinario pur di dedicarsi all’insegnamento negli istituti tecnici. Poi, il passo successivo sarà quello di Preside a discapito della sua più grande passione. In questi anni intreccia il lavoro quotidiano con la poesia; pubblica opere tra le quali Parole di ombre, Il tempo dell’attesa, L’insostenibile leggerezza dell’essere fino a Briciole di Poesie (che gli ottengono premi e plauso della critica), l’omaggio che include la sua lettera di commiato insieme a diversi componimenti.
Che cambiamenti ha visto nella scuola in quest’arco di tempo di quarant’anni?
“La scuola di un tempo era basata sulla conoscenza e sulla competenza dei suoi insegnanti. Oggi si guarda alla formazione tralasciando la preparazione culturale; entrano nelle aule l’educazioni ambientale, stradale, alimentare ecc… Non voglio dire che la scuola di allora sia migliore, ma forse recuperare la preparazione, nel senso tradizionale del termine, ovvero quel bagaglio di conoscenze basilari, sarebbe un bel traguardo. Le faccio alcuni esempi: nelle scuole medie non si può togliere un’ora d’italiano per fare i laboratori, non si può iniziare lo studio della storia dalla caduta dell’impero romano tralasciando tutta la civiltà classica e romana, non si può non studiare l’Italia in favore dell’Europa. La storia italiana è fondamentale per la formazione di un nuovo individuo. Stesso discorso per la geografia, nessuno la studia più come si deve, basta un quiz in televisione per mettere in evidenza quanta ignoranza ci sia in materia”.
Infatti lei dice in un passo della sua lettera: la Conoscenza come patrimonio indispensabile per Essere persone che ogni giorno devono misurarsi con i problemi e cercarne le soluzioni..
“Oggi i giovani non si accorgono di quanto perdono. La scuola, insieme alla famiglia, è l’istituzione in primis per definire nuove persone. Ciò può avvenire grazie ad insegnanti competenti, in grado di rendere interessanti anche le materie più ostiche e soprattutto capaci di stimolare gli alunni a nuove forme di conoscenza come la lettura”.
A proposito di lettura, è davvero così di nicchia l’arte del leggere?
“Un’eccezione. Non c’è spazio per la lettura, esiste il cellulare, la playstation ecc… I ragazzi che leggono sono pochi, quasi delle rarità”.
Lo stesso discorso vale per la poesia, da lei tanto amata?
“Durante i miei anni scolastici come preside ho sempre favorito concorsi di poesia perché credo sia un modo per educare alla sensibilità; in questi tempi di atrofizzazione emotiva la poesia è una delle poche cose che ci salva. La risposta dei ragazzi è sempre stata positiva. Scrivere poesie è un colloquio con se stessi; è un sentiero alternativo per confrontarsi con il proprio mondo interiore, forse più accessibile ai ragazzi. Definirei la poesia una forma di conoscenza quasi quanto la scienza, se non migliore”.
Marzia Caserio