Siamo in un periodo in cui lo Stato, in bolletta, dichiara di non avere più soldi per la conservazione del patrimonio artistico, e in cui le Istituzioni, anche bancarie, si sono fatte molto avare di contributi. Per fortuna si stanno cominciando a muovere alcuni privati, dimostrando una nuova sensibilità per la cultura, per il decoro e per la religione. È appunto grazie ad associazioni private e a singoli privati donatori, spesso volutamente anonimi, che a Rimini (e dintorni) sono stati eseguiti alcuni importanti restauri, che si stanno approntando le pratiche per eseguirne di nuovi, e che ultimamente è stato restaurato un dipinto nella chiesa di Sant’Andrea dell’Ausa, più nota come la chiesa del Crocifisso.
Quest’ultimo restauro è stato inaugurato mercoledì 17 di marzo, ed ha permesso la comprensione e l’apprezzamento di una tela dell’inizio del Seicento finora praticamente sconosciuta, e con un soggetto molto pertinente al periodo quaresimale: un Cristo in pietà compianto dagli angeli. Il restauro, perfettamente riuscito, è stato compiuto grazie al finanziamento di un anonimo parrocchiano nel laboratorio bolognese di Adele Pompili, a completamento di un lavoro dovuto una trentina d’anni fa alla Soprintendenza, un lavoro strettamente conservativo che aveva messo in sicurezza una vecchia tela gravemente danneggiata dalla guerra.
Ora vale la pena osservare il bel dipinto restituito alla sua integrità: ci presenta una scena abbastanza rara, ma di facile comprensione. Ha come protagonista il corpo di Gesù, mostrato in tutta la sua fragilità e bellezza, già posto nel sepolcro dove è stato lavato e profumato dalle pie donne, che però sono state costrette ad interrompere il loro pietoso lavoro all’avvicinarsi della notte del sabato. Alla loro partenza sono giunti gli angeli, che si incaricano della veglia funebre: hanno liberato il corpo dal sudario in cui era stato avvolto, e lo sollevano dalla “pietra unguentaria” su cui era composto per ammirarlo e adorarlo. Due di loro lo illuminano con grandi ceri.
Dunque non si tratta di una deposizione, né di un compianto, ma di una scena diversa, di una “veglia funebre” che ha come protagonista il Corpo di Gesù, quel Corpo che continua a farsi realmente presente sull’altare al momento della Consacrazione, e che è sempre presente nelle specie eucaristiche conservate nel Tabernacolo. Il Concilio di Trento, concluso nel 1563, aveva riaffermato la realtà del mistero della Consacrazione e l’importanza delle confraternite del Corpo di Cristo (o del Santissimo Sacramento), quasi sempre incaricate della cura dell’altare principale delle chiese parrocchiali. Il nostro dipinto è dunque perfettamente coerente con le direttive del Concilio tridentino, e forse adornava l’altare del Santissimo nella vecchia chiesa del Crocifisso. È stato eseguito da un pittore di educazione manierista che si è ispirato ad un modello illustre: un ammiratissimo dipinto romano del famoso Taddeo Zuccari, di cui esistono molte derivazioni (una è nella chiesa dei Cappuccini di San Marino) e che quindi era ben conosciuto e apprezzato. Il pittore non ha firmato la sua opera, ma sembra essere il ravennate Bernardino Guarini (o Guerrini), che all’inizio del Seicento ha lavorato molto a Rimini e dintorni insieme al figlio Vitale. Due sue belle tele del 1610 si possono ammirare nel Museo di Saludecio. Le altre sue opere riminesi sono state distrutte dalla guerra. Il restauro di questa tela permette dunque anche di recuperare la testimonianza di un pittore praticamente scomparso dall’orizzonte artistico della città, un pittore non certo eccelso, ma capace di dar forma concreta a quelle che erano le direttive della Chiesa in un momento delicato di lotta al protestantesimo e di trapasso fra il grande rinascimento e l’incipiente barocco.
Pier Giorgio Pasini