Un mistero da svelare. Un quadro che nel tempo ha alimentato dubbi e perplessità.
Stiamo parlando del dipinto che si trova a Frontino in provincia di Pesaro-Urbino, raffigurante una Madonna sul trono. Sopra la sua testa due angeli che la incoronano. In braccio il bambino che regge uno scapolare. Alla sinistra del trono c’è san Girolamo che offre alla vergine una chiesa, mentre a destra c’è san Giovanni che indica il bambino. Ai piedi della Madonna un angelo che suona il liuto. Tra il trono e san Giovanni un uomo vestito di nero che in ginocchio rivolge le sue preghiere alla Madonna (si presume possa essere il committente dell’opera). E poi il cartiglio. Risiede qui il mistero, nel cartiglio. il piccolo lembo dipinto, porta infatti il nome di Giovanni Bernardino da Longiano, a data 1560. Attribuita allo stesso anno è la menzione di un frate, Bernardino, longianese, che per un lungo periodo ha ricoperto a Rimini il ruolo di Inquisitore del S. Uffizio della città.
Eccolo il mistero. I due sono la stessa persona? È possibile, partendo da quella data “1560” stabilire che i due sono in realtà la stessa persona?
Un’identità celata o un errore di attribuzione?
Tutti ingredienti che hanno spinto lo storico Oreste Delucca a scavare tra le carte e la polvere per risolvere il mistero. Così è nata una pubblicazione. Giovanni Bernardino da Longiano, pittore del Cinquecento, edito da La Stamperia, che tenta di ricostruire la storia dei due, attraverso i segni “cartacei” lasciati dal loro passaggio.
Sulle tracce del frate
Dopo aver elencato tutta una serie di informazioni sull’Inquisitore di Longiano, Delucca comincia a spiegare il modo in cui ha lavorato: “Fin qui, tutte le notizie relative a frate Bernardino derivano da segnalazioni indirette. Volendo cogliere qualche documento di prima mano, ho cercato di sondare le carte superstiti. Dalle fonti riminesi non è emerso alcun riferimento: nei numerosi verbali di convocazione del Capitolo francescano, il frate longianese non compare mai. Segno che, pur operando a Rimini quale Inquisitore, non era associato al Capitolo cittadino. Ho quindi ripiegato sulle fonti forlivesi e segnatamente su quelle notarili, con prospettive non facili perché normalmente risulta abbastanza improbabile rintracciare un religioso (che vive il voto di povertà) entro una documentazione a prevalente carattere patrimoniale. Fortunatamente per noi, frate Bernardino ha compiuto qualche operazione a nome del convento di Longiano e a nome di alcuni suoi familiari”. A questo punto lo storico presenterà tutta una serie di carte che documentano l’esistenza del frate, aggiungendo informazioni importanti relative sia a lui sia alla sua famiglia. Scriverà Delucca: “Questa sequenza documentaria, che spazia dal 1545 al 1561, restituisce spessore alla figura di frate Bernardino da Longiano, assegnandolo con certezza al casato dei Magnani, un cognome palesemente derivato dalla loro professione di fabbri. Dunque, non più soltanto notizie indirette e riprese da altri, ma elementi concreti che ne materializzano la persona, collocandola senza possibilità di dubbio nei decenni posti intorno alla metà del XVI secolo”.
In tutti questi documenti, però non v’è traccia della possibile attività pittorica del frate. Da dove nasce allora l’idea del frate pittore? “La mancanza di riferimenti scritti lascia supporre che questa convinzione si sia formata di recente”, a causa di quel “1560”; ma continua Delucca: “Analizzando la firma posta nel cartiglio del quadro del Frontino, merita sottolineare due aspetti: innanzitutto non appare la dicitura frater Bernardinus, come sarebbe logico attenersi da un Minore Francescano; viceversa compare il doppio nome Iovanes Bernardinus. Si obietterà che è una sottigliezza senza importanza; ma non proprio, soprattutto considerando che l’indagine archivistica ha fatto emergere un dato: nel Cinquecento sono numerosi gli abitanti di Longiano a chiamarsi Bernardino, o ad averlo come secondo nome. Inoltre l’iscrizione, piuttosto popolaresca, non sembra corrispondere al raffinato livello culturale riconosciuto a frate Bernardino”.
