Home Vita della chiesa Il Pastorale del Vescovo, il vincastro del buon Pastore

Il Pastorale del Vescovo, il vincastro del buon Pastore

Quando il Vescovo viene a visitarci nelle parrocchie o celebra in Duomo porta con sé quello che viene detto il pastorale. A me sembra uno strumento un po’ arcaico. Qual è il suo significato antico e come può essere valido ancora oggi?
Daniela Giorgini

Risponde Elisabetta Casadei,
insegnante di teologia

Il pastorale è uno dei simboli più visibili dell’Introito della messa quando è presieduta dal vescovo: il bastone, o vincastro, che anche il nostro vescovo impugna quando fa il suo ingresso in mezzo all’assemblea per dirigersi all’altare.
Esso richiama il ramo di salice da vimini (il vinco) usato dai pastori per guidare il gregge e per difenderlo, allontanando i cani randagi o i lupi, ma anche per riprendere le pecore che si allontanano, grazie alla sua estremità ricurva.
Il pastorale è quindi segno di guida, di cura e di protezione e, in generale, è richiamo del profondo legame tra il Pastore e il suo popolo, come più volte risuona nella Scrittura: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce.[…] Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza» (Sal 23); oppure: «Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. […] Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte» (Ez 34). Gesù stesso, inoltre, si definisce il buon Pastore; anzi, il pastore “bello”, che affascina e attrae dietro di sé: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10,11).

Quando perciò il vescovo attraversa la navata con i paramenti liturgici impugnando il pastorale, è Cristo stesso che fa il suo ingresso in mezzo al suo popolo come Buon Pastore: nel vescovo, è Cristo-Pastore che viene cioè a radunarci in un solo gregge quando entra; a guidarci con la sua Parola quando viene proclamata; a darci la sua vita nel pane e nel vino; a proteggerci e a guarirci con la forza della grazia che scaturisce dall’Eucaristia. Infatti, il vescovo impugna il pastorale non solo quando entra, ma anche durante la proclamazione del Vangelo (e a volte durante l’omelia), quando amministra i sacramenti, quando imparte la benedizione e nella processione di congedo.

L’uso del pastorale è piuttosto antico (V sec.) e nei vari secoli e luoghi presenta diverse fogge; tuttavia, è sempre stato segno dell’autorità di Cristo, di piena giurisdizione (perciò lo portano anche gli abati), tanto che ai vescovi indegni a cui era tolto il ministero, veniva spezzato.
Può essere di legno o di metallo prezioso, perché entrambi i materiali manifestano l’autorità di Cristo: umile e divina, mite e nobile. È in uso, inoltre, anche nella Chiesa ortodossa (con la croce ricurva), anglicana e luterana.
Il pastorale non è un segno strettamente liturgico, ma episcopale, legato cioè alla più ampia missione del vescovo, che è quella di insegnare, guidare e santificare.

Il nostro vescovo Francesco, come tutti gli altri vescovi, l’ha ricevuto durante la sua ordinazione episcopale (insieme alle altre insegne: il Vangelo, la mitra e l’anello) da un altro vescovo (consacrante) che gliel’ha consegnato con queste parole: «Ricevi il pastorale, segno del tuo ministero di pastore: abbi cura di tutto il gregge nel quale lo Spirito Santo ti ha posto come vescovo a reggere la Chiesa di Dio». Egli può usarlo infatti solo all’interno della Diocesi di Rimini; fuori di essa solo con il consenso del vescovo del luogo; viceversa, può acconsentire che altri vescovi usino il pastorale nella Chiesa di Rimini, come è accaduto pochi anni fa, quando, in segno di grande cordialità, nella celebrazione eucaristica, ha offerto il suo pastorale al neo-eletto vescovo Paolo De Nicolò, fratello del nostro vescovo Mariano.
Un discorso a parte merita il pastorale del Papa, chiamato anche ferula o “croce piscatoria”, cioè di Pietro pescatore, poiché porta sempre una croce all’estremità superiore.

Terminiamo, con un’esortazione e questa volta ce la offre uno dei più grandi vescovi della storia: Sant’Amborgio. «Il bastone pastorale – scrive il vescovo di Milano – deve essere al fondo appuntito per spronare i pigri, nel mezzo diritto per condurre i deboli, in alto ricurvo per radunare gli smarriti». Se ci capita di partecipare ad una messa presieduta dal nostro vescovo Francesco, quando lo vediamo arrivare con il pastorale verso di noi, per iniziare meglio l’eucaristia non sarebbe male domandarci: «Da che parte potrebbe prendermi oggi il Buon Pastore con il suo vincastro?».