“Ho avuto il piacere di essere presente quando, poco più di un anno fa, abbiamo acceso per la prima volta il forno a Gwandumehhi ed ha sfornato pane, biscotti e pizza. Dopo aver provveduto alla inaugurazione e alla benedizione della ’Casa del pane di Paola’, con le tante persone del luogo che si erano radunate, abbiamo cenato assieme. Ricorderò per sempre gli sguardi e i sorrisi dei tanti bambini che per la prima volta hanno assaggiato il pane del nostro forno”.
È la testimonianza di Peo, uno dei volontari che ha costruito la prima “Casa del pane di Paola” in Tanzania, iniziativa promossa da Luciano Bagli e dalla moglie Lella per ricordare la figlia Paola. All’idea, nata su richiesta delle suore Francescane missionarie di Cristo in Tanzania, avevano da subito aderito la Protezione Civile di Rimini e il movimento Cristiani nel Mondo del Lavoro (CML).
Il forno, inaugurato febbraio del 2018, ha dato lavoro da subito a quattro/cinque persone. L’iniziativa funziona tanto bene che dopo solo un anno, “con grande sorpresa e gioia”, arriva una nuova richiesta dalle suore della missione che non riuscivano a far fronte alle tante richieste di pane: servirebbe un altro forno e una struttura più grande.
La reazione è tutta “alla riminese”. Lella dice: “La solidarietà contagia, il bene si moltiplica”. E Peo commenta “Se attraverso la realizzazione di questo nuovo progetto il risultato è quello di moltiplicare quegli sguardi, quei sorrisi, credo davvero che abbiamo centrato l’obbiettivo ed è la ricompensa più bella che si possa desiderare, che copre abbondantemente l’impegno e la fatica che ci aspetta”.
E allora tutti al lavoro per raccogliere fondi attraverso iniziative, le più diverse. “Siamo meravigliati dalla generosità di tante persone, abbiamo toccato con mano che la solidarietà contagia e si è così riusciti ad acquistare tutto il necessario” ci dice Luciano.
Il 2 novembre, finalmente, dopo quattro mesi dalla partenza dal porto di Ravenna, il container con un forno più grande, i macchinari, l’attrezzatura e la struttura prefabbricata per l’ampliamento, è arrivato a Gwandumehhi, dove c’erano ad aspettarlo un gruppo di otto amici della Protezione Civile di Rimini e del CML di Rimini, pronti ad assemblare la struttura e mettere in funzione i nuovi macchinari. Ed è quello che hanno fatto in venti giorni di duro lavoro (“con tanta gioia nel cuore” come hanno scritto su Facebook, dove ogni giorno si potevano seguire le operazioni di montaggio).
Ma il progetto del forno è stata l’occasione per pensare anche ad altro. Perché da cosa nasce cosa. Nel container sono state inviate anche macchine per maglieria, donate da benefattori. Ebbene sono già in funzione. Una suora ha fatto un corso per poter insegnare ad altri e l’obiettivo ora è quello di aprire un laboratorio di maglieria per dar lavoro ad alcune donne.
Però la storia non sembra finire qui. Dopo aver concluso l’ampliamento del forno, gli otto volontari si sono trasferiti nella nuova missione delle Suore Francescane di Cristo, aperta a gennaio di quest’anno, a Musoma, vicino al lago Vittoria. L’obiettivo è vedere come poter essere utili anche in quella zona. Davvero la solidarietà è un virus contagioso.