Da un Pontefice all’altro. Il Vescovo di Rimini Francesco Lambiasi è stato tra gli ultimi ad incontrare ufficialmente Papa Benedetto, in occasione della visita ad limina, una settimana prima della rinuncia al soglio di Pietro. Ed ora ha già avuto modo di incontrare il successore, Papa Bergoglio.
C’è chi dice che la prima impressione sia quella giusta. Vescovo Francesco, Lei quale sensazione ha ricavato dal Pontefice argentino in questo primo incontro?
“Papa Francesco è un uomo dotato di grande umanità, è uno che «ci crede», che ha incontrato Cristo, ha trovato la perla preziosa. È un vero pastore, gli si sente addosso l’odore delle pecore di cui parla spesso, ha a cuore il bene del gregge che gli è stato affidato. Vive la missione, ma non appare schiacciato da questa enorme responsabilità, perché è uomo di fede: lo si vede abbandonato al disegno di Dio sulla sua vita. Papa Francesco è un pastore che non ha nessuna intenzione di oscurare Cristo Buon Pastore”.
Dietro alla mitezza dell’eloquio e la semplicità dei modi, in realtà Papa Francesco lancia sempre messaggi molto forti, ai cristiani in primis, che spesso tenta di scuotere dal torpore.
“È vero. Sarebbe facile snocciolare una litania di espressioni che sono rimaste scolpite nel cuore già in questo primo scorcio di pontificato.
Per esempio: «Come si fa ad annunciare Cristo con ’facce da funerale’?». E ancora: «Il Concilio non possiamo ridurci a commemorarlo o ad archiviarlo. Alcuni vogliono tornare indietro ma questo significa far resistenza allo Spirito Santo». «Non facciamo i cristiani da salotto». «Non riduciamo Dio ad uno spray». «Senza la fede nella croce non andiamo da nessuna parte»
Papa Bergoglio tocca il cuore. Parla il linguaggio evangelico dei paradossi: la croce non è vittimismo ma gioia e perfetta letizia, la Chiesa non è una pietosa Ong ma è una permanente Pentecoste.
Preferisce il linguaggio dei gesti: come non ricordare commossi il suo primo saluto da Papa appena eletto?! Come non rimanere colpiti dal suo voler arrivare a tutti, dallo scendere dalla papamobile per salutare bambini e ammalati?! Come non rimanere colpiti dalla sua sensibilità pastorale, dimostrata nella sua prima visita come Vescovo di Roma alla parrocchia Santi Elisabetta e Zaccaria?! Vedi anche la sua scelta di abitare a Santa Marta, di pranzare alla mensa comune, di celebrare ogni mattina la S. Messa e di tenere l’omelia? Ogni gesto di questi vale un’enciclica”.
E il messaggio sulla Chiesa dei poveri?
“La Chiesa dei poveri non è una patetica metafora ma è una chiamata che viene da lontano, da Gesù. Se non ci ricordiamo che i poveri sono la carne di Cristo, allora tutto si riduce a filantropia, ma la filantropia non regge di fronte alle domande ultime, non porta alla carità evangelica, al martirio, all’offerta della vita per amore”.
E altro messaggio forte lanciato dal Papa?
“È quello relativo ad una brutta malattia che riguarda la Chiesa: l’autoreferenzialità. «Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, incorsa in un incidente, che una Chiesa ammalata per chiusura! Uscite fuori!». Uscite nelle periferie del mondo e della vita. Una frase che conservo nel cuore e nella mente”.
E un messaggio per voi Vescovi?
“L’ho sentito direttamente quando l’abbiamo incontrato nella Basilica di San Pietro come Vescovi della Cei. «Noi pastori non siamo i burocrati della fede» ma dobbiamo camminare alla testa del gregge, per guidarlo; in mezzo al gregge per condividerne il cammino; e dietro al gregge per difenderlo e sostenerlo”.
Cosa l’ha colpita maggiormente in questo primo scorcio del pontificato di Papa Francesco? Quali sono a suo avviso i tratti caratteristici?
“Segnalo tre aspetti. Il primo è la ricca umanità del Papa. È così attento alle persone, che vorrebbe salutarle quasi ad una ad una. Dedica molto tempo delle udienze al contatto con le persone.
Un secondo tratto è la concretezza. Si vede da come parla che è pienamente aderente alla realtà, alle situazioni, ai contesti vitali.
Il terzo è la fiducia, frutto di una profonda umiltà e di grande abbandono al Signore. Si percepisce a pelle che Francesco è un uomo innamorato di Cristo e della sua Chiesa”.
Abbiamo visto in televisione che mentre lo abbracciava gli ha rivolto alcune parole…
“Ci siamo scambiati un abbraccio molto cordiale e l’ho ringraziato per aver accettato questa tremenda responsabilità e di portarla avanti con mitezza e grande docilità allo Spirito. Gli ho chiesto inoltre di benedire tutta la nostra Diocesi”.
Prima dell’elezione al soglio pontificio, mons. Bergoglio era praticamente assente dalle librerie italiane, se si eccettuano un paio di saggi. Dalla sua elezione pontificia ad oggi, abbiamo assistito ad un florilegio di pubblicazioni a lui dedicate. Ha letto qualche volume tra quelli appena usciti in libreria? Ritrova in quelle pagine il Santo Padre che ha conosciuto di persona?
“Sinceramente non ho letto nessuna tra le biografie dedicate al Papa. Preferisco leggere invece i suoi scritti e ascoltare ciò che mi dicono i testimoni diretti: per esempio i vescovi che lo hanno incontrato. Ma soprattutto – ripeto – mi piace leggere le omelie e i discorsi di Papa Francesco. Nella semplicità del linguaggio del Papa argentino traspare l’intensa profondità del messaggio evangelico”.
Quale invito del Papa ritiene più facilmente declinabile per la comunità ecclesiale riminese?
“Di guardarci dall’autoreferenzialità. E di saperci muovere verso le periferie della città e della vita delle persone”.
(a cura di Paolo Guiducci)