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Il mondo era la sua parrocchia

Centenario della nascita di don Oreste Benzi. L’apertura è stata una “festa” Prima in Sala Manzoni, poi in Cattedrale e bagnati dalla pioggia agli Agostiniani

La forza della tenerezza: cent’anni di don Oreste” è stato il titolo dell’assemblea che ha dato il via, sabato 14 settembre, alle celebrazioni del Centenario della nascita del sacerdote riminese. Sala Manzoni era stracolma e si sono tanti seduti nel cortile della diocesi davanti ad un maxi-schermo aiutati da una giornata fresca ma soleggiata, dopo giorni di pioggia.

Oltre al card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, si sono alternati l’economista Stefano Zamagni, già allievo di don Benzi, presidente del Comitato del Centenario; mons. Nicolò Anselmi, Vescovo di Rimini; e Matteo Fadda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII.

All’incontro, moderato dalla giornalista del “Corriere della Sera” Elisabetta Soglio, sono stati presentati due nuovi libri su don Benzi ( vedi scheda in basso).

Il cardinale Zuppi riprende la riflessione di apertura del vescovo Nicolò. “ Mi sorprende il fatto che don Oreste sia sempre rimasto un parroco. Certamente atipico, ma sempre legato alla sua diocesi, in obbedienza al Vescovo, e alla sua parrocchia. Il mondo era la sua parrocchia. Ciò che lui viveva nella sua parrocchia poi lo viveva nel mondo.

Don Oreste aveva una santa inquietudine che lo ha portato a creare una grande famiglia, fatta di famiglie, che accoglie tutti: prostitute, disabili, tossicodipendenti, carcerati. Senza voltarsi dall’altra parte, smascherando l’indifferenza del potere”.

Poi il cardinale ricalca una famosa espressione di don Benzi: “I cattivi devono diventare buoni, ma i buoni simpatici”. “ Don Oreste era sempre sorridente, era incline ad una simpatia che esprimeva senza nessun compiacimento, figlia della condivisione e non dell’ambiguità. Era un prete baciato da una santità che non invecchia”. Infine il Presidente della Cei si lascia andare ad una considerazione che hanno fatto in tanti durante questo pontificato. “ A volte, ascoltando alcune espressioni di Papa Francesco, penso: «Ma questa frase l’ha scritta don Oreste, glie l’ha suggerita lui», oppure «Il Papa l’ha scopiazzata da qualche scritto del don». Penso a quell’espressione di Papa Francesco in

cui paragona la Chiesa come ad un ospedale da campo. Un paragone che ha usato sin dall’inizio del suo pontificato. Ecco, mi pare che Don Oreste abbia vissuto il mondo come un ospedale da campo.

Si fermava con i feriti e coinvolgeva tutti”. Qui Zuppi si sofferma a chiarire un aspetto che è divenuto attuale in questi anni.

“A volte si dice che la Chiesa sembra una Ong, ma la Chiesa non è una Ong e don Oreste lo ha dimostrato perché lui era avvolto nella preghiera, la sua giornata iniziava e finiva davanti al tabernacolo. Con don Oreste la Chiesa era vicino alla sofferenza”.

L’ultima battuta è per la locandina dell’evento. “ Guardate questo manifesto. Il don ti guarda con disarmante semplicità e con tanta paternità. La simpatia di don Oreste era disarmante, questa è una grande lezione. Papa Francesco ce lo ricorda: «Non andate in giro con una faccia da funerale».

La simpatia di don Oreste era la simpatia verso l’umano”.

Dalla storia bimillenaria della Chiesa sappiamo che tante sono le vie la santità. Quella di don Oreste ha qualcosa di unico ed originale: lui è riuscito a tenere in armonia la vita contemplativa con quella attiva.

– ha spiegato Stefano Zamagni, che è stato con lui “ da ragazzo fino all’università”, sempre attento agli aspetti educativi dell’operato del sacerdote – È un esempio oggi è più attuale che mai. Don Oreste ci ha lasciato un metodo, che significa «via» in greco, per arrivare alla santità: unire l’azione alla devozione. Quello che ricordò nel suo ultimo discorso alla Settimane Sociali di Pisa, che io presiedevo e che è rimasto come una sorta di testamento spirituale”.

Infine è intervenuto Matteo Fadda, da poco più di un anno presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII. “ Don Benzi ci parlava della società del gratuito, ma in realtà questa è un’invenzione di Gesù perché essa ha il suo fondamento nel Vangelo”. Fadda ha sottolineato l’impegno ecumenico di don Oreste che è divenuto un tratto distintivo della Comunità. “ Lavorare insieme, con tutti gli uomini di buona volontà che cercano il bene comune. Don Oreste ci ricordava che dobbiamo smettere di affannarci a fare le nostre storie, della propria associazione, della propria parrocchia, del proprio gruppo politico ed iniziare a fare la storia con la S maiuscola, quella che coinvolge tutti, lavorare insieme, per la liberazione dalle ingiustizie. Don Oreste ci diceva che la mia libertà inizia dove inizia la tua. Anche il Ministero della Pace va in questa direzione, non ci dobbiamo preoccupare di combattere la guerra ma di costruire la pace e di vivere nella pace”.

Dopo il convegno ci si è spostati in un Duomo stracolmo, con centinaia di persone rimaste fuori davanti al maxi-schermo, per partecipare alla Santa Messa presieduta dal cardinale Matteo Zuppi. Infine l’apericena sul sagrato con un migliaio di persone: tra loro senzatetto, ragazzi in recupero dalle dipendenze, disabili, ospiti delle case famiglie. Una grande festa per tutti, un banchetto per gli ultimi. La giornata si è conclusa nella Corte degli Agostiniani (prima di rifugiarsi in Sala Manzoni per la pioggia) per la proiezione del documentario sulla figura di don Benzi, Il Pazzo di Dio. La regia è di Kristian Gianfreda, che ha seguito don Benzi in numerosi viaggi in Italia e all’estero, sempre con la telecamera in spalla. Alla presentazione era presente Fabrizio Zappi, direttore di Rai documentari.

Luca Luccitelli