La “noble art”, il pugilato, è uno degli sport più antichi del mondo, già presente presso i popoli primitivi, come testimoniano i graffiti preistorici del III millennio A.C. conservati presso il British Museum of London, veniva già praticata dagli Egizi e poi dai Greci, come testimonia l’Omero nel 23° canto dell’Iliade, dove vengono narrati i giochi funebri realizzati da Achille in onore della morte dell’amico Patroclo. Tuttavia solo nel 668 A.C. il pugilato ottenne la consacrazione di disciplina olimpica, con la prima medaglia d’oro assegnata ad un certo Onomasto di Smirne. Successivamente, questo sport fu ripreso dai Romani che lo caratterizzarono tuttavia come spettacolo circense cruento e sanguinoso. Nel pugilato moderno, che nacque solo nel 1865 con l’introduzione dell’uso obbligatorio dei guantoni, della scansione del match in round e della suddivisione in categorie di peso (inizialmente tre), credeva fermamente Angelo Angelini che considerava questo sport educativo in quanto in esso, a suo dire, venivano messi in luce valori quali l’impegno, il sacrificio, la lealtà, la disciplina e l’autocontrollo contro ogni forma di opportunismo, di arrivismo e di furberie. Così, forte delle sue convinzioni, Angelini dedicò al pugilato e ai suoi giovani allievi gran parte della sua vita sportiva, mezzo secolo d’impegno e dedizione.
Angelini nacque a Rimini il 15 dicembre del 1911. Iniziò a infilare i guantoni da giovane. Per diversi anni boxò nella categoria dei pesi welter ottenendo risultati lusinghieri.
Poi arrivò la seconda Guerra Mondiale e 11 anni con la divisa militare combattendo in Africa orientale, Grecia, Albania, Iugoslavia… sino al triste momento della prigionia. Ritornato a Rimini, nel 1948 sposò Aurelia Morolli e s’impiegò presso il Consorzio Agrario Provinciale di Rimini.
Non dimenticò, tuttavia, l’amato sport dei suoi anni giovanili. Cominciò così la sua lunga esperienza di insegnamento del pugilato ai giovani. Egli che conosceva molto bene la “noble art” che amava e che continuamente studiava, iniziò la sua carriera da maestro nell’antica e famosa società “Libertas pugilistica Rimini” fondata nel 1919 dal celebre Cecchino Santarelli entusiasta estimatore di incontri in quei tempi ed istruttore negli anni ’30 di pugili del calibro di Totti, Neri Rodriguez, Magnani, Missirini e Bianchini che combatterono in ambito nazionale ed internazionale con squadre fortissime come Ungheria e Francia. Fece parte della scuderia del popolare Cecco anche il noto pugile Ghelfi, anch’egli in seguito maestro e pugile di valore; e ancora Lugli, Donati, Cevoli, Pira e Righetti che si distinsero a livello nazionale e internazionale, e in tempi più recenti, in ambito professionistico, anche i fratelli Maurizio e Loris Stecca. In seguito Angelini approdò ad altri lidi, e sempre facendosi guidare dai suoi “sacri principi”, prestò la sua opera preziosa, sapiente ed appassionata anche all’“Edera Forlì”.
Nel 1961 costituì la “Pugilistica Corsara Riminese”, una piccola società che annoverò pugili come Bugli, Mazzotti e Battistini. La palestra ove operava era quella delle scuole “Toti” di via Covignano e in questo luogo lo ricordo molto bene. Qui mi recai molte volte per fare un po’ di allenamento in preparazione ai miei impegni domenicali di arbitro di calcio. Lo rammento sempre paziente e premuroso con i suoi giovani ma anche pignolo nell’insegnare le tecniche sul ring e nel pretendere lavoro, lavoro e ancora lavoro… e sudate. Sempre gioioso si attardava nella palestra sino a tarda sera ed aveva una parola per tutti: un incoraggiamento a chi gli confidava i suoi sogni per la vita e le sue preoccupazioni per gli incontri, una lode senza fronzoli a chi aveva ben combattuto.
Era un uomo serio, leale e per questo molto amato. Franco, tanto da apparire a volte scontroso, poco incline a piegarsi non accettava imposizioni e non addiveniva a facili aggiustamenti. Egli pretendeva perché voleva una boxe pulita e trasparente, a misura d’uomo, onesta e leale come onesto e leale era lui. Per questo sempre accorto ed in guardia, diffidava del boxing business, dei procuratori avidi solo di denaro e dei giochi delle scommesse. Partecipò in seguito all’entusiasmante avventura della “Bellariva Ring”, una società sorta nel giugno 1963, con sede a Rimini (via Ricasoli, 6) che grazie all’apporto di persone competenti, generose e appassionate, riportò la grande boxe professionistica nella nostra città a partire dagli anni ’70. Tra i giovani che gli vennero affidati, per la conduzione tecnica, c’erano Pellegrini (welter), Sergiani (gallo), Mazzoni (piuma), Vandi (welter leggero) e Tosi (welter pesante). Con questa società, ogni quindici giorni, alternandosi con la pugilistica Libertas, Angelini portò alla ribalta i suoi giovani protetti in manifestazioni che prevedevano anche incontri professionistici con pugili di valore nazionale e internazionale aspiranti a titoli tricolori ed europei.
Tra il 1974 ed il 1977 mio zio insegnò a Bellaria, ed anche qui in un ambiente che certo non vantava tradizioni pugilistiche, con dedizione, caparbietà e un lavoro continuo. Seppe raccogliere buoni frutti formando giovani che lo seguirono e gli dettero soddisfazioni. E allora arrivarono anche i risultati. Atleti come Mazzotti, Ottaviani, Gradara, Chiari, Semprini, Pasini rafforzarono in Angelini la convinzione che la boxe che portava avanti lui fosse la boxe giusta!
Anche quando negli anni ‘80 lasciò l’insegnamento attivo della boxe s’informava di continuo degli allievi del riminese che spesso lo andavano a trovare, in via Felici a Rimini, nella sua casa dove curava il suo giardino di rose. Proiettato con i suoi giovani verso il futuro, non dimenticava tuttavia il passato. Fu sua l’iniziativa (che ancora continua) che tutti gli anni celebra nella chiesa di San Francesco presso il cimitero una messa in suffragio di tutti i pugili riminesi defunti con gran concorso di atleti di oggi e di ieri. Il maestro per antonomasia scomparve il 23 marzo 1998 e lo piansero congiuntamente ai familiari, tanti amici e tanti giovani che aveva avviato a questo sport duro ma che secondo lui formava il carattere ed il fisico. A chi gli chiedeva, in quegli anni, ragione del perché i giovani non frequentassero più le palestre, ribatteva: “mancano le proposte che insegnano, che motivano, che educano e che aiutano a crescere, assicurando al ragazzo che la boxe è personalità, coraggio e spirito di sacrificio”. Con lui se n’è andato un altro tassello di storia del pugilato riminese, un altro pezzo di quella Rimini che grazie ad Angelo e ad altri maestri oltre quelli citati che rispondono ai nomi di Eolo Tassani, Vincenzo Montanari, Dauro amburini, Vincenzo Pandolfini, Gino Amati, Agostino Tamagnini, hanno portato la boxe romagnola ad occupare un posto di primo piano nel panorama nazionale e internazionale.
Enrico Morolli