Stiamo parlando di due persone diverse, quindi. Pare di si, o perlomeno non esiste nessuna fonte documentaria riferita al frate che lo dichiari un pittore, inoltre non esiste nessun fondamento per attribuire a lui il quadro del Frontino. È questa la tesi dello storico riminese, che aggiunge: “se tutto questo non esclude in maniera tassativa una sua eventuale (per quanto improbabile) attività pittorica, una cosa comunque risulta indiscutibile: l’autore del quadro di Frontino non è lui”.
Questa conclusione viene appena annunciata, seguiranno poi una serie di documenti che “dimostreranno senza ombra di dubbio” l’esistenza, in quegli anni, di un pittore a Longiano dal nome Giovanni Bernardino.
Sulle tracce del pittore
A questo punto, il testo offre la caccia, lo scavare nella società cinquecentesca di Longiano, realizzata dallo storico e dalla quale scaturisce la sua tesi. L’indagine si è concentrata sugli atti del Fondo Notarile conservati presso l’archivio di Stato di Forlì, perchè l’Archivio Comunale di Longiano presenta delle lacune, specialmente nel periodo che lo storico ha indagato. Centodieci i volumi presi in esame, coprendo la storia di circa un cinquantennio, dal 1525 al 1575, per un totale di quindicimila documenti visionati. Il duro lavoro, però è stato utilissimo, in particolar modo per ricostruire il quadro familiare del pittore. 80 i rogiti che sono stati utili a questo scopo.
Scriverà Delucca. “Giovanni Bernardino è nato sicuramente a Longiano, come viene specificato in ogni atto; ignoriamo l’anno della sua nascita, da collocarsi con ogni probabilità nel terzo decennio del Cinquecento. Suo padre però non era del luogo, ma apparteneva alla schiera di artefici professionalizzati che a quel tempo si spostavano in gran numero alla ricerca di migliori fortune. Il genitore si chiamava Tomaso di Giacomo e veniva dalla Lombardia. A forza di ricevere l’attributo Lombardo, aveva finito per vedersi assegnato il cognome Lombardi. (…) Maestro Tomaso era un sarto”.
Dopo la morte del padre, Bernardino riceve eredità e comincia a stipulare contratti di compravendita e atti di vario tipo, ad ogni modo: “Giovanni Bernardino trascorre una vita piuttosto intensa nel castello natìo, acquistando e vendendo case o terreni, commerciando grano ed olio ricavato non solo dalle sue proprietà, ma anche dal mercato locale o dalla piazza di Savignano”.
Nel 1564 il pittore parte per Roma. Un viaggio che al tempo doveva sembrare quasi un’impresa visto che per l’occasione il pittore fece addirittura testamento, nominando inoltre un procuratore per la gestione dei suoi affari. “Questa notizia indiretta, rappresenta una delle poche tracce documentarie riguardanti la professione pittorica di maestro Giovanni Bernardino. È risaputo che le fonti notarili, uniche superstiti, si riferiscono principalmente a questioni patrimoniali; i patti relativi ai dipinti consistevano spesso in accordi orali, oppure in scritture private difficilmente conservatesi, oppure in contratti dispersi in altre sedi. (…) Un’altra intesa, fortunatamente è giunta ai nostri giorni: riguarda l’esecuzione di una importante opera a Cesena. In data 19 dicembre 1565, infatti, compare una convenzione stipulata fra la comunità cittadina e maestro Giovanni Bernardino (che alternativamente è detto Giovanni Berardino o Bernardino) «pitore da Longiano»; costui si impegna a dipingere, nella celletta di nuova realizzazione entro il palazzo pubblico, una Madonna ed una Maddalena con in grembo Gesù Cristo deposto dalla croce, le figure di San Severo e San Mauro, nonché il cielo della cella”.
Fine della storia
“Sono soddisfatto solo a metà”, con queste parole Delucca tira le fila del suo lungo e documentato discorso. Certo è che del pittore si sanno ora, grazie al suo lavoro, tante cose, ma
“la ricerca è un lavoro mai concluso. (…) Molteplici e rilevanti gli aspetti ancora da scoprire”.
Corredano i testi e le esaustive spiegazioni dei documenti delle foto interessanti, che mostrano la tela del Frontino in molti particolari, ma anche delle foto storiche e le immagini dei documenti descritti nella ricostruzione della vita dei due. Mistero svelato.
a cura di
Angela De Rubeis