Sono oltre 1 milione e trecentomila, tra ragazzi e ragazze, coloro che bevono in maniera sporadica, occasionale o quotidiana secondo modalità considerate a rischio per la salute. Lo afferma l’Istituto Superiore della Sanità.
E se una volta il bere e l’ubriacarsi rappresentavano un rito di iniziazione all’età adulta, oggi è molto spesso la regola: il consumo eccessivo di alcol sta diventando abituale. È il caso di quelli che gli studiosi definiscono social drinkers: bevono mescolando di tutto, in compagnia, privilegiando al consumo quotidiano un uso eccessivo di alcolici, concentrato soprattutto nei week end o in particolari occasioni come feste o serate in discoteca. Il piacere del bere, il gusto per il vino, sembrano non esistere più: ciò che inseguono, infatti, è solamente l’effetto che genera l’alcol.
Dati che allarmano chiunque abbia una minima sensibilità educativa, ma, riprendendo il ragionamento della settimana scorsa, la risposta al problema non sta semplicemente nei controlli o nei divieti, pur necessari, ma in un serio impegno educativo. Dire solo dei “no” è come rintracciare un fiume carsico, scomparso ormai nel ventre della terra. O lo intercetti prima o sai cogliere l’occasione quando riemergerà all’improvviso per poi scomparire di nuovo.
Ora secondo i dati offerti dall’Osservatorio Nazionale Alcol CNESPS dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), i consumi di alcol e droghe aumentano quando i ragazzi sono insieme. Dunque saranno il gruppo, la compagnia, il muretto, la comunità giovanile, i luoghi di aggregazione, l’obiettivo di un impegno educativo, iniziando dai pre-adolescenti, età volutamente dimenticata ed educativamente abbandonata, perché troppo complessa.
E qui il discorso si farebbe lungo, considerando proprio l’“assenza” di un gran numero di genitori e adulti. Ma ci sollecita la stessa inchiesta dell’ISS che individua proprio nelle comunità giovanili cristiane il massimo dell’allerta positiva e propositiva rispetto ai problemi dello sballo. L’aveva intuito anche la Provincia qualche anno fa mettendo a disposizione di progetti educativi dei gruppi giovanili cattolici piccole disponibilità economiche, poi l’idea è caduta nel nulla. Di certo la Chiesa riminese non se ne sta con le mani in mano e sollecita nuove riflessioni sul tema. Importante si annuncia quella del mese di febbraio, quando comunità ed educatori saranno chiamati a confrontarsi in un convegno di tre giorni proprio sui “mondi vitali della preadolescenza”.
Giovanni Tonelli