Il prossimo 15 maggio, la Chiesa tutta celebrerà la canonizzazione di Titus Brandsma, frate carmelitano olandese ucciso nel campo di concentramento di Dachau, in Germania. Abbiamo pensato di condividere con voi i tratti salienti di questa meravigliosa figura attraverso tre tappe mirate ad abbozzare un ritratto, per quanto limitato, della sua vita, della sua spiritualità e della sua testimonianza nei lager nazisti.
Anno Sjoerd Brandsma nasce ad Ugokloster, nella regione della Frisia (Olanda del Nord), il 23 febbraio 1881. Il 17 settembre 1898 entra nell’Ordine dei Carmelitani.
Da questo momento cambierà il proprio nome in Titus. Egli si rende conto che in una società sempre più laicizzata, la stampa può rappresentare un nuovo metodo di evangelizzazione cattolica e inizia la sua attività giornalistica che lo porterà ad essere nominato, nel 1935, da mons.
De Jong, Assistente Nazionale dei Giornalisti Cattolici d’Olanda.
La sua vita diviene sempre più una chiave che scardina tutte le chiusure, una pagina bianca su cui scrivere una storia diversa: testimone di Cristo sulle strade degli uomini.
Ha una particolare predilezione per i poveri e per gli ultimi della società, attenzione che non verrà mai meno nemmeno quando verrà eletto Rettore Magnifico dell’Università Cattolica di Nimega. Con la stessa energia egli si dedica ad un percorso d’incontro ecumenico fra i fratelli divisi della Chiesa cristiana e coltiva un profondo interesse per la filosofia e la mistica. L’instancabile attività di Titus s’innesta in una salute molto cagionevole che lo costringe a rimanere anche lunghi periodi a letto.
Nel frattempo il Nazismo invade anche l’Olanda e padre Titus intuisce che il Regime cerca di sovvertire le verità indiscutibili della dignità umana attraverso la scuola e la stampa: questo lo esporrà in prima persona contro il Nazismo nella veste di religioso, in quella di preside dell’Organizzazione delle Scuole Cattoliche e nel suo ruolo di Assistente Nazionale dei Giornalisti Cattolici.
Padre Titus prenderà posizione contro il decreto nazionalsocialista che impone di non accettare ragazzi ebrei nelle scuole così pure contro il decreto che obbliga i giornali cattolici a pubblicare inserzioni nazionalsocialiste.
Il 30 dicembre 1941 viene convocato dall’arcivescovo di Utrech: si ritiene necessario creare un fronte unico di opposizione all’interno della stampa cattolica coinvolgendo tutti i direttori dei giornali. Il nostro frate carmelitano si offre volontario lavorando egli stesso alla stesura della lettera che consegnerà personalmente a tutti i direttori dei giornali cattolici.
La sera del 19 gennaio 1942 Titus viene tratto in arresto presso il convento di Nimega da due agenti delle SS. Inizia per lui, non più giovane, un calvario fatto di percosse, umiliazioni e derisioni che lo porterà, il 26 luglio 1942, alla morte per iniezione di acido fenico. La situazione inumana della prigionia lo conformano sempre più a Cristo con il quale vive un rapporto profondo e radicale.
La luce che emana dal suo volto stupisce tutti: dai compagni di prigionia alle guardie dei vari Campi in cui è deportato. Prima di morire consegna il suo Rosario all’infermiera addetta alle iniezioni di acido fenico la quale, dopo avergli somministrato la dose mortale, entra in una crisi esistenziale che la porterà ad una radicale conversione di vita.
Il 3 novembre 1985, Giovanni Paolo II, proclama padre Titus “Beato” riconoscendone l’eroicità delle virtù e il martirio. In quell’occasione, una rappresentanza del popolo tedesco e una rappresentanza del popolo olandese, sfilano insieme come a voler simboleggiare il concretizzarsi del sogno di Titus: “ Dio conceda ai due popoli che fra non molto possano stare di nuovo uno accanto all’altro in piena libertà e pace…” .
(1- continua)
Suore Carmelitane del Monastero Santa Maria della Vita (Sogliano)