Thomas ha 12 anni. Come tanti suoi coetanei, sogna di palleggiare come Messi e inquadrare la porta alla maniera di Higuain. Aspirazioni e palloni li insegue, sudando e divertendosi, a Pietracuta: indossa la maglia della Junior Valmarecchia e scende in campo tra i Giovanissimi allenati da Pier Domenico Gambuti. Un piccolo malore entra a gamba tesa nella vita di Tommy. È il 2015. La diagnosi medica è un colpo da ko: gravissima malformazione cardiaca. Aneurisma in età pediatrica. Il rettangolo da gioco per il bambino di Montecopiolo è improvvisamente diventato il reparto di cardiochirurgia pediatrica e congenita dell’ospedale “Lancisi”, Ancona. L’arbitro è il dottor Marco Pozzi e i suoi collaboratori indossano i panni degli assistenti. Qui, ogni anno, cercano di vincere la loro personale partita centinaia di bambini provenienti da mezza Europa.
L’intervento è delicato: sostituzione del tratto dell’aorta discendente. Ma l’operazione, eseguita a gennaio, dà i risultati sperati e la riabilitazione – nel reparto di terapia intensiva pediatrica e della rianimazione delle Torrette – restituisce la vita e il sorriso al piccolo Tommy. Niente più calcio, però. Neppure due calci con gli amici, giù al parco o nella piazzetta della chiesa. Niente pallone, niente corsa, neppure niente scooter: gli scossoni potrebbero risultare fatali al cuore del bambino.
Ma Tommaso è vivo, guarda il calcio in tivu e a bordo campo, durante le gare degli amici della Junior. E spera in un futuro anche per tanti altri giovanissimi nelle sue condizioni. Nasce così la volontà della famiglia Melini di aiutare altri bambini meno fortunati. La famiglia entra in campo e con l’Associazione “Un battito di Ali” han concretizzato il desiderio, prima realizzando il “Calendario del cuore” (info@unbattitodali.it), il cui ricavato andrà a promuovere un progetto che “colpisce molto da vicino Thomas: sostenere i progetti di prevenzione e due borse di studio per medici dello sport.
“Tommy è tormato a vivere grazie a quella équipe. – raccontano i familiari – Questa brutta storia finita bene ci ha dato il desiderio di aiutare i bamnbini più sfortunati”.
Non è finita. Tommy, la mamma Valentina e il babbo, sono nuovamente scesi in campo: con l’aiuto del Garden Sporting Center di Rimini e del presidente-allenatore della Junior Gambuti hanno organizzato “Un battito d’Ali – La sfida di Tommy”, manifestazione sportiva benefica che ha visto scendere in campo domenica scorsa più di 200 bambini, divisi in 12 squadre di Esordienti provenienti da diverse province per disputare tornei di calcio amichevoli mentre in parallelo si è svolta la raccolta fondi attraverso la vendita del calendario del cuore e una campagna di sensibilizzazione sulle malattie cardiache congenite infantili.
Per la cronaca il torneo, dopo un pomeriggio di partite e tanto divertimento, ha visto la vittoria finale della Vis Pesaro in finale sul Santarcangelo; in contemporanea si è disputato anche un torneo tra genitori e uno di beach tennis under.
Dopo le partite tutti i bambini sono stati premiati con un buffet mentre la successiva tavola rotonda ha visto in campo il dott. Marco Pozzi (primario di Cardiochirurgia e Cardiologia Pediatrica Congenita presso gli Ospedali Riuniti di Ancona), il dott. Andrea Quarti (cardiochirurgo), il dott. Alessandro D’Antonio (osteopata e fisioterapista), l’ avv. Paola Duca (consigliera di Un Battito di Ali) e il Presidente della Polisportiva Garden Ermanno Pasini. È stato proprio Tommy, al termine della tavola rotonda, a premiare le squadre e gli atleti partecipanti al torneo.
“È molto importante che cresce la cultura dei controlli di medicina sportiva, soprattutto per i ragazzini più piccoli. – spiega il dott. Marco Pozzi, il luminare che anni fa ha avviato il reparto di Torrette – Dobbiamo evitare il più possibile che si verifichino le tragedie dello sport: atleti che all’improvviso si accasciano a terra e muoiono per gravi deformazioni cardiache. Siamo tutti felici per come è andata a finire la storia di Tommy, ma noi guardiamo oltre”.
La prevenzione è fondamentale per Pozzi. “Tommy aveva una predisposizione a quella patologia e andava seguita nel tempo. Il suo caso è stato risolto, ora dobbiamo fare di più”.
Paolo Guiducci