Il grande “bluff” del poker on line

    Da poche settimane è on line il primo poker a pagamento legale d’Italia. Gestito da Gioco Digitale e tutelato dai Monopoli di Stato.Legalizzare un fenomeno in ascesa o spremere soldi dalle fasce più deboli?
    Il mondo del gioco d’azzardo on line è un fenomeno complesso. Il 4.5% degli utenti internet settimanali gioca regolarmente a poker, lotterie e istantanee. Si parla di circa 750mila utenti, di cui 550mila con un conto attivo. E questi sono solo i dati “legali” dei Monopoli di Stato. Insomma, questa è la punta dell’iceberg. Se oggi è attivo un solo sito sul quale giocare con soldi veri, a breve saranno 2 e per il 2009 ne sono previsti almeno 25 o 30.
    “Le regole imposte dai Monopoli di Stato – afferma Carlo Gualandri, leader di Gioco Digitale – sono rigide. L’unica modalità di gioco possibile è il torneo, e le puntate vanno da un minimo di 50 centesimi, a un massimo di 100 euro”. Per partecipare al poker on line, in modalità torneo Texas Hold’em (una delle tante varianti del gioco), è sufficiente iscriversi al sito, scaricare il software e inserire i dati della propria carta di credito: a quel punto si può partecipare, puntare soldi reali, eventualmente vincere e incassare. E già qui nasce un primo problema. Rispetto alla partita tra amici, le mani nel piatto le mettono prima lo Stato (che si prende il 3% sulla somma raccolta, non su quella vinta), poi la concessionaria, infine il giocatore vincitore. Col paradosso che, se si gioca in due e si vince e poi si perde una medesima somma, ci si ritrova con meno soldi di quelli con cui si è partiti.

    Dipendenza?
    Il secondo problema, quello più grave, secondo Carlo Rienzi, presidente del Codacons, è il rischio dipendenza. Come tutti i giochi d’azzardo (anche se i gestori mettono l’accento sulla modalità torneo-sportiva come gioco non d’azzardo), anche il poker può creare dipendenza. Ma il vero rischio è la peculiarità dell’on line : gioco da fare da soli, in casa, e a qualsiasi ora.
    “Un poker tradizionale – afferma Rienzi – necessita di una sala, un tavolo, 4 persone, del tempo da dedicare, ecc…, mentre quello on line si apre al singolo e quindi decuplica la facilità di accesso. Se a questo si aggiunge che chi giocava illegalmente proseguirà a farlo, si capisce l’entità del problema”. Rienzi è molto critico anche con le misure prese dai Monopoli di Stato per tutelare il giocatore: “Nessuna misura, – afferma – solo con campagne di informazione continue e di educazione e con un centro di ascolto dei disperati si potrebbero attenuare i rischi. Cose che abbiamo proposto ai Monopoli, ma nemmeno ci hanno risposto!”.
    Cosa fa, intanto, lo Stato? Oltre a studiare insieme ai concessionari le migliori piattaforme di gioco, si adopera per oscurare i siti stranieri, quelli nei quali, fino ad oggi, si recavano i giocatori italiani. Ufficialmente il motivo è far emergere il sommerso, ma è più plausibile che lo Stato abbia l’interesse a portare i giocatori nei siti tassati. A difendere il poker non c’è solo il presidente di Gioco Digitale e di Eurobet, ma anche un personaggio come Mario Adinolfi, già candidato alle primarie del Pd e giocatore di poker. “Con le regole stabilite dal decreto Bersani – afferma Adinolfi – che ha definito il Texas Hold’em uno skill game, un gioco di abilità, dove il più bravo vince, non vedo tutti questi rischi. Molto più rischiosi sono giochi come il lotto, superenalotto, gratta e vinci, per non parlare delle videoslot, dove il banco (cioè lo Stato) ha un vantaggio colossale e le perdite sono garantite: quella è una tassa sui poveri, per il pensionato che vuole ancora sognare. E perde, perché il meccanismo matematico è costruito in modo che si perda”. Alberto Galluzzi, psicologo e psicoterapeuta riminese che da 28 anni si occupa di dipendenze, è pessimista rispetto all’impatto dei giochi d’azzardo online sulla società. “Ci troviamo di fronte a una dipendenza senza uso di sostanze. Il paradosso è che nel momento in cui questa nuova dipendenza viene riconosciuta, lo stato la legalizzi”. I casi, nel riminese, sono ancora pochi, secondo lo psicologo, ma bisogna controllare i dati delle grandi città per avere un quadro del fenomeno, “temo che sarà solo questione di tempo. Il tam tam mediatico e le continue pubblicità lo faranno esplodere”. Ciò che si riscontra, in generale, è “un aumento di tutte le dipendenze, dovuto a stress e angoscia che spinge, anche inconsciamente, ad acquisire vizi e dipendenze, dando così vita ad un circolo vizioso e che rischia di ridurre le famiglie sul lastrico”. Se poi si considera la facilità con cui si può giocare online “se ne intuisce il potenziale dannoso”.

    Stefano Rossini